Ai 729.668 docenti di ruolo, la maggior parte dei quali opera nella scuola primaria e alle superiori, corrispondono circa 715mila precari “in attesa del posto fisso”. A rilevarlo è una società specializzata nell’erogazione di finanziamenti a dipendenti statali e pensionati che ha pubblicato un’interessante infografica sul corpo insegnante italiano, realizzata sulla base di dati ufficiali incrociati Miur e Ocse, da cui si evince anche che con l’innalzamento dell’età pensionabile l’età media dei docenti supera ormai i 54 anni e circa l’82 per cento del totale è costituito da donne. Dallo studio risulta poi che lo stipendio medio lordo dei nostri docenti di ruolo, escludendo le indennità che nella scuola risultano minime, è pari a 23.896 euro. Si tratta di compensi incredibilmente bassi, che non hanno quasi eguali nei Paesi moderni. E per i precari, gli stipendi sono ancora più esigui.
La “fotografia” mette quindi in evidenza due grosse crepe del nostro sistema scolastico nazionale pubblico: la mancata stabilizzazione dei docenti precari che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio su posto vacante e disponibile; la differenza illegittima del loro stipendio rispetto a quello dei colleghi già stabilizzati. Eppure, sono sempre di più i giudici nazionali e non che indicano come sia illegittimo trattare diversamente un supplente su scatti di anzianità, sulla diversità nella fruizione delle ferie, della malattia e dei permessi. L’ultima sentenza, resa pubblica proprio oggi, giunge dal Tribunale del Lavoro di Trieste che ha accolto in toto il ricorso dei legali Anief, riconoscendo il diritto di una docente, assunta nel 2013, all'integrale e immediato riconoscimento di tutto il servizio svolto durante il precariato e all'applicazione, equiparando tutto il suo servizio a termine a quello svolto a tempo indeterminato, della contrattazione collettiva nazionale economica precedente che riconosceva il diritto al gradone stipendiale 3-8 anni, molto più favorevole rispetto a quello attuale.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): L’equiparazione in toto del personale precario a quello di ruolo deve passare per l’operato del legislatore e non più per le aule di giustizia. Sono troppi anni che ce lo chiede l’Europa. Una mano la possono dare, però, anche i sindacati maggiori, i quali la devono finire di sottoscrivere contratti integrativi che ledono i diritti di una parte del personale che rappresentano. Le regole giurisprudenziali e i diritti devono essere allargati a tutti, senza distinzione di inquadramento: la Cassazione lo ha detto in più occasioni. Si colga l’occasione di questo rinnovo contrattuale, quindi, per fare in modo che l’equiparazione sia effettiva e non solo morale.
Se sei precario, ricorri in tribunale per ottenere scatti di anzianità, il pagamento dei mesi estivi e adeguati risarcimenti. Ai ricorsi sono interessati pure i lavoratori già assunti a tempo indeterminato. Il personale già assunto, inoltre, può presentare ricorso per ottenere l’annullamento del primo “gradone” stipendiale e percepire i compensi aggiuntivi degli anni passati.
In Italia c’è un docente precario per ogni insegnante di ruolo: ai 729.668 docenti di ruolo, la maggior parte dei quali opera nella scuola primaria e alle superiori, corrispondono circa 715mila precari “in attesa del posto fisso”. A rilevarlo è una società specializzata nell’erogazione di finanziamenti a dipendenti statali e pensionati che ha pubblicato un’interessante infografica sul corpo insegnante italiano, realizzata sulla base di dati ufficiali incrociati Miur e Ocse, da cui si evince anche che con l’innalzamento dell’età pensionabile l’età media dei docenti supera ormai i 54 anni e circa l’82 per cento del totale è costituito da donne. Dallo studio risulta poi che lo stipendio medio lordo dei nostri docenti di ruolo, escludendo le indennità che nella scuola risultano minime, è pari a 23.896 euro. Si tratta di compensi incredibilmente bassi che non hanno quasi eguali nei Paesi moderni. E per i precari, gli stipendi sono ancora più esigui.
La “fotografia” mette quindi in evidenza due grosse crepe del nostro sistema scolastico nazionale pubblico: la mancata stabilizzazione dei docenti precari che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio su posto vacante e disponibile; la differenza illegittima del loro stipendio rispetto a quello dei colleghi già stabilizzati. Eppure, sono sempre di più i giudici nazionali e non che indicano come sia illegittimo trattare diversamente un supplente. Quello che attua lo Stato nei suoi confronti è un abuso: gli si richiedono gli stessi doveri, ma poi i diritti sono diversi. Pensiamo agli scatti di anzianità, alla diversità nella fruizione delle ferie, della malattia e dei permessi. Per non parlare dello svolgimento del servizio nei mesi estivi. Tutte condizioni penalizzanti contro cui il sindacato ricorre, ottenendo sempre più spesso ragione dai tribunali.
Intanto, per dire basta all’assurdità dell’abuso di supplenze, piaga tutta italiana visto che anche quest’anno sono state conferite quasi 90mila supplenze annuali, il prossimo mese lo Stato italiano dovrà rispondere all'Anief in Consiglio d'Europa sul reclamo dichiarato ammissibile. La richiesta dell’Anief, riconosciuta dal Comitato Europeo dei diritti sociali come rappresentativa delle istanze del personale docente e Ata, è stata infatti accolta e a Bruxelles è stato dichiarato ammissibile il ricorso 146/17, nel quale si denuncia la ripetuta violazione della Direttiva 1999/70/ UE, ribadita dalla Legge 107/15 e dalle sentenze della SS. UU. della Cassazione (22552 e ss. 2016).
Nel ricorso il sindacato ha evidenziato che a differenza del settore privato, nel pubblico impiego e nella scuola dopo 36 mesi di servizio a tempo determinato non solo non è consentita la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, ma addirittura ora si applica l’espulsione dallo stesso mercato lavorativo. La decisione che ne scaturirà sarà vincolante per le autorità nazionali ai sensi della Carta sociale europea.
Ricordiamo che la Corte di Giustizia EU ha espresso forti perplessità anche sul limite dei 12 mesi di risarcimento sanciti dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 27384/2016); Anief prosegue i ricorsi gratuiti per attribuire il conferimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2008-2018. Si ricorda che la violazione della normativa comunitaria riguarda anche la mancata stabilizzazione: si può quindi decidere di ricorrere in tribunale per ottenere scatti di anzianità, il pagamento dei mesi estivi e adeguati risarcimenti. Ai ricorsi sono interessati pure i lavoratori di ruolo.
Le disposizioni da cambiare, però, non riguardano solo il personale precario. Anche quello neo-assunto va tutelato in tribunale. Perché dal 2011, con l’accordo con i sindacati maggiori, è stato loro sottratto il primo “gradone” stipendiale: quello che prevede la maggiorazione automatica al terzo anno dall’immissione in ruolo. Questi docenti, invece, sono costretti ad attendere addirittura l’ottavo anno per vedere integrare il loro stipendio. Per cancellare questa assurdità, l’Anief ha impugnato la norma. Con i risultati che parlano da soli. Dai tribunali sta emergendo la tesi, infatti, che anche ai docenti immessi in ruolo dopo il 1° settembre 2011, ma con almeno un anno di precariato svolto negli anni precedenti, va applicata la “clausola di salvaguardia” prevista dal CCNL 2011 che prevede il mantenimento del gradone stipendiale “3-8 anni”.
L’ultima sentenza di questo tenore, resa pubblica proprio oggi, giunge dal Tribunale del Lavoro di Trieste che ha accolto in toto il ricorso dei legali Anief, riconoscendo il diritto di una docente, immessa in ruolo nel 2013, all'integrale e immediato riconoscimento di tutto il servizio svolto durante il precariato e all'applicazione, equiparando tutto il suo servizio a termine a quello svolto a tempo indeterminato, della contrattazione collettiva nazionale economica precedente, che riconosceva il diritto al gradone stipendiale 3-8 anni, molto più favorevole rispetto a quello attuale.
“È sempre più evidente – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – che l’equiparazione in toto del personale precario a quello di ruolo debba passare per l’operato del legislatore e non più per le aule di giustizia. Sono troppi anni che ce lo chiede l’Europa. Una mano la possono dare, però, anche i sindacati maggiori, i quali la devono finire di sottoscrivere contratti integrativi che ledono i diritti di una parte del personale che rappresentano. Le regole giurisprudenziali e i diritti devono essere allargati a tutti, senza distinzione di inquadramento: la Cassazione lo ha detto in più occasioni. Si colga l’occasione di questo rinnovo contrattuale, quindi, per fare in modo che l’equiparazione sia effettiva e non solo morale”, conclude Pacifico.
Fai valere i tuoi diritti e presenta ricorso con Anief
Se sei precario, ricorri con il giovane e combattivo sindacato in tribunale per ottenere scatti di anzianità, il pagamento dei mesi estivi e adeguati risarcimenti. Ai ricorsi sono interessati pure i lavoratori già assunti a tempo indeterminato. Il personale già assunto, inoltre, può presentare ricorso per ottenere l’annullamento del primo “gradone” stipendiale e percepire i compensi aggiuntivi degli anni passati.
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