Ancora condanne a carico del Ministero dell'Istruzione per abuso e discriminazione del lavoro precario in violazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE. Anief: non ci fermeremo finché la contrattazione collettiva non sarà adeguata alla normativa comunitaria.
Continuano anche in Corte d'Appello le condanne a carico del Miur per l'illecita discriminazione posta in essere a discapito dei lavoratori precari cui non viene riconosciuto il diritto a percepire le medesime progressioni di carriera previste per il personale di ruolo, nonostante i tanti anni di servizio con contratti a termine. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Michele Ursini ottengono ragione anche presso la Corte d'Appello di Bari con la conferma della condanna del Miur per violazione di norme comunitarie.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): la normativa comunitaria è chiara e puntuale nello specificare che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato. La nostra azione di tutela non si fermerà finché il contratto collettivo del comparto scuola non sarà adeguato ai dettami eurounitari e non riconoscerà piena parità di trattamento, anche stipendiale, ai lavoratori precari.
L'Anief ricorda che è ancora possibile ricorrere per vedersi riconosciuti i propri dirittie per ottenere uno stipendio commisurato agli anni di servizio effettivamente svolti, anche se con contratti a tempo determinato.
La Corte d'Appello di Bari, infatti, non ha dubbi sulla solidità delle tesi patrocinate dai legali Anief e constata come il riconoscimento del diritto alle progressioni stipendiali attribuito solo al personale di ruolo configuri un'evidente discriminazione cui il Giudice nazionale deve porre rimedio interpretando le norme regolamentari e pattizie interne conformemente ai dettami eurounitari; evidenziando, inoltre, che “la condotta del Ministero e la normativa che l’autorizza, a parere di questa Corte d’Appello, si pongono effettivamente in contrasto con la normativa comunitaria e, precisamente, con il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato che è stato sancito, nell’ordinamento comunitario, dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999, trasfuso nella Direttiva 1999/70/CE del 28.6.1999”. La sentenza, chiara e puntuale nel richiamare la precedente giurisprudenza in materia, specifica inoltre, come “alla luce della interpretazione fornita dalla giurisprudenza comunitaria, appare chiaro che il Ministero dell'Istruzione ha sostenuto una tesi infondata, valorizzando elementi (la particolarità del sistema di reclutamento scolastico, le modalità dell’assunzione, la necessità di garantire il servizio scolastico, l'imprevedibilità delle esigenze sostitutive) che non giustificano il differente trattamento economico degli assunti a tempo determinato fondato sulla negazione della progressione retributiva”.
Nell'impartire l'ennesima lezione al Miur sul rispetto dei lavoratori precari, la Corte d'Appello di Bari non tralascia di evidenziare come “insufficiente appare la deduzione difensiva del Ministero circa la ricostruzione della carriera, cioè il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata in forza dei contratti a termine, prevista al momento dell'immissione in ruolo; trattasi, invero, di argomentazione che supporta piuttosto la pretesa dei precari, giacché dimostra proprio l'equivalenza dell'attività svolta in forza dei contratti a termine, tanto che del relativo periodo di lavoro si tiene conto dopo il passaggio in ruolo”, concludendo che “l’accertata incompatibilità, con la clausola 4 dell'accordo quadro europeo allegato alla direttiva 99/70, di norme interne che escludono il personale a tempo determinato dagli scatti retributivi riconosciuti invece ai dipendenti di ruolo a tempo indeterminato – come già rilevato dal primo giudice – non può che risolversi nel senso dell’applicazione del diritto dell’Unione, in ragione dell’indubbia superiorità nella gerarchia delle fonti, con la conseguente disapplicazione, da parte del giudice nazionale, della normativa italiana confliggente”, con relativa conferma sul punto della sentenza di primo grado che già aveva riconosciuto a una docente, con più di 10 anni di servizio da precaria, il diritto a percepire gli scatti di anzianità negati dal Miur.
“La normativa comunitaria – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - è chiara e puntuale nello specificare che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato. La nostra azione di tutela non si fermerà finché il contratto collettivo del comparto scuola non sarà adeguato ai dettami eurounitari e non riconoscerà piena parità di trattamento, anche stipendiale, ai lavoratori precari”. L'Anief ricorda a tutti i lavoratori precari della scuola che è ancora possibile ricorrereper vedersi riconosciuto il diritto agli scatti di anzianità commisurati agli effettivi anni di servizio prestati con contratti a tempo determinato e per ottenere il corretto inquadramento stipendiale anche per gli stipendi futuri.
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