In questi giorni siamo venuti a sapere di diverse iniziative legali per risarcire i lavoratori della scuola dai danni provocati dal mancato rinnovo contrattuale, che si protrae da oltre sei anni. Marcello Pacifico, presidente Anief, che ha una certa consumata esperienza in questo ambito, spiega che l’unica strategia vincente riguarda l’indennità di vacanza contrattuale.
Pacifico, è giusto rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo?
“È inutile, perché è già intervenuta la Consulta italiana a dichiarare illegittimo il blocco del contratto e alcun giudice potrà mai obbligare le parti (Governo – Sindacati rappresentativi) alla firma di un accordo, tanto che esiste un preciso istituto, quello dell’IVC (indennità di vacanza contrattuale), idoneo a risarcire il lavoratore nelle more dello stanziamento delle risorse economiche. Basti pensare che in passato i contratti si sono firmati anche tre anni dopo e retroattivamente e mai nessuno è andata a Strasburgo a chiedere conto e ragione”.
È vero, la Corte Costituzionale ad agosto ha detto che contratto è sboccato, per andare avanti ci vuole però l’accordo tra le parti e soprattutto risorse economiche.
“Il Governo, nel DEF (documento di programmazione di economia e finanza), ha ricordato di avere stanziato nell’ultima legge di stabilità 155 milioni di euro stanziati per il prossimo triennio, per tutti e tre milioni di lavoratori del pubblico impiego. Non è difficile fare due conti e accorgersi che l’esecutivo intenderebbe così onorare il suo impegno con la Corte e soprattutto con i lavoratori assegnando 17 euro in media all’anno a ognuno, una cifra a dir poco ridicola, specie in considerazione del fatto che negli ultimi anni il costo della vita è aumentato del 20% rispetto a quello registrato nel 2008. È per questa ragione che intendiamo come Anief portare avanti un ricorso per l’adeguamento economico dell’indennità di vacanza contrattuale all’inflazione dopo lo sblocco del contratto”.
Negli ultimi anni, tuttavia, più che di inflazione si è parlato di deflazione; ciò ha comunque portato a una perdita significativa del potere di acquisto?
“L’indennità di vacanza contrattuale è prevista dalla legge, deve essere corrisposta a fine mese in busta paga come una sorta di anticipo dei futuri adeguamenti di stipendio, nella misura del 50% del costo della vita registrato. Se è vero che nell’ultimo biennio si è parlato quasi di deflazione, negli anni precedenti dello spread e della speculazione finanziaria i prezzi al consumo sono schizzati alle stelle tanto da portare nel privato ad aumenti del 20% dei salari. Il problema è che il Governo non sembra intenzionato a sbloccare questa indicizzazione, se le cose restano così come sono fino al 2021 i lavoratori dovrebbero percepire sempre lo stesso stipendio. Così si accenna nel DEF. I ricorsi da fare, allora, non possono che riguardare l’adeguamento dei valori dell’indennità di vacanza contrattuale all’attuale costo della vita”.
Ma questa non dovrebbe essere materia di contrattazione sindacale?
“No, perché la corresponsione dell’IVC è prevista per legge, da erogare mensilmente. Bisogna però andare da un giudice e chiedere di sbloccare anche la sua indicizzazione come per il contratto dal mese di agosto 2015, visto che una serie di norme ha reiterato il blocco almeno fino al 2018”. Dunque, chiariamolo bene, gli unici ricorsi che al momento si possono attivare riguardano l’adeguamento dell’indennità di vacanza contrattuale all’aumento del costo della vita.
Quali cifre si potrebbe sperare di ottenere, in caso di sentenza favorevole?
“Da un minimo di 180 euro lordi all’anno a un massimo di 1800, calcolati su una busta paga media di 1500 euro mensili e per gli ultimi dieci anni. Il nostro consiglio è quello di muoversi alla svelta inoltrando le diffide, il prima possibile, che il sindacato ha messo a disposizione, anche perché per la parte economica la prescrizione potrebbe essere quinquennale nel caso si voglia presentare ricorso”.