Scuola: Aggiornamenti in progress - martedì 31 dicembre 2013

° Dicono “Europa”. Ma solo se non costa
La battaglie più importante (non fosse altro che per il fatto che da essa dipende il futuro lavorativo di oltre 100mila colleghi) che l’ANIEF ha ingaggiato è quella dinanzi alla Corte di Giustizia europea, e attendiamo una sentenza che ponga fine alla difformità tra la normativa italiana e il diritto comunitario, in materia di precariato.
Già sul governo italiano (ma sarebbe meglio dire, sui contribuenti) pende una procedura di infrazione per l’abuso dei contratti a tempo determinato, avviata nei confronti dell’Italia; si prospetta una sanzione milionaria all’Italia. La Direttiva 1999/70/CE sulla reiterazione dei contratti a termine ha fissato in tre anni di servizio (anche non continuativi) la quota lavorativa minima per accedere all’assunzione a tempo indeterminato; recependo questa Direttiva, con il decreto legislativo 368/2001, il nostro governo ha, però, escluso il personale della Scuola dall’applicazione. La discriminazione colpisce oltre 100mila supplenti (tra docenti, personale Ata ed ausiliari) che ogni anno vengono assunti e poi licenziati al termine delle lezioni. Questa scelta politica (12 anni di miopia politica di tutti i governi che si sono succeduti) e la malevolenza manifestata, reiteratamente in varie forme, nei riguardi del personale scolastico sono all’origine della drammatica condizione lavorativa dei precari della Scuola. Li hanno proprio messi all’angolo. La loro condizione economica è tale che c’è tra loro chi si interroga se sia meglio accettare una breve supplenza o mantenere l’indennità di disoccupazione. E’ un’alternativa indegna di un Paese civile. Noi dell’ANIEF siamo orgogliosi di essere stati e di essere a servizio dei precari, con fermezza. Un anno addietro, il Presidente Pacifico portò agli uffici di Bruxelles e di Strasburgo valige di denunce reclamando giustizia per i precari della Scuola. La ratio del monito della Commissione europea allo Stato italiano è, in ultima istanza, questa: Non è consentito ai governi della UE disporre trattamenti differenti in fatto di stipendi, di progressione di carriera, di diritti contrattuali, per funzioni lavorative uguali, tra personale di ruolo e personale precario. Questa è, appunto, la tesi da sempre sostenuta dall’ANIEF.

° Inefficienza e scandaloso palleggiamento delle responsabilità
Non a tutti i supplenti è stato pagato lo stipendio perchè non tutte le scuole hanno trovato la disponibilità dei fondi necessari per effettuare i pagamenti.
Lo scorso 24 dicembre, sul sito istituzionale del MIUR, la D.G. per la politica finanziaria e per il bilancio comunicava che si era proceduto a caricare sui POS di ciascuna scuola gli importi per i pagamenti, sul “cedolino unico” supplenze brevi e saltuarie, dei contratti al 15 dicembre 2013.
Tuttavia, molte scuole, riferisce latecnicadellascuola.it , non hanno potuto pagare gli stipendi ai supplenti. Riportiamo: “Il Miur parla di un contrattempo legato al funzionamento della piattaforma NoiPA (è utilizzata per l'accredito dei fondi e per consentire ai diretti interessati di visualizzare il proprio cedolino) ma il sospetto è che si debba attingere ai fondi del nuovo esercizio finanziario. …Il dubbio, a questo punto, è che il ritardo sia voluto ed abbia una sua spiegazione di natura contabile. Se i fondi (poco meno di 90milioni di euro in tutto come peraltro noi stessi avevamo stimato già diversi giorni addietro) non vengono accreditati entro il 31 dicembre è forse perché il capitolo "spese per supplenze temporanee" è già esaurito e allora si aspettano i primi giorni di gennaio per poter attingere ai fondi del nuovo esercizio finanziario…. D'altronde la tecnica di spostare sul successivo esercizio finanziario spese che risultano scoperte non è nuova, anche se le regole sulla contabilità generale dello Stato la vietano espressamente…. Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni e forse se ne capirà qualcosa di più”. (Fonte: www.latecnicadellascuola.it - 29/12/2013)

° Studiare in carcere
Dai dati (relativi al 2012) forniti dal Ministero della Giustizia risulta che pochi tra i detenuti che frequentano i corsi di istruzione primaria, quelli secondari e quelli universitari ottiene la promozione e il titolo di studio.
Gli iscritti sono stati oltre 16.000, suddivisi in 953 corsi diversi primari e secondari e nei corsi universitari; quasi novemila sono di origine straniera. Appena il 42,4% ha conseguito il passaggio alla classe successiva. Tra i 316 detenuti (tutti maschi) che hanno frequentato corsi universitari, soltanto 10 hanno conseguito la laurea nel 2012; in 13 anni sono stati appena cento (metà dei quali stranieri). (Fonte: Il Messaggero - 29/12/2013)