Si procede alla vecchia maniera, pre-Renzi. Si promette un finanziamento alla scuola, tre miliardi si era detto, almeno uno necessario per portare in cattedra 148 mila insegnanti precari. Ci si costruisce sopra, per sei mesi, una riformona ricca e articolata.
Poi ci si accorge che l'Europa non scuce un centesimo, nonostante i proclami del premier. Piuttosto continua, come con Monti e con Letta al timone, a non farti spendere neppure gli euro che tu, Stato, Regione o Comune, hai in cassa. Si ammette, e al governo sono serviti altri sei mesi per questo, che bisogna trovare venti miliardi nella prossima legge di stabilità. Quindi, per garantire la riforma e le assunzioni, si fa partire un piano di spending review sui ministeri. Il tre per cento per tutti, lineare, alla Tremonti. Per il ministero dell'Istruzione fa un miliardo e mezzo secco. Un po' di quel miliardo e mezzo si andrà a recuperare, sostiene Il Sole 24 ore, togliendo 400 milioni alla ricerca. Siamo da capo. Non c'è nulla di diverso dai governi Monti-Profumo e Letta-Carrozza, che pure hanno operato in una fase politica costretta dall'emergenza spread. In più, ci sono solo le promesse, in alcuni casi vere e proprie iperboli. Siamo in attesa dell'approvazione del piano universitario del ministro Giannini che dovrà definire - a ottobre - i livelli essenziali delle prestazioni per il diritto allo studio, introdurre i costi standard negli atenei (da Catania a Trento), specificare i finanziamenti sulle singole università. Le bozze che circolano sul decreto ministeriale dicono, però, che sono previsti nuovi tagli alla ricerca, un inasprimento dei criteri di merito e di quello anagrafico (fuori corso) per ottenere borse di studio.
Gli studenti, nel caso la Link, sostengono che con i nuovi parametri "in tutte le regioni italiane le borse di studio diminuirebbero in modo sostanziale". E offrono proiezioni sul taglio della platea degli idonei: "Il governo proverà a far passare l'eliminazione dell'idoneo non beneficiario". Ecco, diminuzione degli aventi diritto, aumento dei criteri di merito e anagrafici e ancora tagli delle risorse del fondo integrativo statale per le borse di studio. Le ipotesi sul piano università si fanno fosche. Scrive Alberto Campailla di Link: "Così facciamo un enorme passo indietro rispetto a quanto previsto dal cosiddetto decreto "l'Istruzione riparte" firmato nell'autunno 2013 dal ministro Carrozza. Serve un rifinanziamento totale". Più in generale: "Pensare di cambiare il sistema formativo italiano continuando a togliere risorse economiche rappresenta lo svelamento degli slogan del presidente Renzi. Tagliare 400 milioni sulla ricerca non è la strategia politica di chi vuole investire sull'innovazione e sul futuro della nostra generazione, è solo il gioco delle tre carte".
La Cgil scuola, fin qui messa ai margini come tutto il sindacato, attacca: "Se dovessero trovare conferma le notizie che circolano sui tagli pesantissimi a scuola, università, ricerca e Afam saremmo di fronte a decisioni gravissime che metterebbero in soffitta tutte le promesse fatte dal governo Renzi. Nel piano scuola non ci sono certezze di risorse, ma adesso si scopre che addirittura si vogliono fare altri tagli alla scuola pubblica. Università, ricerca e Afam rischiano il collasso finanziario e invece di affrontare le questioni vere la ministra Giannini continua a vendere fumo. Di certo nel piano scuola ci sono la cancellazione degli scatti, un'idea di istruzione piegata alle logiche del mercato, la competizione individuale e l'autoritarismo". L'Anief: "Il governo vuole fare la riforma a costo zero. L'Esecutivo vuole attuare una partita di giro tra tagli di spesa e nuove risorse". L'Anief illustra quali sono gli altri tagli che porteranno il Miur ad autofinanziare "La buona scuola": riduzione della pianta organica degli Ata, bidelli, applicati di segreteria, assistenti tecnici dei laboratori, quindi stop alle assunzioni per coprire il turn-over e ai commissari esterni per la maturità, avvio di un piano di dematerializzazione per ridurre il personale di segreteria. Sembra il piano Brunetta".
Il ministro Giannini nega che le bozze circolanti siano definitive, sostiene che l'ipotesi che la spending review possa colpire la ricerca è "assolutamente in contrasto con questo governo che mette istruzione sì ma anche ricerca al centro dell'agenda politica", poi ammette che anche nel campo della ricerca si può "ancora agire su costi intermedi". La quality spending, è l'ultimo anglismo importato. Ci prova Francesca Puglisi, neoresponsabile Istruzione del Pd, a fermare l'onda di contestazione: "Rispetto ai "si dice" il governo ha investito grandi risorse in un piano straordinario per l'edilizia scolastica e lavora avendo come stella polare le politiche a favore delle nuove generazioni. Vogliamo i giovani al nostro fianco contro ogni conservatorismo gerontocratico. Per liberare energie, per offrire nuove opportunità di studio e di lavoro e per premiare il merito". Parole alte, che si frantumano sulla questione finanziamenti. Anche il piano edilizia, fin qui, di nuovi soldi ne ha visti davvero pochi. La gran parte dei (pochi) fin qui utilizzati li aveva già trovati il penultimo governo.