° I concetti di “obbligo scolastico” e di “obbligo formativo” non sono sovrapponibili
Una recente dichiarazione rilasciata, a Perugia, dalla segretaria generale della CGIL, Susanna Camusso, conforta la linea dell’ANIEF, favorevole all’estensione dell’obbligo di istruzione e formazione. In questa ottica si impone la riflessione circa la natura dell’Obbligo di istruzione, e circa la connotazione del vigente Obbligo formativo in relazione al ruolo crescente delle agenzie educative esterne al sistema Scuola.
Al terzo congresso nazionale della Rete degli studenti medi a Perugia, la Camusso ha detto: “L’obbligo scolastico va innalzato per diventare il punto di partenza dell’istruzione come grande vettore di sviluppo”. E’ anche la nostra opinione, basata sulla convinzione che l’istruzione e la formazione siano il principale investimento sociale produttivo in capitale umano. Del resto, è difficile trovare chi non la pensi così, e ancor più difficile trovare chi non lo dichiari. E allora ? Facile è capire perché, in Italia, i decisori politici taglino questo tipo di investimento. Il fatto è che l’esito di questo tipo di investimento è quantificabile solo indirettamente e nel lungo periodo. Tutti sappiamo (uno che lo scrisse fu Dewey) come le prospettive lontane nel tempo e incerte (collocandosi nel novero delle concause “trans-attive”), abbiano forza di motivazione inferiore rispetto alle azioni che producono esiti immediatamente quantificabili. Si aggiunga che solo le motivazioni che producono effetti tangibili e immediati sono efficaci su coloro che non hanno la schiena dritta, e certamente sui demagoghi gravati da urgenza di consenso elettorale. I padri costituenti stabilirono (1947) in otto anni di scuola la durata dell’istruzione obbligatoria e gratuita, dall’età di sei anni a quella di quattordici. Con il progettato Riordino dei cicli scolastici, Luigi Berlinguer aveva invano tentato di introdurre l’obbligo decennale di istruzione (con estensione della frequenza scolastica obbligatoria ai primi due anni degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado); nella pasticciata fase politica di quegli anni (con il governo lacerato all’interno) tale obbligo era stato inizialmente introdotto nell’ordinamento scolastico con la Legge 9/1999 e, però, transitoriamente ridotto a nove anni (D.M. 323/1999). Berlinguer varava anche l’Obbligo formativo (Legge 17 maggio 1999, n. 144, e il relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 12-7-2000, n. 257); l’art. 68 della Legge 144 stabiliva: “l’obbligo dì frequenza d’attività formative fino al compimento del 18° anno”, attività da compiere non necessariamente nel sistema scolastico; in effetti, in quella fase, la Scuola italiana prendeva atto dell’incidenza delle scuole/non scuole e del concetto di learning society. La norma transitoria sull’Obbligo scolastico è stata abrogata per effetto della Legge 28/3/2003, n. 53 (cd. Riforma Moratti); la norma sull’Obbligo formativo non è stata però cancellata, bensì ridefinita con la denominazione “diritto-dovere all’istruzione e formazione”, con la Legge 28 marzo 2003 n. 53, art.2 comma 1 C: “E’ assicurato a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età; … tale diritto si realizza nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale, con livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale". Con il comma 622 dell’unico articolo della Legge 296/2006 (Finanziaria 2007), l’obbligo di istruzione è assolto frequentando le otto classi del primo ciclo e il biennio della secondaria di II grado; Fioroni ha regolamentato questo ”Nuovo obbligo di istruzione” decennale, con il D.M.139, 22.08.2007, art.1: “1. L’istruzione obbligatoria è impartita per almeno 10 anni e si realizza secondo le disposizioni indicate all’art. 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 2. L’adempimento dell’obbligo di istruzione è finalizzato al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il 18° anno di età…”. Il provvedimento stabilisce l’equipollenza formativa di tutte le scuole, pur tenendo conto dell’identità dell’offerta formativa e degli obiettivi che caratterizzano i curricoli dei diversi ordini, tipi e indirizzi di studio; stabilisce così gli assi culturali in cui si articola il sapere essenziale previsto dall’obbligo decennale di istruzione; asse: - dei linguaggi; - matematico; - scientifico-tecnologico; - storico-sociale; ciascuno è articolato in abilità, capacità e conoscenze. Per capire quale sia lo stato dell’arte (la Camusso l’ha così sintetizzato: “Il nostro è uno dei pochi Paesi che continua ad avere nei fatti l’obbligo a 15 anni, visto che a 15 anni è l’ingresso al lavoro anche se la teorica affermazione del diritto allo studio è quella dei 16”) occorre andare al capitolo “apprendistato” qual è disegnato con la Legge 4 novembre 2010, n. 183. Anche in questo caso l’ANIEF condivide la critica della CGIL, perché all’obbligo scolastico si dovrebbe ottemperare esclusivamente all’interno del sistema scolastico (il solo culturalmente e didatticamente idoneo a fare conseguire agli studenti gli obiettivi educativi minimi imprescindibili), solo successivamente allargando ad altre agenzie educative l’affidamento di attività formative finalizzate al conseguimento di obiettivi altri (specie delle competenze funzionali al lavoro). Purtroppo così non è, in atto, perché l’art.48 comma 8 della Legge n.183 stabilisce che, compiuti i 15 anni, l’alunno può ottemperare all’obbligo scolastico nell’apprendistato: “Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 48 d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276…, l'obbligo di istruzione… si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione”. Il T.U. sull’apprendistato (“Collegato lavoro” alla Finanziaria 2009/13) prevede, per gli apprendisti minori: l’“apprendistato per la qualifica professionale”, con alternanza formazione-lavoro. Il rimedio ? Potrebbe essere trovato all’interno del dibattito che è riemerso in tema di rimodulazione dei 13 anni dell’iter scolastico-formativo. Ipotizziamo, come ipotesi di lavoro: Una parte obbligatoria e gratuita da affidarsi esclusivamente al sistema scolastico, e la parte terminale da affidarsi a una molteplicità di agenti educativi, imprenditoria compresa. 13 anni, però ! Non meno, e senza necessità di troppo distinguere tra offerta formativa dello Stato e offerta formativa delle Regioni.