Lo scrive Marcello Pacifico, presidente nazionale del giovane sindacato, nel giorno delle celebrazioni del 60° anniversario e della dichiarazione congiunta dei leader dei Ventisette Paesi aderenti: se lo Stato italiano vuole davvero potenziare tra i giovani le conoscenze della storia, del pensiero, dell’economia, della società e di tutti quei valori comuni da rintracciare nella storia europea fin dal Duecento, deve istituzionalizzarne la formazione. Ma se si escludono i progetti Comenius e Erasmus, nel nostro sistema educativo il tema europeo trova ancora troppo poco spazio: l’Europa non va ricordata per il solo pareggio del bilancio o per la tenuta dei conti pubblici, ma deve essere soprattutto promossa per la costruzione di uno Stato di diritto. Vi sono direttive stringenti sull’abuso dei contratti a termine, sull’organizzazione dell’orario di lavoro, sull’informativa e consultazione dei lavoratori, sul congedo parentale, che molti di noi ancora non conoscono, che a volte sono disconosciute dai Governi e che non abbiamo mai insegnato. Serve un progetto culturale, che parta dalle nostre scuole: altrimenti, non ci si può riconoscere in un’Europa quale patria comune.
C’è un solo modo per dare seguito agli inviti giunti oggi dal Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli sulla necessità di “riflettere sulla storia dell’Unione Europea” e “lasciarsi ispirare dalle scelte coraggiose che 60 anni fa i leader europei seppero prendere”: introdurre nei programmi scolasticilo studio del diritto comunitario, in modo da potenziare tra le nuove generazioni le conoscenze della storia, del pensiero, dell’economia, della società e di tutti quei valori comuni da rintracciare nella storia europea fin dal Duecento.
A sostenerlo, attraverso una lettera inviata a tutti i soci, è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal: la ricorrenza dei sessant’anni dalla firma dei Trattati di Roma, scrive il sindacalista, “deve essere per noi tutti momento di riflessione su cosa rappresenta e può rappresentare l’Europa per noi lavoratori della scuola ma anche e soprattutto per i nostri studenti. Le Goff ci ha insegnato come un comune sentire, una matrice comune, una cittadinanza europea abbia iniziato a delinearsi a partire dal XIII secolo. Sono trascorsi più di ottocento anni da quegli arbori eppure, se si escludono i progetti Comenius e Erasmus, nel nostro sistema educativo, il tema europeo trova ancora troppo poco spazio”.
“Si è parlato tanto di Cittadinanza e Costituzione ma – continua Pacifico - mai di Cedu, di Direttive comunitarie o di Leggi internazionali che l’Ordinamento interno è tenuto a osservare. Lo stesso è avvenuto per la Giurisprudenza, dove solo da pochi anni è iniziato un dialogo proficuo tra le Corti europee e nazionali. L’Europa non deve essere ricordata per il solo pareggio del bilancio o per la tenuta dei conti pubblici - scelta economica necessaria per ogni pianificazione finanziaria, anche familiare - ma deve essere soprattutto promossa per la costruzione di uno Stato di diritto, che partendo dalle Carte fondamentali e dai Trattati Europei, ha già trovato un’ossatura importante nelle diverse direttive che regolano la nostra vita, specie quella lavorativa”.
Il sindacalista ricorda che “vi sono direttive stringenti sull’abuso dei contratti a termine, sull’organizzazione dell’orario di lavoro, sull’informativa e consultazione dei lavoratori, sul congedo parentale, che molti di noi ancora oggi sconoscono, che a volte sono disconosciute dai Governi e che non abbiamo mai insegnato ai nostri studenti. È proprio in questo giorno – dice il leader del sindacato autonomo - che voglio lanciare un appello al Ministro Fedeli perché, dopo le parole del Presidente Mattarella e del Premier Gentiloni, introduca lo studio del diritto comunitario nei nostri programmi scolastici, e perché potenzi lo studio della storia, del pensiero, dell’economia, della società e di tutti quei valori comuni da rintracciare nella storia europea fin dal Duecento.La storia gioca sempre con questo rapporto di alterità-identità ed è compito di noi educatori ricostruire un legame senza il quale nessuno si può riconoscere pienamente in quel progetto di pace e giustizia, in primo luogo sociale, che vuole e deve essere l’Europa dei nostri Padri fondatori”.
Pacifico sostiene che senza un “progetto culturale, che deve partire dalle nostre scuole, dalla presa di coscienza dei nostri diritti, non ci si può riconoscere in un’Europa quale patria comune. Durante le recenti audizioni sui decreti delegati della legge 107/15, abbiamo chiesto al Governo, nell’atto relativo al diritto allo studio, di dedicare obbligatoriamente per la scuola secondaria alcune ore curriculari al tema dell’Europa. Per questo, come Anief, collaboriamo anche con Eurgit (Associazione di giuristi italiani) perché possa realizzarsi la figura del Procuratore europeo e abbiamo avuto approvato, nell’ultimo congresso della Cesi (Confédération européenne des Syndicats indépendants) una mozione che ci impegnerà ad armonizzare le legislazioni nazionali, in tema di lavoro pubblico, con quelle europee, grazie a una conferenza di servizio permanente tra gli avvocati delle strutture sindacali rappresentanti più di cinque milioni di lavoratori Ue”.
Il presidente nazionale Anief conclude il suo intervento, ricordando l’importanza di “essere fieri di essere cittadini europei in uno spazio che dal nome stesso di Europa, principessa libanese, ci rimanda a uno ben più ampio, euro-mediterraneo, rispetto anche a quello descritto da Braudel, comunque aperto e non di frontiera. Dobbiamo essere cittadini europei convinti! Le nostre battaglie in Corte di Giustizia Europea lo dimostrano, gli ultimi interventi in Parlamento Europeo lo confermano, ma abbiamo bisogno di strumenti, di risorse e di un impegno preciso dell’Amministrazione italiana, per creare i cittadini dell’Europa di domani. Noi come Anief ci siamo”.
La lettera inviata stamane dal presidente Anief, Marcello Pacifico, su come sviluppare il senso e l’importanza di aderire all’Unione Europea tra le nuove generazioni: per visualizzarla cliccare qui.
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