Anche se la richiesta di trasferimento è tornata quest’anno a essere ordinaria e volontaria, il numero di richieste di cambio sede rimane altissimo: il motivo è l’aver assunto, con la riforma della Buona Scuola, decine di migliaia di docenti lontano dalla propria provincia di appartenenza. Anche quando i posti erano disponibili in sedi molto più vicine. Questi insegnanti, giustamente, chiedono ora di avvicinarsi. C’è poi il problema della correttezza delle operazioni: i parametri utilizzati dai tecnici del Miur per impostare l’algoritmo che regola i trasferimenti continuano a essere segreti. Mentre erano state promesse regole chiare e certe.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): purtroppo, in pochi verranno soddisfatti perché la maggioranza degli insegnanti che ha espresso la volontà di cambiare scuola, per avvicinarsi a casa, è del Centro-Sud. Dove però il numero di abbandoni scolastici rimane altissimo, alcuni istituti addirittura chiudono e il numero di cattedre libere è ridotto ai minimi termini. Se si fosse dato ragione all’Anief, che da anni chiede un organico maggiorato proprio per le zone disagiate, ad alta presenza migratoria e con una bassa incidenza culturale del territorio, anche la mobilità ne avrebbe giovato. Uno degli aspetti inquietanti del sistema è anche quello della soprannumerarietà di tanti docenti, finiti loro malgrado negli ambiti territoriali: il nostro sindacato continua a raccogliere lamentele e richieste di impugnazione per l’errata formulazione delle graduatorie interne d’istituto.
La mobilità dei docenti continua a essere una delle piaghe del sistema scolastico italiano: a confermarlo è stato il Ministero dell’Istruzione, che in queste ore ha diffuso i risultati dei trasferimenti della scuola primaria e i dati complessivi delle domande presentate in tutti gli ordini scolastici. Sebbene l’organizzazione della mobilità sia tornata “ordinaria e su base volontaria”, spiegano da Viale Trastevere, “a livello nazionale quest’anno sono state presentate 139.583 richieste di mobilità”. Il numero rimane quindi altissimo, perché significa che per varie motivazioni, comunque, nel 2017 ha presentato richiesta di una nuova scuola un docente di ruolo ogni cinque.
C’è poi il nodo della corretta assegnazione delle sedi. Migliaia di contenziosi ancora in atto per via del disastroso esito dello scorso anno e la mancata trasparenza dall’amministrazione scolastica sull’algoritmo adottato ai fini degli attuali trasferimenti rappresentano un pessimo segnale. E a poco servono le rassicurazioni del Miur: “il sistema di gestione delle operazioni, dopo i previsti collaudi tecnici interni al Miur, è stato preliminarmente testato nel suo funzionamento alla presenza delle Organizzazioni Sindacali, con l’obiettivo di superare le criticità emerse nel 2016”, ha fatto sapere l’amministrazione scolastica centrale.
Gli enormi nodi da sciogliere, pertanto, rimangono due. Il primo riguarda l’altissimo numero di domande di trasferimento presentate. Il fatto che il Miur specifichi che a” differenza del 2016 nessuna docente e nessun docente è stato costretto a spostarsi”, non fa che aggravare la situazione. Perché evidenzia un dato inequivocabile: l’avere immesso in ruolo, con la riforma della Buona Scuola, decine di migliaia di docenti lontano dalla propria provincia di appartenenza. Anche quando i posti erano disponibili in sedi molto più vicine. Questi insegnanti, giustamente, chiedono ora di avvicinarsi.
“Ma in pochi verranno soddisfatti – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – perché la maggioranza degli insegnanti che ha espresso la volontà di cambiare scuola, per avvicinarsi a casa, è del Centro-Sud. Dove, però, risultano molti meno posti disponibili. Il motivo è noto: al Meridione, in particolare, il numero di abbandoni scolastici rimane altissimo, alcuni istituti addirittura chiudono e il numero di cattedre libere è ridotto ai minimi termini. Se si fosse dato ragione all’Anief, che da anni chiede un organico maggiorato proprio per le zone disagiate, ad alta presenza migratoria e con una bassa incidenza culturale del territorio, anche la mobilità ne avrebbe giovato. Invece continua a prevalere la logica del risparmio a tutti i costi, penalizzando il personale ma anche la sempre più invocata continuità didattica, che in questo modo va a farsi benedire”.
Il secondo ordine di problemi è quello della correttezza delle operazioni di mobilità dei docenti: i parametri specifici utilizzati dai tecnici del Miur per impostare l’algoritmo che regola i trasferimenti continuano a essere segreti. Il problema è che occorrono regole chiare e certe. Invece si continua a operare sotto traccia. Il fatto che il 20 per cento degli insegnanti immessi in ruolo continui a presentare domanda la dice lunga sul soddisfacimento della stessa. Come è significativa, a conferma del malessere organizzativo, l’alta percentuale di ricorsi presentati e che, con ogni probabilità, si presenteranno anche quest’anno a seguito degli esiti dei trasferimenti.
“Uno degli aspetti inquietanti del sistema è anche quello della soprannumerarietà di tanti docenti, finiti loro malgrado negli ambiti territoriali: il nostro sindacato continua a raccogliere lamentele e richieste di impugnazione per l’errata formulazione delle graduatorie interne d’istituto. E le norme confuse, spesso illegittime, adottate dal Miur non hanno aiutato”, conclude il sindacalista Anief-Cisal.
A questo proposito, il sindacato ricorda che è sempre disponibile a fornire assistenza legale contro la mancata assegnazione del servizio svolto nelle scuole paritarie, attraverso ricorso al giudice del lavoro impugnando la tabella valutazione dei titoli previsti dalla mobilità 2017/18: l’obiettivo è ottenere, ai fini dell’attribuzione del punteggio, la valutazione del servizio pre-ruolo o di altro servizio di ruolo prestato nella scuola paritaria, ma anche nei percorsi di formazione professionale, nelle scuole comunali, pure nelle piccole isole. Anief ha anche predisposto apposito ricorso per tutti quei docenti a cui non è stato fatto valere il servizio pre-ruolo per intero.
L’impugnazione, inoltre, è ancora possibile in tutti quei casi in cui la tabella di valutazioni dei titoli ha penalizzato il docente, decretando un punteggio ridotto: si va dall’abilitazione SSIS alla specializzazione SSIS di sostegno, dal titolo TFA conseguito (anche sostegno) al servizio pre-ruolo al pari di quello prestato dopo la nomina (punti 6 e per intero), dal doppio punteggio per servizio pre-ruolo in piccole isole, al servizio militare prestato non in costanza di nomina. Il ricorso si può ancora presentare in tutti quei casi in cui al docente di ruolo assegnato su Ambito e con incarico triennale su sede è stato incredibilmente impedito di inserire tra le 5 scuole espresse anche la sede di attuale incarico triennale. Possono ricorrere al giudice del lavoro, infine, i docenti di ruolo su posto di sostegno a cui è stato negato di passare sulla disciplina, perché per giungere ai 5 anni minimi di servizio non è stato calcolato il servizio su sostegno svolto da precario.
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