° Un autorevole avallo al ddl sulle pari opportunità nell’educazione prescolare
Introducendo i lavori della tregiorni sulla Scuola che, a inizio mese, il PD ha tenuto a Terrasini (PA), Mariangela Bastico si è espressa a favore del ddl sul diritto alla educazione prescolare come servizio dello Stato a tutti i bambini entro i 6 anni.
“Per conseguire l'obiettivo di una scuola che non lasci indietro nessuno – ha detto la Bastico –è necessario un percorso che parta dalla primissima infanzia… Sappiamo che sono decisive per i rendimenti scolastici le diverse condizioni di carattere familiare e sociale. ...La Scuola deve ridurre considerevolmente divari di partenza che ovviamente esistono in ogni contesto sociale. Un percorso scolastico che riduca i divari deve partire dalla primissima infanzia… La scuola dell'infanzia, a tempo pieno, deve essere generalizzata per tutti i bambini dai 3 ai 6 anni”. Com’è noto, l’ANIEF vede con favore il ddl 1260 (a prima firma Puglisi) e, in audizione presso la VII Commissione del Senato, lo scorso maggio, il presidente Marcello Pacifico ha proposto un emendamento mirante a che il diritto/dovere all’istruzione inizi per tutti i bambini all’età di 5 anni e prosegua fino ai 18 anni comprendendo il percorso quinquennale secondario superiore. Questa nostra posizione non sembra raccogliere sufficienti consensi tra i decisori politici; anche i pedagogisti – propensi, i più, a ponderare la cosa – non hanno sprizzato entusiasmo. Prendiamo in esame, ad esempio, una perplessità che è stata avanzata: cinque anni non è l’età per studiare. Verissimo ! Ma l’Anief non ha parlato di studio. Del resto, il d.d.l. 1260 non può essere equivocato, disponendo che il sistema prescolare sia “costituito dai servizi per l'infanzia e dalla scuola dell'infanzia, in base alle età di accesso delle bambine e dei bambini e alle principali caratteristiche funzionali”. In VII Commissione, il presidente Pacifico ha così esplicitato la funzione educativa del servizio prescolare da impartire ai bambini di 5 anni: “… Dopo avere accompagnato i piccoli alla scoperta dell’ambiente extrafamiliare prossimo, avere contribuito a potenziarne la disposizione al rapporto interpersonale, la Scuola dell’infanzia può essere in grado di suscitare nei bimbi di 5 anni la curiosità del sapere attraverso il fare. Valorizzare l'esperienza educativa dei bambini di 5 anni collocandola in continuità con l’apprendimento del percorso di formazione successivo è possibile e urgente, aggiungiamo con riferimento a questa generazione di bambini il cui “spazio” cognitivo è esteso oltre l’ambiente prossimo, a misura del web che ne condiziona le dinamiche sociali, i processi emotivi. Immersi nella Rete fin dalla nascita hanno necessità di orientarsi, di imparare ad apprendere. In sostanza, a parer nostro, è opportuno che gli alunni esercitino il “diritto-dovere all’istruzione e alla formazione” nel periodo che va dal quinto al diciottesimo anno di età, cominciando con quello che è, in atto, l’anno conclusivo della Scuola dell’Infanzia”. E ciò badando bene, come ha scritto un Auctor, che: “… bisogna porre gran cura affinché ciò non diventi per lui un lavoro, né sia considerato come un obbligo… cosicché essi siano indotti a desiderare di apprendere… oggetto di emulazione tra loro, tale che non vi è modo di frenarli: essi si insegnano reciprocamente….Ai bambini non si dovrebbe mai imporre nulla che abbia l’aspetto di un lavoro, il loro spirito ed il loro corpo non lo sopporterebbero… Vorrei che egli fosse convinto che ciò non è altro che è un gioco che si fa tra persone grandi. Sono sicuro che presto ci si vorrebbe mettere da solo… I fanciulli sono meno proclivi degli uomini a rimanere in ozio”. (J. Locke, Pensieri sull’educazione”, Londra 1693). Aggiungiamo che l’essere immersi, i bambini, nella Rete web è, sotto un certo aspetto, una risorsa educativa nella misura in cui contribuisce ad eliminare la percezione del confine che distingue apprendimento dovuto (il lavoro) e apprendimento scelto (il gioco). Pensino ora i nostri lettori quanto ne viene potenziato l’interesse del bambino e, con esso, l’apprendimento, la soddisfazione interiore, l’autostima. A parere nostro, la sequenza delle tappe in età evolutiva non è determinata una volta per tutte, perché fattori socio-ambientali intervengono a condizionarne caratteristiche e ritmi; gli strumenti materiali e concettuali creati dall’uomo si radicano nella società che li adotta e, con l’uso, la modificano. I bambini che in atto frequentano le classi del Primo ciclo sono nativi digitali; quelli che sono nati successivamente e presto frequenteranno il primo ciclo vivono i ritmi esponenziali dell’innovazione tecnologica, che non mancano di influenzare le caratteristiche psico-sociali e/o cognitivo-comunicative. E’ ragionevole pensare che, dal confronto tra più generazioni, si possa notare uno spostamento nella distribuzione dei valori medi della età mentale rispetto a quelli dell’età biologica; così sembrano pensarla nei numerosi Paesi europei nei quali lo Stato eroga già a tutti i piccoli di cinque anni il servizio educativo pubblico obbligatorio.