Roma, 15 feb. (askanews) - Rispetto allo scorso anno, il calo è drastico: scorrendo il resoconto della rivista specializzata Orizzonte Scuola, risulta che sono seimila in meno per i docenti e duemila per bidelli e personale non docente rispetto allo scorso anno: nel 2015, infatti, furono diciannovemila le domande per gli insegnanti e quasi cinquemila per il personale Ata. La diminuzione è stata del 31,6 per cento per i docenti e del 40 per cento per tutto il resto del personale. Lo rende noto l'Anief. Il sindacato spiega che gli effetti dell'innalzamento dei requisiti, dovuto alla riforma delle pensioni Monti-Fornero, sembravano aver subito una discreta compensazione, lo scorso anno, grazie all'approvazione di un emendamento alla Legge 190 del 23 dicembre 2014, presentato dalla deputata del Pd Luisa Gnecchi e valido sino al 2017, attraverso il quale è stato permesso di far accedere alla pensione, senza incappare nelle decurtazioni, le lavoratrici con meno di 62 anni di età, in possesso di 41 anni e mezzo di contributi e i lavoratori 42 anni e mezzo.
Ma un decreto interministeriale, Mef e Ministero del Lavoro, dal 1° gennaio 2016 ha posticipato di ulteriori quattro mesi l'età e i titoli per lasciare il lavoro: i requisiti contributivi per il conseguimento del diritto alla pensione di "anzianità" sono saliti a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini. E a 41 anni e 10 mesi per donne. Per quanto riguarda la pensione di "vecchiaia", rimane inalterato il raggiungimento della soglia contributiva di 20 anni di contributi. Gli uomini, dipendenti o lavoratori autonomi, dovranno raggiungere i 66 anni e 7 mesi di età. Lo stesso requisito è stabilito per le donne del pubblico impiego. Lo scorso anno, quindi, l'emendamento Gnecchi riuscì in qualche modo a limitare il crollo, peraltro già registrato nel 2014, quando nella scuola lasciarono il servizio appena 14.522 tra docenti e Ata, pari alla metà dell'annualità precedente. Se si pensa che nel 2007 ad andare in pensione, sempre sommando docenti e Ata, furono oltre 35mila dipendenti della scuola, il divario è davvero alto: dal 5% dei lavoratori - una percentuale utile a produrre quel minimo di turn over fisiologico per svecchiare il corpo docente - si è passati all'attuale 2% di pensionamenti, sempre rispetto al personale totale di ruolo in servizio. "Appare davvero arduo, in tali condizioni - commenta l'Anief - favorire il processo di riduzione dell'età media degli insegnanti italiani", soprattutto visto che l'Italia è la nazione con i docenti più vecchi al mondo, non solo d'Europa. Alla scuola primaria, l'Italia è il paese dell'Ocse con la quota maggiore di maestre over 50, il 44 per cento nel 2013, il 16 per cento oltre i 60 anni, nessuna sotto i 30. In Francia, la percentuale di giovani maestre al di sotto dei 30 anni è dell'8 per cento e gli ultracinquantenni sono il 23 per cento. Alle medie e alle superiori va anche peggio: il 57 per cento ha più di 50 anni, solo il 3% ha meno di 40 anni, il 19% dai 60 in su. Le maestre più giovani sono nel Regno Unito, con 29 insegnanti su cento under 30, mentre alle medie i maestri più giovani sono in Turchia, con 35 prof su cento al di sotto dei 30 anni".