Scuola: Aggiornamenti in progress - lunedì 11 novembre 2013

° Riqualificazione edilizia e messa in sicurezza delle scuole
Il ministro Maria Chiara Carrozza, ha firmato il decreto che assegna alle Regioni 150 milioni, per 692 interventi urgenti di cui oltre 200 per bonifica dall’amianto.
Si tratta di finanziamenti previsti nel c.d. Decreto del Fare; vanno a corrispondere alle priorità segnalate in ottobre dalle Regioni. L’Ufficio Stampa del MIUR precisa che spetta agli enti locali beneficiari dei finanziamenti provvedere alle gare per l’affidamento dei lavori; questi andranno aggiudicati entro il prossimo 28 febbraio 2014, pena la revoca delle risorse stanziate. Per rendere rapide le procedure di realizzazione degli interventi, sindaci e presidenti di Provincia operano come commissari straordinari. Occorre tenere presente che le segnalazioni dagli EE.LL. sono state in totale 3.302, e che 2.515 di queste sono dichiarate ammissibili al finanziamento; si provvederà nel triennio 2014/16 con altri 300 milioni destinati tramite l’Inail. Riportiamo, di seguito, la tabella ripartitoria, allegata al D.M. n. 906 del 5 novembre 2013.

REGIONI

 INTERVENTI AMMESSI AL FINANZIAMENTO

INTERVENTI SOLO PER BONIFICA AMIANTO

RICHIESTE AMMISSIBILI AL FINANZIAMENTO

IMPORTO ASSEGNATO

Abruzzo

7

0

168

4.000.000,00

Basilicata

8

0

41

2.000.000,00

Calabria

63

0

171

13.000.000,00

Campania

32

2

38

18.000.000,00

Emilia-Romagna

118

52

234

7.000.000,00

Friuli-Venezia Giulia

11

9

86

2.500.000,00

Lazio

42

0

162

14.000.000,00

Liguria

30

11

81

4.000.000,00

Lombardia

74

74

455

15.000.000,00

Marche

17

0

65

3.000.000,00

Molise

18

0

69

2.000.000,00

Piemonte

28

4

308

9.000.000,00

Puglia

30

 

125

12.000.000,00

Sardegna

24

24

81

5.000.000,00

Sicilia

43

1

116

16.000.000,00

Toscana

34

8

58

10.000.000,00

Umbria

13

2

44

2.500.000,00

Valle d'Aosta

10

0

10

1.000.000,00

Veneto

90

15

203

10.000.000,00

TOTALE

692

202

2515

150.000.000,00

         

 

° Se fossero generosi e onesti.
Inequivocabili parole della Carrozza intervistata in «Giovani Talenti », da Radio 24
Sulla questione delle dimissioni volontarie dei cattedratici anziani, la ministro, sulla lunghezza d’onda stessa della collega Cancellieri, fa appello ai sentimenti umani: compiuti i settanta anni di età, i professori universitari dovrebbero andare in pensione e fare spazio ai loro allievi. Se, poi, fossero colpiti da nostalgia, potrebbero offrirsi di fare gratuitamente seminari. Così la pensa la Carrozza, e ha ragione; in Italia, un quarto dei docenti universitari ha superato i 60 anni, in Francia e Spagna, solo il 10%. L’Associazione nazionale docenti universitari si dice d’accordo con la ministro; idem la CRUI (ma il presidente Stefano Paleari ha precisato che il turn over dei cattedratici non deve privare gli atenei dei loro qualificati servizi). Il professore Giovanni Cannata, 67enne, che per 18 anni e fino a poco tempo addietro ha tenuto il rettorato all’università del Molise, è convinto che i professori sarebbero ben lieti di pensionarsi se i soldi dei loro stipendi venissero girati dallo Stato alle Università; non ci convince, perché anche questa partita non è risolvibile con appelli volontaristici. Si tenga conto, infatti, che gli atenei hanno la facoltà di stabilire in autonomia i criteri del «prolungamento» eventuale da concedere ai propri docenti ultrasettantenni, e che non pochi chiedono di restare fino ai 72 anni. Quando è stato adottato un criterio restrittivo, alcuni hanno perfino posto la questione dinanzi ai TAR. Ovviamente l’ANIEF, che dai precari è nata, è d’accordo con la ministro, ma la invita ad agire politicamente, legiferando. Basterebbe (Machiavelli docet) che i ministri facessero politica legiferando (la Carrozza) o attenendosi alle leggi (la Cancellieri). Semmai, come compromesso, potrebbe tornare utile una proposta che lo scorso anno fu sul proscenio politico: il passaggio ope legis al part time, per alcune fasce di lavoratori a fine carriera. Da questa rubrica di Aggiornamento prospettammo due forme di “avvicendamento generazionale”: - Passaggio al part time per il personale che abbia maturato i requisiti per l’assegnazione dell’ultimo scatto stipendiale; - Passaggio al part time per il personale che abbia maturato i requisiti per il pensionamento quali erano previsti prima della riforma Fornero. L’idea finì in soffitta, bollata di infamia: non si possono ledere i diritti del lavoratore. Meglio tenere disoccupati i giovani!