Si è tenuto il convegno organizzato dal sindacato degli insegnanti Anief, presso la Sala Mercede di Palazzo Marini, per commentare ed approfondire i profili legali del ricorso, promosso dal sindacato degli insegnanti, che ha portato alla storica sentenza della Corte di giustizia europea di Strasburgo, in contrasto con il parere espresso in precedenza dalla giustizia ordinaria italiana e dalla Corte di Cassazione.
L'evento è servito per ripercorrere le tappe legali dell'azione promossa dagli avvocati dell'Anief, a dispetto del parere diverso espresso dalla Corte di Cassazione che obbligherà lo stato italiano alla stabilizzazione di circa 250 mila precari ed al risarcimento del danno a chi ne farà richiesta.
Al convegno sono intervenuti molti legali e giuristi di spicco. Il giudice Paolo Coppola di Napoli, promotore della richiesta di intervento dei giudici sovranazionali, ha quantificato in 6 miliardi di euro il risarcimento dello Stato per le mancate assunzioni: il calcolo deriva dalle canoniche 15 mensilità di indennizzo, cui si aggiunge il 2,5 per cento di 'collegato al lavoro', che corrisponde a circa 24mila euro a precario. Una compensazione che va moltiplicata per almeno 250mila precari coinvolti, come indicato dalla Ragioneria Generale dello Stato e Corte di Conti. A quantificare il danno anche Paolo Coppola, giudice del lavoro di Napoli, promotore della richiesta alla Corte di Lussemburgo e 'disobbediente' alla Corte di Cassazione, quando nel 2007 "lo Stato si difese in modo meraviglioso", adducendo generiche motivazioni di bilancio pubblico e di tutela dello studio. L'avvocato Coppola, emerito studioso del lavoro precario, ha anche indicato "in maniera laica" le risposte alla sentenza di Lussemburgo, con i possibili costi e benefici, che ora lo Stato italiano potrebbe decidere di attuare: "E' un terreno complicato, perché non riguarda solo la scuola, ma tutto il precariato italiano. E quindi va inquadrato nel futuro".
L'avvocato Sergio Galleano, del foro di Milano, ha ricordato che quanto stabilito dalla sentenza di Lussemburgo riguarda tutti i pubblici dipendenti, compresi gli enti locali. "Noi, come avvocati, torneremo ora dai giudici italiani per dire loro che la Corte europea si è espressa in modo chiaro", ha affermato, aggiungendo: "Prima, certamente, si farà un tentativo di tipo legislativo, visto l'enorme danno erariale che ne deriverebbe".
L'avvocato Walter Miceli, del foro di Palermo, ha ricordato l'anomalia italiana di "mantenere dei docenti per tutta la vita lavorativa", senza scatti di anzianità e senza altri diritti. "E ora? Diciamo subito che la pensiamo come il Governo, che ha intenzione di varare un maxi piano di assunzioni, ma non siamo d'accordo su come attuare queste assunzioni, le posizioni rimangono distanti", ha sottolineato Miceli, parlando di "uovo di colombo" e ricordando che il Piano Renzi esclude una vasta platea (collaboratori e non docenti) e crea forti discriminazioni a livello retributivo.
Il Governo farebbe bene quindi a voltare pagina, ha ribadito Marcello Pacifico, presidente ANIEF e segretario organizzativo Confedir, moderatore del convegno. Il sindacalista ha quindi ricordato come la Legge 106 del 2011 abbia sottratto l'Italia dall'applicazione della direttiva UE sostenendo che è prioritario il diritto allo studio. Successivamente la Corte di Cassazione, con una sentenza del 2012 (nella quale scriveva che "non vi è alcun spazio per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea"), "ha avallato l'operato del legislatore sostenendo, paradossalmente, la particolare condizione, 'favorevole', del precario italiano perché lavorando ha comunque la possibilità di acquisire punti in graduatoria ed essere gradualmente assunto. Inoltre, i vari Governi hanno sempre affermato che le prerogative di risparmio pubblico sovrastano quelle dei singoli lavoratori".
Significativo, a questo punto, è stato l'intervento del Presidente emerito della Corte di Cassazione Michele De Luca, che ha ricordato la sentenza della Cassazione, riconoscendone l'errore giuridico.
A chiudere il convegno sono stati alcuni deputati: l'onorevole Silvia Chimienti (M5S) che ha parlato del piano alternativo proposto dal Movimento alla 'Buona Scuola' di Renzi, e il senatore Fabrizio Bocchino (Gruppo Misto) che ha ricordato che "il contratto a tempo indeterminato è la forma principe secondo la Ue, ma in Italia questo principio è stato attaccato e ridimensionato".