Contro il Ddl Renzi-Giannini-Pd. Ieri fiaccolate in cento città contro la riforma del preside manager. Corteo e notte bianca a Roma, in piazza Farnese. Un paese contro il partito democratico. E lunedì, il giorno della direzione Pd al Nazareno, comincia l'agitazione più grande nella scuola dal 1988-89.
Il corteo No Ddl scuola si sta posizionando sotto l’arco di Tito, direzione Circo Massimo. Ci sono circa 500 persone, con le bandiere dei sindacati Flc Cgil, Uil e Cisl Scuola, Gilda e Snals, i Cobas e i docenti precari autoconvocati. Arriveranno a piazza Farnese dove li aspetta una «Notte bianca» con un concerto di Andrea Rivera. Molti altri docenti hanno preferito recarsi nella piazza dell’ambasciata di Francia, per evitare i trentacinque gradi di un torrido pomeriggio romano e per ribadire la netta opposizione alla riforma aziendalista della scuola imposta dal Partito Democratico e dal suo capo Renzi. In piazza, a sostegno della protesta, i senatori Pd Walter Tocci e Corradino Mineo, con Loredana De Petris (Sel). «La vittoria è dei perseveranti» recita uno striscione del coordinamento scuole del X municipio.
Un giovane e combattivo delegato Flc-Cgil, Tito Russo, sciorina i primi dati dello sciopero degli scrutini nelle scuole primarie in treistituti del centro storico di Roma e 23 tra l’Eur e Ostia: «L’80 per cento ha aderito». Percentuali bulgare per un messaggio chiaro a Renzi e Giannini: la riforma del preside manager incontra una forte ostilità nelle scuole. E da lunedì, il giorno della direzione del Pd al Nazareno, mentre la commissione Istruzione al Senato terminerà la discussione generale sul contestatissimo provvedimento — si inizierà a fare sul serio in tutta Italia e il Pd sentirà il fiato sul collo. Lo sciopero degli scrutini è a scacchiera, dilaterà i tempi, riguarderà il personale Ata, sarà di un’ora e a rotazione per gli aderenti ai sindacati maggiori, o per l’intera giornata per quelli di base, in diverse giornate, fino al 18 giugno.
Le Rsu lo hanno preparato in maniera meticolosa. L’adesione sarà massiccia, non lontana dalle percentuali impressionanti a Roma Centro-Ovest. Ci si sta organizzando come al liceo Machiavelli di Roma il 9 e 10 giugno: i docenti hanno preparato una tabella dove segnalano, ora per ora, classe per classe, chi ha aderito allo sciopero. Ne basta uno per far rinviare lo scrutinio di cinque giorni. E l’Anief avverte quei presidi che si dice vogliano convocare gli scrutini di domenica: «È un atto illegittimo». Sarà una protesta molecolare come mai si è vista dal lontano 1988–1989. Quando il Senato approverà il Ddl in seconda lettura tra il 15 e il 22 giugno, con un Pd in affanno per avere perso in un anno più di 2 milioni di voti, le scuole avranno inviato un messaggio chiaro.
L’obiettivo dei sindacati è colpire il fragile equilibrio di una compagine che, con la ministra Giannini, continua ad escludere che «la riforma sia terreno di trattativo con la sinistra Dem» mentre tutti i maggiorenti delle minoranze dell’ex partitone del 41% hanno posto una conditio sine qua non al loro leader fragilizzato: la riforma deve cambiare sul preside-manager, sul numero dei precari da assumere e sull’abolizione dello school bonus alle paritarie. Altrimenti Renzi potrebbe perdere circa 24 voti al Senato (il condizionale è d’obbligo con le minoranze Pd). Con conseguenze imprevedibili per la legislatura.
Renzi rischia di perdere la faccia, insieme ai gessetti alla lavagna. In attesa dello show down al Nazareno di lunedì vale la parola del presidente del Consiglio: «Andremo avanti con le riforme». Quindi anche con quella sulla scuola. Sempre che la maggioranza al Senato non cambi ancora per i riposizionamenti in atto nell’area centrista.
Una ritrovata fiducia in questa prospettiva ha caratterizzato le fiaccolate della «cultura in piazza» organizzate ieri dai sindacati e dalle Rsu in cento città, da Agrigento a Venezia, da Torino a Napoli. La scuola non cede a Renzi e, anzi, rilancia. Il prossimo anno scolastico, al netto del caos che si intravvede sulle assunzioni dei 100.701 precari, partirà con l’astensione dalle attività accessorie. E i novelli «presidi-manager» rischiano di essere travolti da una montagna di ricorsi, prevede Piero Bernocchi (Cobas). «Il conflitto lo sta creando il governo Renzi e se ne dovrà prendere tutte le responsabilità» ha ricordato il segretario Flc Cgil Pantaleo.
Cosa succede se passa un Ddl “folle”
«Se questo folle disegno di legge non verrà fermato al Senato, a settembre — avverte il coordinatore della Gilda, Rino Di Meglio — assisteremo a una paralisi dell’amministrazione scolastica. Noi continueremo a lottare: ieri abbiamo “acceso” le piazze, la prossima settimana sciopereremo con il blocco degli scrutini. La partita al Senato è aperta, le proporzioni sono diverse dalla Camera: moltissimi senatori non condividono il ddl e quindi un loro voto contrario farebbe saltare tutto». «La mobilitazione si riconferma con lo sciopero degli scrutini e anche gli schiaffoni elettorali che ha preso Renzi. Questo dovrebbe spingere il governo a ritirare il decreto e vararne uno di stabilizzazione dei precari — sostiene Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas — Nei prossimi giorni bloccheremo il 90% degli scrutini».
Un paese in piazza contro Renzi e Giannini
A Milano ieri l’opposizione della scuola contro il Ddl si è radunata all’arco della Pace per una fiaccolata. Gli organizzatori hanno chiesto un collegamento in diretta alla Rai: «Illuminiamo la cattiva scuola presente nella riforma di Renzi e Giannini; racconteremo la vera buona scuola con lezioni all’aperto, letture, canti e musica». A Catania c’è stata una fiaccolata in piazza del teatro Massimo. A Firenze un concerto in Piazza Santissima Annunziata e uno speaker’s corner. In Puglia fiaccolate a Bari, Foggia, Lecce, Taranto. Corteo di alcune centinaia di insegnanti da piazza Matteotti a Napoli. «Il ddl è inemendabile, ma non crediamo che Renzi lo ritirerà. Vogliamo lo stralcio delle assunzioni di 100mila precari già annunciato»» ha detto Valeria De Lorenzo (Gilda degli insegnanti Campania). Per la Gilda l’obiettivo delle manifestazioni «No Ddl scuola» «è la rottura del quadro politico».