Gli Ata (ausiliari tecnico-amministrativi), non vengono nominati dal piano scuola di Renzi: eppure ci sono 10 mila precari e 5 mila posti aggiuntivi senza certezze.
Sono 15 mila, aspettano in media dieci anni prima di raggiungere l'agognato ruolo, e ogni settembre sono legati alla girandola delle graduatorie e dei punteggi, nella speranza di veder salire la propria posizione. Eppure di loro la riforma della scuola presentata da Renzi non parla:sono i precari degli Ata, brutto acronimo per definire gli ausiliari tecnico-amministrativi, ovvero quell'esercito di oltre 205 mila (dati Cgil 2014-2015) tra impiegati, collaboratori scolastici, bidelli, che permettono ogni anno alle scuole di funzionare. «Sono fondamentali per migliorare l'offerta formativa, eppure sono stati completamente dimenticati», criticano in coro i sindacati Cgil, Cisl e Uil. «La battaglia continua, ci sono 12 mila Ata da assumere», incalza l'Anief. Ma, mentre il dibattito sulle posizioni degli insegnanti ormai impera, quello sugli Ata langue. E pochi sanno cosa c'è dietro le loro faticose e dignitosissime carriere.
Il sogno di uno stipendio da 900 euro
Gli assistenti amministrativi sono 47.987: sono tutti quegli impiegati che si occupano della predisposizione, istruzione e redazione degli atti amministrativi e contabili della scuola. Gli assistenti tecnici sono 16.153, attualmente, e sono tutte quelle persone che si occupano della conduzione tecnica dei laboratori, officine e reparti di lavorazione, garantendone l'efficienza e la funzionalità, oltre a provvedere e a preparare i materiali e gli strumenti per le esercitazioni didattiche. Gli amministrativi e i tecnici, obbligatoriamente diplomati, percepiscono uno stipendio che parte dai 1500 euro lordi al mese per arrivare, a fine carriera, dopo 35 anni, a 1900 euro, sempre lordi. I collaboratori scolastici, i più numerosi e noti, sono più banalmente i bidelli, che devono ormai essere in possesso del diploma oppure della licenza di scuola media affiancata da una qualifica triennale specifica: si occupano di accogliere e vigilare gli alunni, assistere i più piccoli nei pasti, accompagnarli ai bagni, provvedere alla loro igiene personale, prestare assistenza agli alunni diversamente abili: sono 131.997, un esercito di angeli custodi senza cui molti istituti ogni giorno non potrebbero aprire i battenti, ma che guadagnano circa 1300 euro lordi al mese, 900 netti, e solo a fine carriera arrivano a prenderne 1700, sempre lordi. Infine, ci sono poco più di 8 mila direttori, gli ex segretari generali delle scuole, quei «fortunati» che dopo una laurea e un concorso selettivo possono ambire ad uno stipendio lordo che parte dai 2200 per arrivare, dopo 35 anni, ai 2800 euro, ma che spesso si ritrovano ad assumere incarichi molteplici e delicatissimi di gestione dell'istituto.
L'attesa fino a 12 anni
Dove si comincia per diventare Ata? Dalle graduatorie di istituto, che vengono «aperte» periodicamente dal Miur (la prossima finestra si aprirà a fine settembre). Gli interessati possono presentare la domanda, avendo i titoli giusti, a 30 scuole diverse. Poi restano in attesa della prima supplenza affidata dal preside: di incarico temporaneo in incarico temporaneo, cercano di arrivare ai 24 mesi complessivi di lavoro, per passare nelle graduatorie permanenti.In genere non ci riescono prima dei tre anni di servizio (discontinuo): una volta in quella posizione, aspettano le chiamate dell'ufficio scolastico provinciale, che affiderà loro un incarico annuale, fino al momento di ricevere l'immissione in ruolo. In genere passano almeno 7-8 anni, almeno nelle regioni del Nord, dove le graduatorie sono esaurite più in fretta (vedi il caso Piacenza, graduatorie esaurite e quindi molti posti disponibili). Ma ci sono picchi di 12-13 anni, e alcuni casi esemplari di mancata assunzione anche dopo tanti anni, soprattutto al Sud, dove i lavoratori socialmente utili hanno sempre fatto «concorrenza sleale» ai bidelli. Attualmente sono 10.121 gli Ata nelle liste d'attesa, ma ci sono altri 4824 «posti aggiuntivi autorizzati», ovvero posti aggiuntivi sull'organico di fatto, che servono a coprire esigenze stabili e incontenibili in particolari situazioni di disagio. Questi posti vengono di solito attribuiti con ritardo rispetto all'anno scolastico, generando spirali di ansia nei precari in attesa e problemi nell'andamento del servizio scolastico, che a cascata si ripercuotono su studenti e famiglie.
Il nodo dei docenti «inidonei»
Nella guerra tra poveri degli Ata ci sono i docenti inidonei: ovvero quegli insegnanti che, non avendo più fisicamente la capacità di insegnare (vedi i prof che hanno perso la voce a furia di decantare poesie e spiegare teoremi) vengono spostati ad altra mansione. Dove? Secondo le previsioni del Miur, dovevano andare a ricoprire proprio i posti vacanti degli Ata, strappando quindi ben 3500 posti disponibili ai collaboratori in attesa. Per ora l'ipotesi è scongiurata:al 31 dicembre 2013 sono stati solo 198 i docenti inidonei spostati, e gli altri andranno a fare supporto alla didattica, alla prevenzione alla dispersione scolastica, oppure per attività anche in reti di scuole. Se non presenteranno istanza di transito, saranno spostati in un'altra amministrazione della stessa provincia. Nel 2016 però la questione si ripropone.