Scuola: Aggiornamenti in progress - giovedì 19 settembre 2013

° Al MIUR hanno creato un cocktail. Propongo di chiamarlo “Fuoco amico”
L’art.14 del d.l. n.104 - 12 settembre 2013 - dispone corsi di aggiornamento obbligatori per i docenti delle scuole dove i risultati dei test Invalsi sono al di sotto della media nazionale. Shakerando il valore professionale dell’insegnante, il MIUR estrapola una variabile (la professionalità) e chiude gli occhi su altre di più difficile estrapolazione ma che concorrono non meno incisivamente nel profitto degli studenti
Il messaggio implicito nella norma è che parte maggiore o minore dell’insuccesso scolastico va addebitata alla qualità degli insegnanti (ad eccezione di quelli in servizio nelle scuole migliori). E’ un messaggio che, facendo il paio con i giudizi che piovevano sugli insegnanti all’epoca del governo Monti, accresce la pubblica disistima per l’insegnamento visto come attività irrilevante che, a buona ragione, lo Stato paga sempre meno. Andiamo per ordine. Il profitto degli alunni. Ci sono insegnanti che prestano servizio nelle “scuole di frontiera”, quali sono quelle ubicate nelle periferie cittadine, nelle quali non si rileva significativa correlazione positiva tra il livello dell’apprendimento degli alunni e il livello dell’impegno professionale degli insegnanti (qualità didattica, relazione empatica verso gli alunni, capacità di sopperire alle carenze del corredo didattico strumentale, propensione attiva al dialogo con le famiglie degli alunni, e a risolvere le difficoltà ambientali di volta in volta emergenti). La mancata correlazione è dovuta a variabili (per lo più di natura ambientale, connesse al livello culturale e allo status economico delle famiglie degli alunni) che operano incisivamente ma che non è facile estrapolare se non attraverso studi sociologici mirati. Gli insegnanti che operano nelle scuole di frontiera andrebbero in qualche modo alleggeriti del condizionamento di questi fattori, e se ciò non fosse possibile andrebbero gratificati sul piano economico e di carriera (se ci fosse). Al MIUR, invece, qualche genio ritiene che a questi docenti vada imposto un tot numero di ore di aggiornamento coattivo, appesantendone il basto. Si, il basto, perché a qualche giornalista, il provvedimento del MIUR ha evocato questa equazione: asino l’alunno=asino l’insegnante. Si resta esterrefatti a vedere come il MIUR supporti i suoi uomini di prima linea. Nessuno potrà sorprendersi se, così gratificato, l’insegnante chiederà trasferimento verso scuole nelle quali il buon rendimento degli alunni (correlato sì, alla qualità della didattica ma anche a concause non estrapolabili) lo preserverà dalla mala fama e dai corsi di aggiornamento. Al MIUR sembrano fuori dalla realtà, e siamo stanchi di pagarne le conseguenze: vogliamo gente con esperienza di scuola, e che operi in coerenza con le direttrici normative dell’autonomia scolastica. E’ evidente che una norma del tipo di questo geniale parto può indirettamente condizionare le scelte dei docenti rafforzando l’inclinazione al teaching for test. Si va al centralismo didattico. Che è fuori legge; il D. P.R. 8 marzo 1999, n. 275 è tassativo nel riconoscere (art.6) l’autonomia delle “istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate”, nella “formazione e l'aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico”. Chi avesse ripensamenti sull’autonomia scolastica - che ha rilievo costituzionale (legge costituzionale n.3/2001) – assuma comportamenti politici consequenziali, visto che siamo in democrazia. In altri tempi (1987 – 1991), furono possibili il PPANPSE (Piano pluriennale di aggiornamento Nuovi programmi della scuola elementare) che coinvolse in forma obbligatoria decine di migliaia di maestri (sotto il coordinamento degli IRRSAE), e il “Piano Pluriennale di Formazione sulle competenze informatiche e tecnologiche del personale” (120.000 professori volontari ogni anno, all’epoca della ministro Moratti). Adesso, certi megapiani di aggiornamento sono impensabili senza un adeguato coinvolgimento delle scuole autonome. La professionalità docente, come ogni altra tra quelle che si pongono ai livelli professionali superiori, esige un training successivo alla formazione iniziale, e una serie di attività di aggiornamento che vanno pensate e attuate per iniziativa e con il coinvolgimento dei docenti (scelta del tipo di aggiornamento, e modalità di conduzione), perche non si fa aggiornamento presentando un percorso culturale o metodologico-didattico confezionato in precedenza, non correlato alla lettura del contesto educativo della scuola destinataria. Occorre, che si realizzi una dialettica tra le esigenze dei corsisti e le proposte degli aggiornatori, nella modalità dell’autoaggiornamento e con la socializzazione delle migliori esperienze; è opportuno che annualmente il Collegio dei docenti deliberi il Piano delle attività di aggiornamento della scuola partendo dalle esigenze specifiche dell’istituto e dalla complessiva offerta formativa territoriale, e che stabilisca le iniziative da realizzare in collaborazione con enti, associazioni, INDIRE-ANSAS, università, anche in ambiente digitale (la on line learning raccomandata nella Strategia di Lisbona) coniugando la formazione in presenza con quella a distanza (FAD).