Le già flebili speranze dei docenti abilitati dopo il 2006 a essere inseriti nelle graduatorie a esaurimento hanno subito nelle scorse ore un brutto colpo: il Consiglio di Stato ha decretato che aveva ragione il Miur a escluderli col decreto n. 235 del 1° aprile 2014.
Così niente Gae, niente stabilizzazione. Marcello Pacifico tranquillizza però i ricorrenti del suo sindacato: la strategia legale dell’Anief è diversa, e anche in caso di conferma della sentenza ci si potrà giocare la carta del ricorso alla Corte europea.
Abilitati Pas, Tfa, idonei concorso 2012, laureati in SFP e diplomati magistrale ante 2002 non hanno il diritto di essere inclusi nelle graduatorie a esaurimento. Una doccia fredda per le centinaia di ricorrenti che hanno investito tempo e denaro in questa battaglia legale. Come commenta questa disfatta?
“La sentenza emanata su un ricorso non seguito dal nostro studio legale nega agli abilitati dopo il 2006 l’inserimento nelle Gae, in particolare a coloro che hanno frequentato i corsi del TFA, PAS, SFP senza spiegare i motivi giuridici sottesi. La doccia è certamente fredda per quei ricorrenti, ma nei ricorsi patrocinati dall’Anief abbiamo posto specifiche questioni che devono essere ancora vagliate dalla magistratura, dalla natura della fascia aggiuntiva al principio di affidamento, alla parità di trattamento. Se sarà confermato questo indirizzo, ricorreremo in Europa. Tutto è ancora aperto”.
La legge 296/2006 che viene richiamata nella sentenza aveva come scopo quello di non creare nuove sacche di precariato, mettendo fine a graduatorie che in qualche modo facessero entrare in ruolo personale non selezionato tramite concorso. Insomma, non è un diritto essere assunti anche se si è in possesso di un’abilitazione, l’antifona è questa?
“La legge 296/2006 ha il chiaro obiettivo, rispetto alla direttiva comunitaria e a quanto deciso nel pubblico impiego, di stabilizzare il personale precario non soltanto nella PA, ma anche nella scuola con un piano straordinario di 150 mila unità, poi disatteso dal Governo successivo per esigenze legate al pareggio di bilancio. Chiunque sia stato chiamato come precario ha diritto a essere risarcito o stabilizzato secondo le norme comunitarie, basta rivolgersi ai giudici del lavoro”.
Adesso non rimane che il concorso, o non tutto è perduto?
“Certamente il concorso può rappresentare un’opportunità ulteriore per ottenere l’immissione in ruolo che, però, ricordo, spetta a chi ha avuto anche più di 36 mesi di contratto. I ricorsi continueranno e attenderemo le decisione del giudice di merito. Se saranno negative valuteremo l’opportunità d’investire la CEDU e la Corte di giustizia europea sulle evidenti disparità di trattamento tra i cittadini dell’Unione. Ad esempio, qualcuno dovrà spiegare perché tra il 2007/2009 fu consentito l’inserimento degli abilitati all’estero in presenza della chiusura delle graduatorie, per poi inibirne l’inserimento negli anni successivi. C’è una logica? No, il legislatore ha cambiato idea parecchie volte”.
Sembra che la posizione in qualche modo migliore sia quella dei diplomati magistrale 2001/2002, che potrebbero andare in Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Che cosa vuol dire? Di che tempi si parla?
“La questione dei diplomati magistrale non può che essere chiusa giuridicamente dopo diverse sentenze definitive passate in giudicato del Consiglio di Stato favorevoli al fumus denunciato dai legali dell’Anief. La prima remissione su un ricorso da noi non seguito all’adunanza plenaria, a cui la presente fa seguito, si basa su un presupposto giuridico erroneo, ovvero su un contrasto giurisprudenziale invocato a parole ma non dimostrato nei fatti. Quindi ci aspettiamo coerenza dall’adunanza plenaria, alcuni di quei componenti sono gli stessi che come relatori hanno firmato le sentenze citate”.
Secondo lei i giudici hanno potuto lavorare in maniera serena a questa sentenza?
“Ogni collegio trattiene in decisione la causa e dovrebbe decidere in piena autonomia. I processi si fanno nei tribunali e Anief ha dimostrato in questi anni di essere sempre dalla parte del diritto anche quando apparentemente alcuni giudizi sembrano non essere conformi al rispetto delle norme comunitarie e costituzionali. Noi rimarremo vigili e continueremo a sostenere le ragioni di chi è stato abilitato dallo Stato per insegnare”.