Dopo la bocciatura, da parte della Corte costituzionale, dell'articolo 19, comma 4, del decreto legge 98 del 2011, poi legge 111/2011, nella parte che fissava l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi delle scuole dell'infanzia, elementari e medie che per acquisire l'autonomia "devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche", si registrano le prime reazioni da parte delle regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Puglia e Basilicata) che hanno parzialmente visto vincere il loro ricorso, e dei sindacati.
A trarre le conseguenze più drastiche dalla sentenza pare essere la Sicilia, le cui intenzioni sembrano essere quelle di non applicare la legge Gelmini sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche ma la legge regionale 6 del 2000, una legge che la regione insulare aveva già emanato, fissando indici e parametri differenti dal legislatore nazionale.
Sul fronte sindacale, invece si rinnova la linea 'giudiziaria' dell'Anief, il cui presidente, Marcello Pacifico, ha annunciato “che darà mandato ai suoi legali perché impugnino tutti i decreti regionali su cancellazioni e accorpamenti delle scuole, ora reputati incostituzionali”.