° Si scopre che, dentro il MIUR, la Scuola non è povera né trasparente
Un ragionamento consequenziale di fonte attendibile (le anticipazione da La tecnica della scuola sono spesso confermate dai fatti; questa volta speriamo di no). La stessa fonte divulga l’indiscrezione che riporta all’attualità la vicenda delle Pillole del sapere
“ … Il decreto legge 78 del 2010…. conteneva una norma (la riduzione degli stipendi pubblici superiori ai 90mila euro) che è stata considerata illegittima dalla Corte Costituzionale. E quindi gli stipendi superiori ai 90mila euro vanno erogati per intero; costo dell’operazione: 30milioni di euro. Una parte di questi stipendi (si può ragionevolmente ipotizzare pari a non meno di un terzo e corrispondenti quindi a 10-12 milioni di euro) riguarda anche i super-dirigenti del MIUR. Il problema è semplice: come recuperare la somma? Le norme in vigore sono chiare: si applica la clausola di salvaguardia e cioè si riduco le spese dei ministeri. Nella scuola c’è però sempre il “tesoretto” derivante dai tagli del Piano programmatico del 2008 il cui 30% dovrebbe essere reinvestito nella scuola. E se il MEF e la Ragioneria Generale dello Stato dicessero che per garantire gli stipendi del superdirigenti del Miur si devono utilizzare i risparmi derivanti dai tagli ? La conseguenza sarebbe paradossale: gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale verrebbero pagati con il blocco degli stipendi di tutto il comparto scuola e grazie al licenziamento di decine di migliaia di precari…”. (Fonte: Latecnicadellascuola.it – 24/06/2013).
“Pillole del sapere”, indagati funzionari Miur: per l’accusa favorivano aziende amiche.
La denuncia partita da dossier anonimo in cui si parla di una presunta ‘cricca’: gli indagati sarebbero già stati iscritti dalla procura di Roma per aver dirottato centinaia di milioni di euro formulando bandi di gara “su misura”. Indaga pure la Corte dei Conti. Alcuni funzionari del Ministero dell'Istruzione, università e ricerca sarebbero indagati dalla procura di Roma per abuso d'ufficio nell’ambito della destinazione di ingenti somme di danaro per i prodotti didattici multimediali denominati "Pillole del sapere", divenuti di rilevanza pubblica dopo la denuncia della trasmissione ‘Report’ su RaiTre risalente al novembre scorso. “L'inchiesta – si legge in un lancio di agenzia Ansa pubblicato il 24 giugno - ha preso spunto da un dossier anonimo in cui si parla di una presunta ‘cricca’ che in cambio di tangenti ha favorito aziende amiche…. In base a quanto riferisce sempre l’agenzia di stampa nazionale, “anche la Corte dei Conti del Lazio ha avviato accertamenti sulla gestione dei fondi pubblici da parte di alcuni funzionari del Ministero dell'Istruzione, università e ricerca. (Fonte: Latecnicadellascuola.it – 25/06/2013).
E andiamo al tema della “trasparenza degli atti amministrativi”. Lo pone ItaliaOggi.
ItaliaOggi riferisce della sentenza n. 5242/2013 con cui il TAR Lazio ha condannato l'amministrazione scolastica al pagamento delle spese legali e di giudizio per comportamenti ostruzionistici rispetto all’obbligo di trasparenza degli atti amministrativi. Constatiamo che il MIUR spende e spande in indennizzi e spese legali a seguito di sentenze dei giudici del lavoro e di quelli amministrativi. E’ ora – adesso che l’erario raschia il fondo del barile – che i funzionari (e principalmente i decisori politici) che producono danno erariale siano chiamati a compartecipare in solidum; siamo certi che non assisteremmo più a certe assurdità; ci riferiamo al danno seriale provocato da certe scelte quali le “code” G.E., la illegale reiterazione dei contratti a t.i., o il trasferimento di ruolo dei docenti inidonei all’insegnamento. Riportiamo.
“Il TAR del Lazio, sezione terza bis, ha ordinato al ministero dell'istruzione di consegnare ai concorrenti che li richiedano copia delle tabelle e dei tabulati utilizzati per il computo degli 11.542 posti di insegnante messi a concorso…. Alcune candidate avevano chiesto, ai sensi dell'art. 22 della legge n. 241 del 1990 sulla trasparenza e i procedimenti amministrativi, l'accesso a tale documentazione, ma il ministero non aveva dato loro alcuna risposta e si era così formato il cosiddetto silenzio – rifiuto. … È stato necessario adire la magistratura, la quale ha comunque severamente stigmatizzato il comportamento omissivo del ministero, rilevando che, «a quasi vent'anni dall'entrata in vigore delle norme sull'accesso di cui alla legge n. 241, il silenzio-rifiuto opposto dall'amministrazione sulla determinazione dei posti complessivi messi a concorso appare improntato ad un ingiustificato ed ingiustificabile ostruzionismo».
(Fonte: Mario D’adamo, ItaliaOggi – 25/06/2013).
La legge 7 Agosto 1990, n. 241, ha introdotto il “diritto di accesso” ai documenti della P. A., che consiste sia nel prendere direttamente visione degli atti, sia nell’ottenerne copia. Se nel passato i cittadini trovavano proprio nella P. A. l’ostacolo principale alla trasparenza della documentazione amministrativa, adesso la realtà è profondamente cambiata perché quasi tutta la documentazione amministrativa, salvo pochi casi indicati specificatamente, rientra nel diritto di accesso. Il tradizionale segreto dell’atto amministrativo è, così, superato a meno che non sia espressamente previsto dalla legge. La P.A. deve pronunciarsi sull’istanza, accogliendola, rigettandola o differendo la consegna degli atti richiesti; nel caso di illegittimo diniego il richiedente può adire la competente autorità amministrativa. E i dd.ss. ne sanno qualcosa, dovendo fare fronte alle legittime richieste in tal senso provenienti da alunni, genitori, insegnanti, associazioni sindacali, aspiranti a inserimento in graduatorie, ecc… Il MIUR prenda esempio dalle scuole autonome che, oltretutto, il dovere di “trasparenza” (accesso regolato degli utenti agli atti che li riguardano, e controllo della legittimità) lo esplicitano nella Carta dei servizi, a norma di legge (Schema generale di riferimento della Carta dei servizi scolastici - Decreto Presidente Consiglio dei Ministri 7 luglio 1995, f.to D’Alema).