Secondo il giovane sindacato, la parità dei diritti tra dipendenti a tempo indeterminato e determinato si può fare anche fuori senza l’accordo nell’Atto di Indirizzo in via di definizione: come accaduto in passato, basterebbe fare domani stesso un contratto integrativo a quello vigente, motivato dal fatto che occorre assolutamente adeguarsi alla normativa comunitaria. Si è fatto precedentemente, non si capisce perché ora diventi così complicato. Permangono poi altri nodi da sciogliere: non è accettabile avere 85 euro lordi dopo quasi 10 anni, quando ne andavano assegnati 105 da settembre 2015 per il recupero dell’indennità di vacanza contrattuale, a cui aggiungere poi l’aumento effettivo. La consultazione tra i dipendenti di settore si rende necessaria per avere un parere preventivo sull’ipotesi di contratto che andrà a regolare il loro lavoro dei prossimi anni.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): bisogna attuare da subito un contratto integrativo utile a non discriminare più i supplenti rispetto ai colleghi già immessi in ruolo. Per quel che riguarda l’entità del rinnovo dal punto di vista stipendiale, la consultazione tra i dipendenti di settore si rende necessaria per avere un parere preventivo sull’ipotesi di contratto che andrà a regolare il loro lavoro dei prossimi anni. Secondo noi, è chiaro che non può essere sufficiente assegnare a chi percepisce meno soldi di tutti nello Stato degli aumenti medi così modesti: gli stipendi di docenti, Ata e dirigenti scolastici (che rischiano di perdere addirittura 350 euro) vanno incrementati con aumenti veri, che corrispondono a 210 euro netti, assegnandone 105 da settembre 2015, ovvero tre volte quello che nel 2018 il Governo vuole dare loro. A queste condizioni, è meglio andare a battere cassa in Tribunale, dove tanti giudici hanno dato già ragione all’Anief.
Per questi motivi, Anief prosegue i ricorsi gratuiti per attribuire il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2008-2018. Si ricorda che la violazione della normativa comunitaria riguarda anche la mancata stabilizzazione: si può quindi decidere di ricorrere in tribunale per ottenere scatti di anzianità, il pagamento dei mesi estivi e adeguati risarcimenti. Ai ricorsi sono interessati pure i lavoratori di ruolo.
Iniziano a farsi sentire anche nei tavoli di contrattazione le spinte della Curia europea sull’equiparazione dei lavoratori precari ai colleghi assunti in ruolo: nell’ultimo degli incontri propedeutici all’apertura delle trattative all’Aran, per definire l’Atto di indirizzo con le le linee generali della PA entro cui dovrà “muoversi” il negoziato per il rinnovo del contratto di categoria fermo dal 2009, è arrivata l’apertura della parte pubblica verso l’equiparazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato. “Nel prossimo contratto, dunque, potrebbe non essere più presente la discriminazione tra personale di ruolo e non di ruolo, con equiparazione dal punto di vista economico e giuridico”, ha commentato nelle ultime ore forse un po’ ottimisticamente Orizzonte Scuola.
Premesso che quello dell’equiparazione assoluta tra lavoratori di ruolo e precari è uno dei cavalli di battaglia dell’Anief, secondo il giovane sindacato la parità dei diritti tra dipendenti a tempo indeterminato e determinato si può fare anche fuori senza l’accordo nell’Atto di Indirizzo in via di definizione: come accaduto in passato, basterebbe stipulare, anche domani, un contratto integrativo a quello vigente, motivato dal fatto che occorre assolutamente adeguarsi alla normativa comunitaria. Si è fatto precedentemente, non si capisce perché ora diventi così complicato.
“Fa decisamente piacere sapere che la parte pubblica abbia finalmente recepito le nostre osservazioni – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – ma non si comprende la necessità di inglobare nel contratto nazionale della scuola un accordo che potrebbe essere tranquillamente realizzato come integrazione a quello già vigente. È accaduto nel 2011, a esempio, con la soppressione del primo gradino stipendiale, con i neo-assunti senza precariato bloccati allo stesso stipendio per otto anni. Come è stato fatto allora, può essere fatto ora, perché la materia di trattamento è analoga”.
“La nostra proposta – continua il sindacalista Anief-Cisal - è pertanto quella di attuare da subito un contratto integrativo utile a non discriminare più i supplenti rispetto ai colleghi già immessi in ruolo. Per quel che riguarda, invece, l’entità del rinnovo dal punto di vista stipendiale, la consultazione tra i dipendenti di settore si rende necessaria per avere un parere preventivo sull’ipotesi di contratto che andrà a regolare il loro lavoro dei prossimi anni. Secondo noi, è chiaro che non può essere sufficiente assegnare a chi percepisce meno soldi di tutti nello Stato degli aumenti medi così modesti: gli stipendi di docenti, Ata e dirigenti scolastici (che rischiano di perdere addirittura 350 euro) vanno incrementati con aumenti veri, che corrispondono a 210 euro netti, assegnandone 105 da settembre 2015, ovvero tre volte quello che nel 2018 il Governo vuole dare loro. A queste condizioni – conclude Pacifico – è meglio andare a battere cassa in Tribunale, dove tanti giudici hanno dato già ragione all’Anief”.
Permangono, inoltre, diversi dubbi sull’effettiva volontà del Governo di voler voltare pagina e adeguarsi alle indicazioni che giungono ormai da quasi vent’anni da Bruxelles. Su questo fronte, infatti, a oggi in Italia la realtà è quella di un’amministrazione che, attraverso l’avvocatura dello Stato, continua a difendere con le unghie le norme che tracciano un solco profondo tra il personale assunto a tempo indeterminato e i colleghi che, pur svolgendo il medesimo lavoro con le stesse responsabilità, continuano a essere considerati dei figli di un dio minore.
L’opposizione è tale che il giovane sindacato è sistematicamente costretto a rivolgersi al Tribunale. Oltre che, periodicamente, alla giustizia transnazionale. Come è accaduto con la sentenza Mascolo - C-22/13 sui precari della scuola del 2014, ma anche più di recente con la petizione presso il Parlamento Europeo e la presentazione del reclamo al consiglio d’Europa. E presto con la formalizzazione di un ricorso ad hoc anche alla Cedu, la Corte europea dei diritti dell’Uomo. Le motivazioni, come noto, sono svariate: vanno dalla mancata applicazione degli scatti automatici di anzianità nei periodi di precariato, alla discriminazione per l’accesso ai pubblici concorsi (come quello da dirigente scolastico, in via di pubblicazione che non prevede l’accesso ai precari, benché in possesso dei titoli di accesso e dei cinque anni di servizio richiesti), sino alla mancata assegnazione degli stipendi estivi, pur in presenza di cattedre vacanti (con situazioni clamorosamente vessatorie per i docenti di sostegno e il personale Ata), all’accesso al bonus da 500 euro annuale per la formazione obbligatorie e tanti altri aspetti professionali.
Per non parlare delle mancate immissioni in ruolo dopo 36 mesi, anche non continuativi: l’amministrazione, in pratica, se la vorrebbe cavare con un risarcimento poco più che simbolico, forte dal parere in merito della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 5072 del 15 marzo 2016), per risarcire i precari della Pubblica Amministrazione che non vengono assorbiti nei ruoli dello Stato, che ha ingabbiato la quota tra le 2,5 e le 12 mensilità. Su questo punto, tra l’altro, la Commissione di Giustizia Europea vuole vederci chiaro, avendo avallato, proprio in questi giorni, i dubbi del Tribunale di Trapani, espressi attraverso una precisa questione pregiudiziale, proprio sull’esigua quota risarcitoria e chiedendo spiegazioni ulteriori a chi di dovere. Il risultato di questo braccio di ferro è quello di un Miur sempre più spesso condannato a risarcire ogni dipendente con decine di migliaia di euro. Anche per l’assegnazione degli scatti di anzianità ai precari, come ribadito dalla Cassazione il mese scorso.
Per questi motivi, Anief prosegue i ricorsi gratuiti per attribuire il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2008-2018. Si ricorda che la violazione della normativa comunitaria riguarda anche la mancata stabilizzazione: si può quindi decidere di ricorrere in tribunale per ottenere scatti di anzianità, il pagamento dei mesi estivi e adeguati risarcimenti. Ai ricorsi sono interessati pure i lavoratori di ruolo.
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