Gli istituti superiori interessati possono ora presentare domanda a Viale Trastevere per una sola sezione ed indirizzo, previa delibera positiva del Collegio dei docenti e del Consiglio d’Istituto, oltre che l’avvenuta presentazione alle famiglie degli studenti attraverso il Piano triennale dell’offerta formativa. Il tutto dovrà assicurare agli allievi il raggiungimento delle competenze e degli obiettivi formativi previsti per il quinto anno di corso, cancellato e spalmato nel quadriennio, sempre nel rispetto delle Indicazioni Nazionali e delle Linee guida. Un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute per decidere quali sono le 100 meritevoli che si aggiudicheranno l’attivazione del corso ridotto. Le proposte dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione. Sono previste anche valutazioni in itinere.
Il sindacato continua ad avere perplessità sull’iniziativa del Miur di allargare il liceo breve: prima di tutto perché rimane vivo il dubbio che l’operazione sottintenda l’obiettivo di tagliare tempo scuola e cattedre. Ma se l’obiettivo è realmente solo quello di “licenziare” gli studenti dal percorso formativo un anno prima, allora basterebbe anticipare la primaria a cinque anni di età, creando un anno cosiddetto “ponte” con maestri di infanzia e primaria in copresenza a supportare gli alunni nel periodo più critico e delicato della loro carriera scolastica. Inoltre, anticipando la scuola a cinque anni, si risolverebbe il problema dei maestri della scuola dell’infanzia estromessi dall’ultima riforma 0-6 anni prevista dalla Legge 107/2015 e rimasti intrappolati, ad oggi senza grosse prospettive di stabilizzazione, nelle vare graduatorie.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Non si può prendere l’Europa come esempio, quando si dice che l’Italia è rimasto uno dei pochi Paesi dove gli studenti finiscono la scuola secondaria a 19 anni, e ignorare le indicazioni che la stessa Unione Europea continua a dare attraverso sentenze esemplari che ribadiscono, ad esempio, la tesi dell’equiparazione del personale, a seguito delle croniche discriminazioni attuate a trecentosessanta gradi verso i lavoratori precari sfruttati, licenziati e riassunti sempre con lo stesso stipendio anche per decenni come se nulla fosse. Per non parlare delle indicazioni di Eurostat che anche di recente si è soffermata sugli stipendi ridicoli dei docenti italiani rispetto a quelli dei colleghi europei, che ora il Governo vuole ritoccare in avanti con qualche decina di euro. Rimane forte il dubbio che dietro alla sperimentazione vi sia l’obiettivo del risparmio a discapito dell’utenza scolastica e di chi si adopera ogni giorno per garantirla.
Parte ufficialmente il percorso che porterà al cosiddetto liceo breve: da poche ore è stata fornita l’opportunità a tutti gli istituti liceali e tecnici d’Italia di fornire la loro candidatura al Miur per attuare la sperimentazione di percorsi di studio in quattro anni anziché cinque. Il Ministero dell’Istruzione ha infatti pubblicato on line il decreto che dà l’avvio al Piano nazionale di sperimentazione annunciato la scorsa estate: le scuole superiori interessate hanno tempo fino al 13 novembre prossimo per presentare domanda a Viale Trastevere per una sola sezione ed indirizzo, previa delibera positiva del Collegio dei docenti e del Consiglio d’Istituto, oltre che l’avvenuta presentazione alle famiglie degli studenti attraverso il Piano triennale dell’offerta formativa. Il tutto dovrà assicurare agli allievi il raggiungimento delle competenze e degli obiettivi formativi previsti per il quinto anno di corso, cancellato e spalmato nel quadriennio, sempre nel rispetto delle Indicazioni Nazionali e delle Linee guida.
Saranno i dirigenti ministeriali ad avere l’onere di vagliare quali progetti formativi meritano di figurare tra i 100 che poi si aggiudicheranno l’attivazione del corso ridotto. “Un’apposita Commissione tecnica – scrive Orizzonte Scuola - valuterà le domande pervenute. Le proposte dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, in particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici”.
Sono previste anche valutazioni in itinere: “un Comitato scientifico nazionale valuterà l’andamento nazionale del Piano di innovazione e predisporrà annualmente una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale. Fino ad ora sono state 12 in tutta Italia le scuole che hanno sperimentato percorsi quadriennali sulla base di progetti di istituto autorizzati di volta in volta dal Ministero. Per rendere maggiormente valutabile l’efficacia della sperimentazione e per consentirne una maggiore diffusione territoriale viene previsto, ora, un bando nazionale con criteri comuni per la presentazione dei progetti che partiranno nell’anno scolastico 2018/2019”.
“Il progetto della sperimentazione quadriennale prende le mosse dalla riforma dei cicli scolastici messa a punto dal Ministro Berlinguer nel 2000 – non entrata in vigore perché poi bloccata dalla Ministra Moratti – e successivamente ripresa dalla commissione di studio istituita nel 2013 dal Ministro Profumo, incaricata di elaborare delle proposte per abbreviare il percorso scolastico con lo scopo di far conseguire il diploma entro il diciottesimo anno di età”. Successivamente, “la Ministra Carrozza, nell’anno scolastico 2013/2014, autorizzò due progetti sperimentali proposti da due scuole che già avevano caratteristiche di forte internazionalizzazione: il San Carlo di Milano e il Guido Carli di Brescia. Da allora sono sempre state le scuole a fare richiesta a ‘sportello’ di sperimentazione quadriennale. Ora si procederà, appunto, con una sperimentazione a livello nazionale al termine della quale, nel 2023, i risultati dovranno essere discussi con tutti i rappresentanti del mondo della scuola e con i decisori politici”.
Il sindacato continua ad avere perplessità sull’iniziativa del Miur di allargare il liceo breve: prima di tutto perché rimane vivo il dubbio che l’operazione sottintenda l’obiettivo di tagliare un anno di corso di studio e cancellare, una volta a regime, qualcosa come 35mila cattedre. Ma se l’obiettivo è realmente solo quello di “licenziare” gli studenti dal percorso formativo un anno prima, allora basterebbe anticipare la primaria a cinque anni di età, creando un anno cosiddetto “ponte” con maestri di infanzia e primaria in copresenza a supportare gli alunni nel periodo più critico e delicato della loro carriera scolastica. Inoltre, anticipando la scuola a cinque anni, si risolverebbe il problema dei maestri della scuola dell’infanzia estromessi dall’ultima riforma 0-6 anni prevista dalla Legge 107/2015 e rimasti intrappolati, ad oggi senza grosse prospettive di stabilizzazione, nelle vare graduatorie.
“Al Ministero – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – devono fare chiarezza: non si può prendere l’Europa come esempio, quando si dice che l’Italia è rimasto uno dei pochi Paesi dove gli studenti finiscono la scuola secondaria a 19 anni, e ignorare le indicazioni che la stessa Unione Europea continua a dare attraverso sentenze esemplari che ribadiscono, ad esempio, la tesi dell’equiparazione del personale, a seguito delle croniche discriminazioni attuate a trecentosessanta gradi verso i lavoratori precari sfruttati, licenziati e riassunti sempre con lo stesso stipendio anche per decenni come se nulla fosse”.
“Per non parlare – continua il sindacalista – delle indicazioni di Eurostat che anche di recente si è soffermata sugli stipendi ridicoli dei docenti italiani rispetto a quelli dei colleghi europei, che ora il Governo vuole ritoccare in avanti con qualche decina di euro dopo quasi dieci anni di blocco. E che dire delle ore di lavoro settimanali di lezione dei maestri e professori del vecchio Continente, decisamente più basse di quelle dei nostri? Per questi motivi, rimane forte il dubbio che dietro alla sperimentazione del liceo quadriennale vi sia quindi il solito obiettivo del risparmio a discapito dell’utenza scolastica e di chi si adopera ogni giorno per garantirla”.
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