° Investimenti dei privati nella scuola pubblica?
Il ministro Giannini ne ha parlato alla festa di Comunione e Liberazione; sarà domani, in Consiglio dei Ministri, una delle idee della riforma “epocale” che stupirà ? L’argomento periodicamente torna all’attenzione pubblica, in questo periodo di difficoltà economiche del MIUR, ma prevalentemente sulla bocca dei politici e meno su quella degli imprenditori. Riportiamo le parole della Giannini; poi qualche argomento a favore e qualcuno contrario. «…Mettere in pratica l’alternanza scuola-lavoro… Penso a stage professionali negli ultimi anni di media superiore, penso all’investimento delle imprese private nella scuola pubblica. È un tabù, ma una realtà in gran parte del mondo. Faccio anzi un appello agli imprenditori, anche medi e piccoli, perché intervengano nel finanziare, ad esempio, i laboratori…. Il capitale privato è benvenuto» (repubblica.it - 26/08/2014).
In questa rubrica abbiamo ripetutamente espresso il nostro parere sull’imprescindibilità del servizio pubblico di istruzione e di formazione. Gli Stati in grado di istituire efficienti sistemi scolastici e universitari ne hanno, a parte il ritorno produttivo dell’investimento in capitale umano, un ritorno in termini di vitalità della democrazia poggiando essa nella coscienza socio-culturale dei cittadini; non a caso, fu la Convenzione nazionale a sancire, per la prima volta, il diritto dei cittadini all’istruzione (nella Costituzione francese dell’Anno primo). Il dovere dello Stato democratico di dare a tutti i cittadini una scuola di qualità non esclude che il sistema scolastico statale (in quello non statale, i privati investono già) possa, a certe condizioni, essere supportato economicamente dai privati: E’ una prospettiva sulla quale occorre argomentare sine ira et studio. Innanzitutto, deve fare riflettere il collegamento che la Giannini opportunamente pone tra il possibile sostegno finanziario dei privati e l’attivazione di stage curricolari per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado (il MIUR si orienterebbe ad attivare, per gli studenti delle classi terminali delle scuole secondarie di II grado, 15 giorni di tirocinio, per un totale di 99ore annue). In questa direzione, la politica scolastica ha lentamente avanzato fin dal 1997, con Luigi Berlinguer (Legge-delega n.59 del 15 marzo 1997; disegno di legge 4 luglio 1997; Direttiva Min.P.I 27 novembre 1997 n.765), e con il documento del Gruppo Ristretto di Lavoro (istituito col D.M. 18/7/2001) presieduto da G.Bertagna. Nei decreti attuativi della legge delega n.53/2003, approvati il 21 maggio 2004 dal Consiglio dei Ministri, in materia di alternanza scuola-lavoro si prevedevano: - percorsi formativi scuola-lavoro attuati sotto la responsabilità delle scuole; - il riconoscimento dell’alternanza scuola-lavoro quale modalità di realizzazione della formazione del secondo ciclo, per gli studenti compresi tra il 15° ed il 18° anno di età; - la stipula di convenzioni tra le istituzioni scolastiche-formative e le camere di commercio, gli enti pubblici e privati, compresi gli enti di ricerca, le imprese e il mondo del volontariato; - l’istituzione di un Comitato nazionale per lo sviluppo, il monitoraggio e la valutazione del sistema di alternanza scuola-lavoro; - la possibilità di realizzare percorsi in alternanza nel sistema dei licei e della istruzione e formazione professionale. Analogamente, nel Regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo, didattico dei licei (2010), la Gelmini ha disposto: “Nell’ambito dei percorsi liceali le istituzioni scolastiche stabiliscono, a partire dal secondo biennio… specifiche modalità per l’approfondimento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze… necessarie per l’inserimento nel mondo del lavoro. L’approfondimento può essere realizzato anche nell’ambito dei percorsi di alternanza scuola-lavoro… , nonché attraverso l’attivazione di moduli e di iniziative di studio-lavoro per progetti, di esperienze pratiche e di stage”(art.2 comma5). In questo Regolamento, dinanzi alla VII Commissione del Senato, l’ANIEF propose di emendare la parola “può” sostituendola con “deve”, e rimarcò questo concetto: “Occorrerebbe fare un passo risolutivo nel riconoscere che il lavoro ha alto valore formativo: molte attività lavorative richiedono livelli professionali avanzati e, reciprocamente, la formazione culturale è decisiva, oltre che per lo sviluppo della persona, anche per l’acquisizione di competenze operative e professionali”. L’ANIEF ha avuto ancora modo di interloquire, su questo tema, nell’audizione del 27 novembre 2012 dinanzi alla VII Commissione del Senato (impegnata nel discutere il Disegno di legge A.S.n.3542“Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali”, in un’atmosfera da “rompete le righe”). Palpabile era, nell’opinione pubblica, il convincimento che il ddl Atti Senato n.3542 fosse il cavallo di Troia dal ventre del quale il capitalismo espugnerebbe il sistema della istruzione, ottenendo potere decisionale nell’offerta formativa delle scuole. Anche il CNPI aveva espresso un parere critico: “Le relazioni con l’esterno, attivate dalle istituzioni scolastiche attraverso la costituzione di reti, presentano situazioni molto diverse tra loro, che pur discendendo dal quadro normativo definito dal Regolamento di autonomia, interpretano una visione orizzontale del sistema, foriera di possibili derive autoreferenziali o di esasperazione competitiva tra le istituzioni scolastiche”. Durante l’audizione, l’ANIEF espresse apprezzamento per l’intenzione di coniugare l’autonomia funzionale delle scuole e la sinergia con soggetti rappresentativi delle “realtà sociali, economiche, culturali, produttive, professionali e dei servizi”, ma pose tassativamente due paletti: nessuna interferenza nella didattica (che è prerogative e responsabilità dei docenti), e nessuna interferenza nei programmi nazionali obbligatori (che sono, appunto, di competenza esclusiva del Governo). Fissati questi limiti, sui modi in cui i privati possano supportare l’autonomia scolastica, è ragionevole un confronto aperto che recuperi e dia attuazione a quanto già è presente nella normativa. La possibilità per le scuole di ricevere finanziamenti esterni esiste già, potendo: - avere come partner soggetti pubblici e privati, fondazioni, associazioni di genitori o di cittadini e organizzazioni non profit, al fine di realizzare attività coerenti con le finalità istituzionali; - possano stipulare convenzioni con università e con istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio, associazioni del volontariato e del privato sociale; - costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti con il POF, e per acquisizione di servizi e beni che ne facilitino lo svolgimento dei compiti. Se ne facesse il 10%, nelle scuole, di ciò il DPR 275/1999 (in particolare, l’art.7) prevede! Più che il pericolo di invasione da parte dei “capitani d’impresa” (disposti a finanziamenti forti per, ad esempio, strutture o laboratori), c'è stato un quasi totale disinteresse dei vari soggetti a contribuire a progetti formativi capaci di arricchire e collegare la scuola e il territorio. In breve: se il sostegno dei privati sarà concepito dal legislatore nella logica della sinergia scuola-territorio, siamo pronti a ragionarne; se è un modo per tagliare la spesa e privatizzare la Scuola, la Giannini ci avrà contro.
Leonardo MAIORCA