“La manovra del governo Monti è un insieme di tagli alla spesa sociale, all’istruzione e alla ricerca pubblica che provocherà la riduzione dei servizi, degli investimenti, dell’occupazione e dei diritti universali. Alla scuola vengono sottratti oltre 500 milioni di euro nei prossimi anni dopo i tagli epocali della Gelmini. Il transito nei profili ATA di circa 3.765 docenti inidonei e l’utilizzo in ambito provinciale dei docenti in esubero ha conseguenze gravissime perché, oltre a colpire la dignità e la professionalità di questi lavoratori, si licenziano 15 mila precari tra docenti ed ATA che hanno alle spalle anche 10 anni di lavoro”.
Saranno perciò “durissime” le iniziative di protesta che il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, annuncia in previsione della riapertura delle scuole.
Il giudizio del sindacalista sulla parte della spending review che riguarda la ricerca e l’università pubblica è parimenti del tutto negativo per “l’aumento indiscriminato delle tasse universitarie, il blocco delle assunzioni, la soppressione dell’Inran, il taglio devastante dei fondi ordinari per la ricerca pubblica”.
La fine conclamata della concertazione, che secondo il premier Monti “ha generato i mali contro cui noi lottiamo e a causa dei quali i nostri figli non trovano facilmente lavoro”, vede i sindacati divisi, con la Cisl e la Uil che ne tentano una difesa di principio e la Cgil che sembra quasi riscoprire il gusto del conflitto in campo aperto.
All’interno della Cgil il sindacato guidato da Pantaleo sembra schierarsi sulle posizioni più battagliere e antimontiane, come mostra la sua esplicita richiesta “che a settembre venga proclamato uno sciopero generale su una piattaforma rivendicativa alternativa alle politiche devastanti del governo Monti che fanno aumentare disoccupazione, precarietà e disperazione sociale”.
Tempi duri dunque anche per il ministro Profumo, cui viene attribuita con crescente asprezza polemica una linea di sostanziale continuità con le politiche attuate dal suo predecessore Gelmini. Va detto peraltro che la durezza del leader della Flc-Cgil si deve in parte anche alla necessità per questo sindacato di fronteggiare l’attivismo di Cobas, Cub, Anief e altri movimenti di base e anche all’esigenza di mediare al proprio interno con le posizioni più intransigenti.