° Si fa strada l’idea della “staffetta generazionale”
Il Governo e le parti sociali hanno fatto propria l’idea di un contratto di generazione: è buona e non è nuova. Quale ne è il senso, a parere nostro.
In atto, la solidarietà intergenerazionale è affidata alle famiglie; molto meglio (meno umiliante per i giovani) sarebbe se fosse regolamentata per legge favorendo il servizio di lavoro in part time dei pubblici dipendenti a fine carriera, per fare posto ai giovani. Non sappiamo se, nell’attuale quadro politico, si vorrà e potrà adottare questo provvedimento in forma radicale, cioè come disposizione obbligatoria modificando i contratti, ope legis, ai pubblici dipendenti che abbiano maturato i requisiti per l’assegnazione dell’ultimo scatto stipendiale, oppure che avrebbero i requisiti per il pensionamento quali erano previsti prima della riforma Fornero). Si consideri che la retribuzione del personale con maggiore anzianità di servizio è più dispendiosa, per l’erario, rispetto a quella attribuita al personale di nuova nomina. Una svolta del genere, nelle politiche del lavoro, è assolutamente necessaria nel comparto scuola, dove il tandem Tremonti Gelmini ha tagliato oltre 100 mila posti di lavoro, e dove l’età media del personale docente (assegnato a compiti che con il passare degli anni si fanno via via più gravosi) è tra le più alte nei Paesi della UE. E, comunque, la novità sarebbe utile in tutti i comparti lavorativi, come risposta all’esigenza (di natura psicologica e fisica) di una transizione graduale dal lavoro alla quiescenza.
° Distribuzione regionale del numero delle scuole sede di dirigenza
Con l’a.s. 2013/2014 si avranno sostanziali variazioni nella distribuzione regionale
Le regioni nelle quali vi sarà una variazione positiva saranno: Calabria (+12), Campania (+67), Sicilia (+44), Umbria (+7). Nessuna variazione numerica si registrerà in Molise. Si perderanno sedi dirigenziali in: Abruzzo (-9), Basilicata (-3), Emilia Romagna (-9), Friuli Venezia Giulia (-6), Lazio (-15), Liguria (-8), Lombardia (-57), Marche (-4), Piemonte (-18), Puglia (-2), Sardegna (-2), Toscana (-7), Veneto (-7). (Fonte : http://www.governarelascuola.it/ - 12 Maggio 2013)
° Interpretazione autentica
Sulla questione Bologna, chi ha titolo a pronunciarsi, se non Luigi Berlinguer che, da ministro della P.I., fece approvare la legge n.62/2000 sulla parità scolastica?
Il sistema “integrato” di istruzione e di formazione è rimasto sullo stomaco a molti, specie per la manipolazione del testo costituzionale (Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato). Riportiamo alcune valutazione dell’ex ministro.
“Mi chiedo se il dibattito sul referendum di Bologna, che in questo periodo sta animando le pagine di quotidiani e riviste, oltre che di siti e blog, stia interpretando la sostanza del reale rinnovamento di cui necessita la nostra scuola e quindi stia centrando il vero obiettivo da sollecitare in ambito politico e istituzionale, o non sia piuttosto un modo, magari ideologico, che finisce per distogliere l’attenzione sui concreti problemi della realtà scolastica italiana. Anziché promuovere lo sforzo unitario di tutte le forze scolastiche per realizzare il cambiamento, in parte già evidente nelle straordinarie iniziative di innovazione metodologica e sperimentazione didattica, promosse da docenti e dirigenti all’interno delle scuole, certa politica rischia di allontanarsi dalla vita vera della scuola, abdicando a una coraggiosa azione progressista di rinnovamento del complessivo assetto dell’istruzione, condannando così l’Italia a restare in coda alle classifiche in Europa nell’attività educativa. Da questo punto di vista, allora, mi permetto di obiettare sulla valenza scolastico-educativa di questo referendum, particolarmente evidente nella situazione di Bologna, dove la condizione della scuola dell’infanzia è davvero unica in Italia. Grazie al sistema integrato fra scuole comunali, statali e paritarie, le scuole dell’infanzia della “dotta” città coprono il 98,4% della domanda, un vero record al confronto col resto del paese, all’avanguardia del dibattito internazionale, che cerca di orientare le scelte politiche verso l’implementazione complessiva di questo livello scolastico. … Se si analizza la struttura dell’offerta formativa nelle scuole dell’infanzia di Bologna si constata che il 59,27% dei posti appartiene alle scuole comunali; il 22,80% a quelle gestite da enti non profit e solo il 17,93% alle scuole statali. Se poi si guarda ai dati di spesa, dei circa 38 milioni di euro all’anno investiti dal comune nella scuola per l’infanzia, 6.900 sono per ogni alunno della scuola comunale, 700 per ogni alunno della scuola statale e 600 per ogni alunno della scuola paritaria. Infine, la discussione nell’ultimo mese ha messo in luce che il cambiamento del sistema della convenzione fra comune e paritarie porterebbe a una drastica diminuzione dei posti disponibili (alcune migliaia), a fronte di un aumento di sole alcune centinaia di unità nella scuola comunale: dunque un aumento dei costi, una riduzione dell’offerta e quindi della frequenza del numero di bambini. A ben vedere, allora, si corre il rischio di perdere il servizio scolastico e con esso l’uguaglianza sostanziale delle opportunità…”.
(Fonte: http://www.educationduepuntozero.it - 20.05.2013)