Per il sindacato, attraverso le due circolari esplicative si è riusciti nell’impresa di fare peggio della norma-madre: sono state imposte rigide disposizioni che precludono la possibilità di far frequentare la scuola agli alunni fino a 6 anni non in regola, minando il diritto allo studio previsto dalla Costituzione italiana, e si conferisce ai presidi una responsabilità, con tutte le incombenze che comporta, che per ovvi motivi non può essere a carico dell’istruzione pubblica ma rimane di carattere puramente medico-sanitario.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Serviva un dibattito e un adeguato confronto con le parti sociali, inoltre lo Stato si è spinto oltre le proprie competenze dimenticando di attivare un adeguato raccordo con la scuola. Il nostro studio legale sta approfondendo i contenuti delle circolari applicative del decreto, per verificare se vi sono i presupposti giuridici per bloccarne gli effetti pratici, anche ricorrendo contro lo stesso decreto. La scuola non può continuare a fungere da ‘imbuto’ dove infilare i problemi sociali. Perché, ad esempio, non si è previsto lo stesso obbligo per tutti coloro che fanno una visita o si ricoverano in ospedale? In altri luoghi di affollamento, se i vaccini sono così rilevanti per la salute pubblica, per quali motivi non è stato adottato lo stesso criterio di indispensabilità delle certificazioni per l’accesso?
Con le due circolari esplicative, pubblicate in queste ore dal Ministero della Salute e da quello dell’Istruzione, che chiariscono i passaggi pratici della Legge n. 119 del 31 luglio scorso, figlia del decreto-legge n. 73 del 7 giugno 2017, si è riusciti nell’impresa di fare peggio della norma-madre: attraverso delle rigide disposizioni, infatti, si preclude la possibilità di far frequentare la scuola agli alunni fino a 6 anni non in regola, minando il diritto allo studio previsto dalla Costituzione italiana, e si conferisce alle dirigenze scolastiche una responsabilità, con tutte le tensioni e gli oneri che comporta, che per ovvi motivi non può essere a carico dell’istruzione pubblica ma rimane di carattere puramente medico-sanitario.
A sostenerlo è l’associazione sindacale Anief che chiede l’immediata sospensione delle circolari per inapplicabilità. Nel contempo, l’organizzazione a tutela dei lavoratori della scuola e pubblici sta valutando se ci sono i presupposti per avviare delle azioni legali finalizzate a impugnare il decreto vaccini obbligatori, soprattutto sul versante dei principi costituzionali lesi.
“Serviva un dibattito e un adeguato confronto con le parti sociali – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – attraverso il quale sarebbero emerse tutte le criticità e perplessità che invece si stanno materializzando ora. A parte il problema, non certo marginale, dell’enorme mole di adempimenti da attuare, caricati sulle spalle di segreterie scolastiche già ridotte all’osso dalla cancellazione di 50mila posti negli ultimi anni e nemmeno supportate con adeguate immissioni in ruolo, con appena un nuovo amministrativo assunto ogni otto istituti, va ricordato che lo Stato non può spingersi oltre le proprie competenze: quella di praticare o meno la vaccinazione a un bambino, più delle basilari, rimane una scelta discrezionale della famiglia. Lo Stato può indicare la strada migliore, fornire consigli adeguati, ma l’ultima parola dovrebbe rimanere a chi detiene la patria potestà del minore”.
“La nostra associazione sindacale – continua Pacifico – chiede pertanto alle istituzioni di prendere atto dei forti dubbi attuativi della norma e rinviare di almeno un anno l’applicazione del decreto approvato in estate con la fiducia delle Camere. È il minimo che si possa fare, se si vuole evitare il caos. Perché manca l’adeguato raccordo con la scuola. Qualora ciò non avvenga, il nostro studio legale sta già approfondendo i contenuti delle circolari applicative del decreto, per verificare se vi sono i presupposti giuridici per bloccarne gli effetti pratici e anche per ricorrere contro lo stesso decreto”.
“La scuola non può continuare a fungere da ‘imbuto’ dove infilare i problemi sociali: viene da chiedersi se le aule scolastiche siano l’unico luogo pubblico dove c’è concentrazione di cittadini. Perché, ad esempio, non si è previsto lo stesso obbligo per tutti coloro che fanno una visita o si ricoverano in ospedale? In altri luoghi di affollamento, se i vaccini sono così rilevanti per la salute pubblica, per quali motivi non è stato adottato lo stesso criterio di indispensabilità delle certificazioni per l’accesso? Sono domande – conclude il rappresentante Anief-Cisal – che avremmo volentieri girato ai promotori e legislatori del decreto vaccini, se solo ci avessero convocato”.
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