Per mercoledì, l’Aran ha convocato il governo e i rappresentanti dei lavoratori per l’avvio della negoziazione, sui temi generali, in previsione dell’imminente accordo sull’Atto di indirizzo preliminare. Sono diverse le problematiche irrisolte: il cumulo degli aumenti con il bonus 80 euro in modo che uno non escluda l’altro; la scarsità degli incrementi medi lordi, solo 85 euro, da mettere sulla parte fondamentale della retribuzione, a cui si aggiunge il salario accessorio che sarà distribuito per merito. Tra le questioni trasversali ai comparti ci sono, oltre alle risorse, i capitoli relativi a orari e ferie, nonché la revisione dei permessi e delle assenze per malattia.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal-Confedir): prima di firmare un contratto del genere, ascoltiamo la ‘base’ con un referendum. Perché dai nostri calcoli servono 2.400 euro di aumenti annui per i docenti e 6mila per i dirigenti. I nodi da sciogliere, tuttavia, non sono solo economici. Riguardano, ad esempio, la perdurante discriminazione del personale precario rispetto a quello di ruolo. E perché per i neo assunti è stato introdotta, con i sindacati rappresentativi d’accordo, l’assurda abolizione del primo scatto stipendiale? E come mai non è stata ancora introdotta la figura del vicario del dirigente scolastico? È giunto poi il momento di ripristinare le 4mila dirigenze scolastiche tagliate negli ultimi dieci anni. Lo stesso vale per il taglio di 50mila Ata e la mancata assunzione di Ata. Tra il personale non docente, inoltre, grida vendetta il trattamento riservato ai Dsga: che fine ha fatto il loro concorso, più volte annunciato dal Miur, come quello dei presidi e dei Coordinatori di segreteria. Inoltre, non si può gestire un Ata come si faceva 20 anni fa, quando le loro competenze erano decisamente diverse. Come bisogna prevedere organici differenziati per il Sud e le zone disagiate. Per questi motivi diffidiamo i sindacati a non svendere la categoria per pochi denari e arretrando sui loro diritti, come la malattia, i permessi e l’orario di lavoro: rappresenterebbe un errore storico, che il personale, mai come stavolta, si legherebbe al dito.
Il sindacato ha già fatto sapere, al tavolo di contrattazione sull’Atto di indirizzo, cheil minimo che il Governo possa proporre è il recupero dell’inflazione indicizzata pari al 7%, come previsto dalla Consulta. A cui si aggiunge la stessa cifra per l’aumento effettivo. Ma siccome sinora non ci sono i presupposti, ha così deciso di presentare ricorso per il recupero totale degli arretrati. Per maggiori informazioni: ricorso Anief; ricorso Udir.
Entra nel vivo la trattativa sul rinnovo contrattuale dei quattro comparti del pubblico impiego, dalla scuola alla sanità: in settimana, mercoledì, l’Aran ha convocato il governo e i sindacati per l’avvio della negoziazione, sui temi generali, in previsione dell’imminente accordo sull’Atto di indirizzo preliminare. Al centro dell’incontro ci saranno, ricorda Orizzonte Scuola, gli atti di indirizzo specifici per medici, insegnanti e dipendenti degli enti locali. L’auspicio è chiudere entro l’anno: tra le problematiche sul tavolo quella relativa al cumulo degli aumenti con il bonus 80 euro in modo che uno non escluda l’altro. La cifra media che si proporrà è di di 85 euro, da mettere sulla parte fondamentale della retribuzione, a cui si aggiunge il salario accessorio che sarà distribuito per merito. Tra le questioni trasversali ai comparti ci sono, oltre alle risorse, i capitoli relativi a orari e ferie, nonché la revisione dei permessi e delle assenze per malattia.
I sindacati Anief e Udir ritengono rilevante la volontà di rinnovare il contratto dei pubblici dipendenti, ancora di più perché arriverebbe dopo quasi un decennio di indecoroso blocco stipendiale. Tuttavia, come in ogni trattativa, le condizioni devono essere accettate in modo bilaterale. Invece, quello che si sta andando a determinare è un contratto dettato in larghissima parte dal datore di lavoro, che in questo caso è la parte pubblica. A iniziare dalla parte economica, visto che siamo fermi a una media di 50 euro netti, con il personale più avanti nella carriera e i dirigenti scolastici a cui andranno solo pochi “spiccioli” perché i loro compensi, nella logica di Robin Hood, sono già soddisfacenti e quindi gli si può chiedere un ulteriore sacrificio.
“Le cose purtroppo stanno diversamente – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario confederale Cisal e organizzativo Confedir, cui aderisce Udir – e sono fatte di un comparto che nell’ultimo decennio ha ricevuto uno stipendio sempre più magro. Per questo, sottoscrivere un rinnovo contrattuale alle condizioni che si prospettano, con aumenti ridicoli, rappresenterebbe un vero tradimento di chi ha delegato i sindacati a rappresentarli: i lavoratori vanno tutelati. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: prima di firmare un contratto del genere, ascoltiamo la ‘base’ con un referendum: sentiamo cosa ne pensano i dipendenti, a iniziare da quelli della scuola che percepiscono in media ormai meno degli impiegati e che provano un forte senso di frustrazione quando leggono i compensi dei loro colleghi europei”.
Per sottoscrivere il nuovo contratto, Anief e Udir hanno calcolato che occorrerebbero 2.400 euro di aumenti annui per i docenti e 6mila euro per i dirigenti. Il calcolo deriva da due fattori: il recupero dell’indennità di vacanza contrattuale, pari al 7% e da conteggiare dal settembre 2015, come stabilito due anni fa la Corte Costituzionale; l’applicazione dei veri e propri aumenti, questi da assegnare dalla firma del contratto che hanno una consistenza analoga. Invece, il Governo ha messo sul piatto la miseria di 83-85 euro lordi a regime, di cui la maggior parte ancora da approvare con la Legge di Bilancio di fine 2017, peraltro da accreditare solo, se va bene, dai primi mesi del 2018. Tanto che, al momento, possiamo contare sulla sicura copertura di appena 36 euro lordi medi a lavoratore.
I nodi da sciogliere, tuttavia, non sono solo quelli relativi alla parte economica. Riguardano, ad esempio, la perdurante discriminazione del personale precario rispetto a quello di ruolo: sono sempre di più i giudici, anche europei, che indicano come illegittimo trattare diversamente un supplente. Quello che attua lo Stato nei suoi confronti è un abuso: gli si richiedono gli stessi doveri, ma poi i diritti sono diversi. Pensiamo agli scatti di anzianità, alla diversità nella fruizione delle ferie, della malattia e dei permessi. Per non parlare dello svolgimento del servizio nei mesi estivi.
“Anziché allineare i diritti, gli abusi nei loro confronti dal 2011 sono addirittura aumentati – continua Pacifico – perché per i neo assunti è stato introdotta, con i sindacati rappresentativi consenzienti, l’assurda abolizione del primo scatto stipendiale. Non mancano, comunque, anche le negazioni al personale di ruolo. Per quale motivo, ad esempio, non è stata ancora introdotta la figura del vicario del dirigente scolastico, con il conseguente mancato riconoscimento giuridico e contrattuale? È giunto poi il momento, visto il fallimento delle scuole autonome, di ripristinare le 4mila dirigenze scolastiche tagliate negli ultimi dieci anni, a partire dall’approvazione della Legge 133/08”.
“La mancata attenzione da parte di chi governa le scuole per la qualità del lavoro di chi vi opera – dice sempre il sindacalista autonomo – si evidenzia anche dal taglio di 50mila Ata e dalla mancata assunzione di amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici. Tra il personale non docente, inoltre, grida vendetta il trattamento riservato ai Dsga, 1.500 dei quali unità di segreteria prestate a svolgere un lavoro più grande di loro in cambio di compensi a dir poco irrisori. Non si comprende, a questo proposito, che fine abbia fatto il loro concorso, più volte annunciato dal Miur, come quello dei presidi e dei Coordinatori di segreteria, ma mai bandito”.
Sempre per il personale Ata, diventa imprescindibile anche adeguare normativamente le nuove funzioni lavorative: non si può gestire una segreteria, un tecnico o un ausiliario come si faceva 20 anni fa, quando le loro competenze erano decisamente diverse. Visto che le promesse non sono state mantenute, sarebbe anche bene che si sottoscriva nero su bianco anche l’esigenza di prevedere organici differenziati, quindi maggiorati, per il Sud e le zone disagiate.
“Per questi motivi – conclude Pacifico – diffidiamo i sindacati a sottoscrivere contratti che non tengano conto di tale indicazioni. È questo il momento di chiedere più risorse, di salvaguardare il personale con una parte normativa del contratto che tuteli le tante figure professionali che operano nelle nostre scuole. Svendere la categoria per pochi denari e arretrando sui loro diritti, a iniziare da quello della malattia sino ai permessi e agli orari di lavoro, rappresenterebbe un errore storico, che il personale, mai come stavolta, si legherebbe al dito”.
Il sindacato ha già fatto sapere, al tavolo di contrattazione sull’Atto di indirizzo, cheil minimo che il Governo possa proporre è il recupero dell’inflazione indicizzata pari al 7%, come previsto dalla Consulta. A cui si aggiunge la stessa cifra per l’aumento effettivo. Ma siccome sinora non ci sono i presupposti, ha così deciso di presentare ricorso per il recupero totale degli arretrati. Per maggiori informazioni: ricorso Anief; ricorso Udir.
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