La denuncia dell’Anief: i pensionati fanno lezione gratis e i supplenti rimangono al palo.
Le scuole italiane sono sempre più a secco di fondi e per tenere i corsi di recupero, fanno ricorso gratis, ai docenti in pensione con i supplenti che restano al palo. Lo denuncia l’Anief, associazione professionale sindacale di insegnati ed educatori, spiegando che sono stati segnalati «diversi nuovi casi di corsi di recupero e potenziamento didattico tenuti, a titolo gratuito, da insegnanti che hanno terminato il servizio: dopo Brescia, Bolzano, Barletta, Andria e Trani, il fenomeno si allarga anche a realtà scolastiche del salernitano e dell’Alto Adige.
Soffocati dalla mancanza di finanziamenti, con scuole che attendono anche oltre 300mila euro di arretrati, i presidi costretti alla gestione “creativa”.
Secondo Marcello Pacifico, dell’Anief-Confedir, non ci sono dubbi «che degli ex docenti, forti della lunga esperienza lavorativa, possano condurre al meglio il ruolo per cui sono stati chiamati. Può essere anche positivo non disperdere le competenze acquisite nel corso di una carriera. Il punto è capire perché ci si dimentica che ci sono oltre 60mila docenti supplenti, selezionati e formati, laureati e abilitati, i quali per essere assunti a titolo definitivo sono costretti a ricorre al tribunale perché lo Stato li reputa invisibili. Ritardando sine die la loro assunzione, sono destinati a passare, come ha sottolineato il Censis, dal ruolo ingrato di giovani precari quali sono oggi a quello di anziani poveri domani: già oggi il 40% dei pensionati non arriva a mille euro al mese, presto diventeranno il 65%».
I primi casi di insegnanti in pensione reclutati, hanno riguardato degli istituti di Brescia, Bolzano e della provincia di Barletta, Andria e Trani. Ma il fenomeno si sta allargando a macchia d’olio in varie scuole d’Italia: nelle sedi di Fratte, Matierno e del rione Calenda, appartenenti all’istituto comprensivo San Tommaso d’Aquino di Salerno, con oltre 750 studenti iscritti tra infanzia, elementare e media, si decide di aprire le classi a docenti pensionati che a titolo gratuito continueranno a fare lezione seguendo un percorso di programmazione annuale come i docenti ordinari in servizio. Allo stesso modo si procede in diversi istituti dell’Alto Adige.
La musica è sempre la stessa, denuncia Anief, si preferisce «fare appello al lavoro gratuito dei docenti pensionati, visto che il fondo d’istituto è risultato sempre più a “secco” dopo le riduzione del Fis». Si ripropongono, insomma, «storie uguali in territori diversi, che evidenziano un mal comune del sistema scuola: la mancanza di finanziamenti adeguati».
«Quanto sta accadendo con i pensionati chiamati a tornare dietro la cattedra - ha aggiunto Pacifico - ha come origine la stessa motivazione che ha portato le scuole a chiedere ripetutamente fondi ai genitori per organizzare corsi di recupero, per fare manutenzione o per acquistare materiali o macchinari per le stesse scuole. Ed è la stessa necessità che costringe i dirigenti scolastici a condurre gli istituti in modo “creativo”´, pur di portare a termine la mission formativa».
Per l’Anife inoltre, «non si può pensare che la situazione possa migliorare grazie al cosiddetto organico funzionale, che il Governo vuole introdurre a settembre, con l’avvento della Buona Scuola: si tratterebbe di una soluzione, quella di ricorrere a personale di ruolo che si occuperà specificatamente di queste attività, che non può soddisfare le specificità di determinare scuole: cosa accadrebbe, ad esempio, se in un istituto ci fosse bisogno di fare corsi intensivi o di potenziamento di matematica e inglese, mentre a disposizione, nell’organico funzionale dell’istituto o in quelli in Rete, ci fossero solo docenti di lettere e diritto? Questa mancanza di attenzione verso i giovani, che rimangono disoccupati anche quando hanno i titoli e hanno superato tutte le prove per condurre una professione, in questo caso l’insegnamento, è stata evidenziata in questi giorni dal Censis: da una ricerca nazionale, realizzata con Fondazione Generali, presentata a Padova, è emerso che «la “generazione mille euro” avrà ancora meno a fine carriera. Con pensioni molto basse».
Il 40% dei lavoratori dipendenti di 25-34 anni ha una retribuzione netta media mensile che non supera i mille euro: di questi, 65% «avrà una pensione sotto i mille euro, pur con avanzamenti di carriera medi assimilabili a quelli delle generazioni che li hanno preceduti».
L’allarme del Censis «riguarda i più `fortunati´, cioè i 3,4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard». Poi «ci sono 890.000 giovani 25-34enni autonomi o con contratti di collaborazione e quasi 2,3 milioni di Neet, che non studiano né lavorano. Se continua così, i giovani precari di oggi diventeranno gli anziani poveri di domani», sottolinea la ricerca.
«Non si può pensare di mandare in pensione i giovani con meno del 50 per cento dell’ultimo stipendio: con una busta paga, tra l’altro - continua Anief - già penalizzata, nel caso degli statali, da lunghi blocchi contrattuali. E, nel caso dei dipendenti della scuola, già sotto l’inflazione di 4 punti, che potrebbe addirittura affossarsi se il piano di semi-sparizione degli scatti automatici di anzianità contenuto ne “La Buona Scuol”´ dovesse andare in porto».