Il dossier Ocse-Pisa ogni tre anni valuta le capacità di 510.000 studenti 15enni di 65 Paesi. Stando agli ultimi dati, gli italiani sono ancora una volta indietro rispetto ai colleghi del Paesi Ocse anche se hanno registrato i più importanti progressi in matematica e scienze. Maria Chiara Carrozza: "E'uno stimolo per continuare a lavorare per migliorare la performance dei nostri studenti". Per il ministro adesso ci sono due gap da risolvere: quello di genere e quello regionale.
ROMA - I conti tornano. Tornano per gli studenti italiani che hanno registrato progressi nelle materie scientifiche, in particolare matematica e scienze. Anche se i risultati in matematica risultano inferiori alla media Ocse. Ancora una volta, l'Italia divisa in due tra studenti del nord più competenti in materia e quelli del sud che fanno registrare risultati al di sotto della media italiana. E' quanto emerge dal dossier Ocse-Pisa (Program for International student assessment) che ogni tre anni valuta le capacità di 510.000 studenti 15enni di 65 Paesi. Stando agli ultimi dati, gli italiani sono ancora una volta indietro rispetto ai colleghi del Paesi Ocse anche se hanno registrato i più importanti progressi in matematica e scienze: dal 2003 al 2012 i risultati medi dei test sono migliorati di 20 punti, avvicinandosi notevolmente alla media Ocse che si attesta al 23%. La media degli studenti è di 485 punti in matematica comparabile ai risultati di Federazione Russa, Lettonia, Lituania, Norvegia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Spagna e Stati Uniti. Il miglior progresso in matematica si è avuto tra il 2006 e il 2009. In generale, i ragazzi superano le ragazze di 18 punti. Un gap più ampio rispetto a quanto osservato in media negli altri Pesi. I progressi in matematica, pero', non riguardano tutti: se per gli studenti di Trento, Friuli Venezia Giulia e Veneto rappresenta la materia più riuscita con un punteggio superiore alla media Ocse, al sud gli studenti registrano risultati sotto la media. Ma a dividere lo stivale non è solo la matematica. Lo stesso vale per la lettura e le scienze. Un divario regionale talmente forte che se dipendesse dagli studenti del nord, l'Italia sarebbe in tutte le materie al di sopra della media Ocse. Pur non trascurando i risultati inferiori rispetto alla media Ocse da parte degli studenti italiani, il ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza vede nei progressi dei ragazzi uno "stimolo per continuare a lavorare per migliorare la performance dei nostri studenti". Per il ministro adesso ci sono due gap da risolvere: quello di genere e quello regionale. "Al Meridione - ha osservato - occorre guardare con più attenzione, come abbiamo già iniziato a fare nel decreto Istruzione, con maggiori investimenti per la lotta alla dispersione scolastica nelle aree più a rischio". Altro dato significativo è l'aumento di studenti stranieri che però restano indietro rispetto ai loro colleghi: il numero è aumentato di cinque punti percentuali e sono il 7,5% del totale contro una media Ocse del 12%. Dalla relazione emerge che la differenza di competenze tra italiani e immigrati e' ben superiore alla media Ocse.
Matematica, croce e delizia
Se la matematica resta un ostacolo per gli studenti italiani, nonostante i progressi registrati negli ultimi anni, per gli studenti di Trento, del Friuli Venezia Giulia e del Veneto è la materia preferita, tanto che ottengono un punteggio ben superiore alla media Ocse, rispettivamente di 524, 523 e 523 punti. Un risultato che inorgoglisce il presidente del Veneto Luca Zaia: "E' una risposta che vogliamo dare a coloro che ritengono si debba andare all'estero per imparare. Il merito va a chi forma le nuove generazioni, perché questi risultati significano che la formazione scientifica in Veneto, è di assoluta qualità'". "Voglio fare i complimenti - aggiunge - agli insegnanti del Veneto, perché i nostri ragazzi delle scuole superiori sono risultati tra i primi al mondo nella matematica e nelle materie scientifiche".
L'Anief: il Sud è abbandonato
''I dati Ocse confermano l'abbandono del Sud''. A lanciare l'allarme e' l'Anief Confedir secondo cui ''i dati Ocse-Pisa 2012 sulle competenze degli studenti 15enni, presentati oggi al Miur, confermano il gap formativo cui sono destinati gli iscritti a una scuola del nord rispetto ai coetanei che frequentano un istituto del sud''. ''I dati Ocse-Pisa sul divario Nord-Sud ci amareggiano - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ma purtroppo non ci sorprendono: questi numeri non fanno altro che certificare il gap di investimenti che lo Stato ha riservato alle regioni, abbandonando di fatto quelle meridionali. Per tutti vale quanto è accaduto in Sicilia nel 2012, dove la mancanza di risorse e di mense scolastiche ha fatto sì che il tempo pieno nella scuola primaria è stato attivato solo per il 3 per cento degli alunni. Mentre il tempo pieno in Lombardia è presente nel 90 per cento delle scuole primarie''.
''Ed è evidente - sottolinea l'Anief - che tenere gli alunni a scuola anche nel pomeriggio significa garantire loro una maggior offerta formativa. Mentre al termine dei cinque anni di scuola primaria i bambini della Sicilia studieranno 430 giorni in meno, che corrispondono a oltre 2 anni scolastici. A questi dati va aggiunta la scarsità di investimenti per combattere la dispersione scolastica e migliorare l'orientamento. Al sud non c'è solo un problema demografico e migratorio, ma anche un alto tasso di abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Con il risultato che negli
ultimi cinque anni tra il sud e le isole si sono persi 150mila alunni - con Molise, Basilicata e Calabria che accusano riduzioni tra il 7% ed il 9% - mentre al nord c'e' stato un incremento di 200mila iscritti (incremento maggiore del 5%)''.
"Così - evidenzia l'Anief - mentre l'Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso medio nazionale di abbandono
del 10%, con alcune aree del centro-nord gia' vicine a questa soglia, ancora una volta il sud va per conto suo: in Sicilia la quota dei ragazzi che lasciano gli studi in eta' di obbligo formativo supera in certe aree ancora il 25%. E' evidente - commenta ancora Pacifico - che se non si inverte questa tendenza con un serio piano di sviluppo
economico, di implementazione di idee e risorse, il meridione è condannato all'eutanasia. Con il Nord che guarda sempre più da vicino l'Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio''. A dare la ''mazzata'' finale alle regioni del sud, che hanno meno risorse, ci hanno poi pensato le riforme scolastiche degli ultimi
anni. Con l'orario curricolare ridotto di un sesto: oggi l'Italia detiene il triste primato di 4.455 ore studio nell'istruzione
primaria, rispetto alle 4.717 dell'area Ocse; in quella superiore di primo grado siamo scesi a 2.970, rispetto alle 3.034 sempre dell'Ocse. Preoccupa, inoltre, il crollo al 20,5% del tasso di occupazione dei 15-24enni. Per non parlare della quota di giovani che non sono né nel mondo del lavoro, ne' in educazione ne' in formazione (Neet), la cui
percentuale è cresciuta in cinque anni, tra gli under 25, di oltre 5 punti, arrivando a fine 2012 al 21,4%. E non vale nemmeno la teoria che tutti sono in queste condizioni: solo Grecia e Turchia, tra i 34 Paesi dell'organizzazione, hanno infatti una quota di Neet più elevata.