La Ministro Carrozza ha firmato un nuovo decreto sui libri digitali
Nella primavera prossima, i Collegi Docenti potranno, a parte le conferme, procedere a nuove adozioni unicamente di libri in versione elettronica o mista. Riportiamo parte del comunicato stampa MIUR sul nuovo decreto (che abroga quello del marzo 2013).
“Scuola, al via la transizione verso il libro digitale. Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza ha infatti firmato il decreto ministeriale che sancisce tempi e modi del passaggio dalla carta all’e-book. La novità verrà introdotta gradualmente a partire dal prossimo anno scolastico. Dal 2014/15 cambieranno, poi, anche i tetti di spesa per i testi, con un risparmio immediato del 10% per le famiglie degli alunni che frequenteranno le classi prime della secondaria di I grado e le prime e le terze della secondaria di II grado, quelle in cui la dotazione libraria viene cambiata per intero risultando dunque più costosa. Il decreto contiene, in allegato, linee guida sul libro del futuro che dovrà essere sempre meno di carta, ma, soprattutto, fruibile su tutti i supporti digitali (tablet, pc, lavagne interattive di produttori diversi), in modo da lasciare la massima libertà nell’acquisto a famiglie e insegnanti… I libri di testo, anche in versione non cartacea, dovranno continuare ad essere conformi alle indicazioni nazionali, dovranno offrire un’esposizione autorevole degli argomenti, organizzare contenuti complessi in percorsi narrativi efficaci, attraverso infografiche, animazioni, tabelle, contenuti audio e video… Nel caso siano necessari software specifici per l’utilizzo degli e-book o dei contenuti digitali dei libri misti, gli studenti dovranno poterli scaricare gratuitamente sul sito dell’editore. Nel caso di testi misti, la parte cartacea dovrà essere prodotta utilizzando materie prime di costo contenuto e con un occhio al peso complessivo del libro, favorendo i fascicoli…”. La digitalizzazione della didattica, dunque. Ma come va fatta ? E come va fruita ? Lungi da noi sottovalutare l’importanza di quanto è stato fatto (Linee d'azione Scuole 2.0. LIM, Cl@ssi 2.0, Centri Scolastici Digitali; Editoria Digitale) e, meno che meno, demonizzare il corredo didattico strumentale informatico. Il problema è, però, se resterà “a corredo”, o se – per ragioni di bilancio statale - sostituirà i docenti. Per ragioni di brevità, ci limitiamo alla gestione recente della questione. Nel Marzo 2012, accogliemmo con favore una dichiarazione del responsabile del Piano Nazionale Scuola Digitale: “Ci stiamo attrezzando da anni per fornire alle scuole gli strumenti per un cambiamento della didattica… creare ambienti di apprendimento nuovi e innovativi, trasformazione dei modelli, dell’organizzazione e dell’utilizzo di nuovi contenuti e strumenti…. l’aula diventa un laboratorio i cui confini possono trascendere la fisicità delle pareti… Si potrebbero utilizzare tablet poco reclamizzati ed economici, e magari qualche smartphone. La nostra ambizione è quella di capovolgere il concetto di scuola…. Il ragazzo seguendo le lezioni dei docenti studierà a casa per poi verificare in classe quanto ha appreso. I docenti potrebbero creare profili twitter, blog didattici… Stiamo incoraggiando la ricerca nel campo della editoria digitale… vogliamo arrivare a testi digitali di II e III generazione, con i quali non solo lo studente potrà trovare il link per accedere a contenuti da internet, con le lezioni scaricabili dai siti delle principali università ma potrà anche creare un proprio avatar…il Ministero ha bandito gare da 150000 euro per progettare nuovi strumenti…”. A monte del progetto, però, occorrerebbe chiarezza di idee circa i presupposti epistemologici dell’intera operazione; per questa ragione, occorre che l’operazione sia gestita da chi ha esperienza di insegnamento. A parte il numero dei computer o delle Lim da mettere nelle aule, occorre vedere come impostare didattiche che diano ai ragazzi gli strumenti per orientarsi nelle diverse realtà digitali e virtuali. Maragliano ha autorevolmente affermato: “Portare la tecnologia nelle scuole significa trovare il nuovo senso della scuola nella società odierna”; aggiungiamo: non portarla significa togliere funzioni alla scuola perché gli utenti usano le potenzialità insite nel World Wide Web. Questa generazione di studenti è la prima adusa a percepire in modo simultaneo, e non sequenziale, le molteplici correlazioni e le intersezioni logico-spaziali di concetti rappresentati prevalentemente mediante forme iconiche, elaborati in forma analogico-sistemica ed espressi mediante una pluralità di codici contestuali. Utilizzare il corredo didattico informatico strumentale comporta modifiche nell’approccio epistemologico ai contenuti disciplinari, e impone mutamenti nella didattica richiedendo all’insegnante di riconoscere e utilizzare gi spazi d’autonomia dei discenti. Gli alunni apprendono anche da fuori dalle aule scolastiche, e la scuola deve rielaborare tali informazioni per connetterle nel processo di costruzione della conoscenza. Tutto ciò potenzia, e non minimizza, il valore e la necessità del rapporto pedagogico in presenza e “personalizzato”, che favorisce nello studente un apprendimento dinamico, critico, “costruito” nell’interazione con gli insegnanti fruendo anche di software sui vari supporti (dal cartaceo al tablet, al pc, alla lavagna interattiva ecc..). Nel medesimo tempo, occorre dire che, dalla Cyber-Classe - quella che si avvale del software concepito dai centri studi e impartita da un ristretto numero di insegnanti (operatori su computer, per gestire l’apprendimento contemporaneo di centinaia di discenti) - non ci si può attendere che possa favorire nei discenti l’acquisizione di alcune delle abilità cognitive peculiari della nostra cultura, perché non sarà possibile accompagnare i discenti nell’argomentazione e nella “costruzione” logica dei concetti e delle idee. Occorre anche dire che la digitalizzazione alleggerirà la spesa per personale della pubblica istruzione; e forse è questa la scelta strategica. Quanto pesano i poteri “forti” nella presa delle decisioni, in materia? Quanto le ragioni dell’industria informatica? E qual è il peso residuo, invece, degli obiettivi educativi ? Da quanto non si nomina, all’Istruzione, un ministro con esperienza di insegnamento scolastico ?