° Dicono tutti: Apprendistato. E nel frullatore mediatico scivola un mix di ingredienti
Il PDL ha presentato alle commissioni Finanze e Lavoro del Senato un emendamento al Decreto “Lavoro”, con il quale propone di autorizzare l’accesso all’apprendistato, fin dall’età di 14 anni; sarebbe, si dice, il toccasana per contrastare l’abbandono scolastico e per dare vigore al sistema studio/lavoro in alternanza.
Lo scorso venerdì 19, abbiamo scritto in questa rubrica di Aggiornamento che i governi italiani ed europei pongono molte attese nell’apprendistato. Vediamo quali ne sono i pro e i contra. Certamente non si può sottovalutare il valore culturale del lavoro; da sempre: dall’epoca delle botteghe artigiane, antiche e medievali, nelle quali l’apprendista poteva diventare maestro. Un valore culturale che la pedagogia ha enfatizzato con i “piani” di Winnetka e Dalton, con il modello socialista (Makarenko e i pedagogisti francesi della prima metà del Novecento), con il deweyano Learning by doing. L’apprezzamento per la sinergia tra studio e lavoro ha anche motivazioni ideologiche, perché la presunta superiorità degli studi liberali sulla formazione professionale è un concetto classista. Occorre, inoltre, considerare che la distinzione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale sta perdendo senso scomparendo progressivamente le attività lavorative che non richiedano competenze tecniche avanzate e non adottino il controllo della qualità. Nella introduzione al Libro bianco “Insegnare e apprendere, verso la società cognitiva” (1995), l’allora ministro alla Cultura C.E., E. Cresson ha scritto: “Il nodo della cooperazione fra gli istituti d’istruzione e le imprese è l’accettazione della impresa come partner di diritto nel processo di formazione”. Si è obiettato che le aziende sono interessate soltanto ad ottimizzare il proprio capitale variabile con la girandola delle assunzioni e licenziamenti degli apprendisti. Noi siamo dell’opinione della Cresson: le imprese possono essere partner educativi affidabili, interessate all’investimento sociale produttivo in capitale umano. Tuttavia, non ci convince la tesi secondo la quale l’accesso all’apprendistato a 14 anni consentirebbe di contrastare l’abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Segnaliamo che autorevoli pedagogisti hanno spesso sostenuto che la data delle scelte scolastico/lavorative non deve essere precoce; tuttavia, per molti, la istruzione secondaria superiore generalista è come il fumo negli occhi. Ancor meno convinti siamo della tesi secondo cui il modello dell’alternanza scuola-lavoro (stage formativi, tirocini, apprendistato), pur essenziale in funzione educativa, possa servire a contrastare la disoccupazione tra i giovani. I tirocinanti, infatti, prima di diventare produttivi, devono assorbire il know how aziendale e la cultura della sicurezza sul lavoro. Onestà vuole che si dica chiaramente: non sarà la formazione a sconfiggere la disoccupazione, sarà l’impresa, se e a misura che creerà posti di lavoro. Occorre diradare la cortina fumogena che sta impedendo di distinguere, dell’Apprendistato, le finalità educative da quelle economiche. Apprezziamo, dunque, il commento con il quale, lo scorso 14 luglio, La tecnica della scuola (“Apprendistato a 14 anni: si torna al dopoguerra ?”) ha accompagnato la notizia della proposta di abbassare l’ingresso nell’apprendistato all’età di 14 anni: “Significherebbe, in pratica, fare un salto indietro di oltre cinquant’anni, quando, in un dopoguerra caratterizzato da tantissimi giovani che lasciavano ancora prematuramente la scuola, quella dell’apprendistato rappresentava una valida alternativa per salvare tanti giovani dalla disoccupazione e dalla strada”….. Il Governo dovrebbe varare anche una serie di norme (adeguatamente finanziate) che permettano sì ai giovani di trovare spazio nelle aziende (fiscalmente agevolate) già all’indomani della licenza media, senza però abbandonare del tutto la formazione scolastica. Una parte dell’attività lavorativa precoce dovrebbe essere dedicata alla teoria, allo sviluppo dei contenuti delle materie principali costituenti il biennio delle scuole professionali. Insomma, occorre una formula che integri lavoro e formazione. Perché 14 anni sono davvero pochi per lasciare la scuola. E altrettanto pochi per iniziare solo a lavorare”.
° Dal Tribunale di Milano, l’ennesimo stop al taglio delle ore di Sostegno
Condannato il MIUR: appellandosi a esigenze di bilancio, non avrebbe potuto ridurre, nell’a.s. appena terminato, il diritto allo studio degli alunni con disabilità.
La sentenza della prima sezione civile del Tribunale di Milano, favorevole a sedici famiglie di alunni disabili che hanno fatto ricorso con l’assistenza della Lega per i diritti delle persone con disabilità, comporta il ripristino, nel prossimo a.s., della presenza degli insegnanti per tutto il tempo di cui i disabili hanno bisogno del Sostegno, secondo quanto indicato dagli insegnanti nel Piano educativo individualizzato. (Fonte: www.superabile.it/web/it - 15 luglio 2013)