I dati, diffusi oggi, sono contenuti nel ‘Rapporto 2017 sulle migrazioni interne in Italia’ dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche: per i curatori del rapporto le migrazioni e il pendolarismo del personale docente nelle scuole italiane rappresentano “un fenomeno sociale importante e radicato nel tempo”. Per “i docenti non di ruolo le zone di maggiore emigrazione sono risultate Basilicata, Sicilia e Campania, mentre le regioni più attrattive sono Toscana, Piemonte e Lazio: il flusso più consistente va dalla provincia di Napoli a quella di Roma, e dalla Sicilia verso le zone di Milano e Torino. Le province dove l’impatto degli insegnanti migranti è risultato più forte sono state Bergamo, Bologna, Reggio Emilia, Asti e Alessandria”: rimane poi in vita il “pendolarismo quotidiano con partenza notturna degli insegnanti che si muovono dalle province di Napoli e Caserta per andare a Roma, dove si recano per una supplenza anche solo giornaliera”. La distanza media percorsa dai docenti precari di Palermo e Catania è di 788 e 854 Km, con Milano e Torino come destinazioni preferite. La distanza media dei docenti precari della provincia di Napoli che si iscrivono alle graduatorie fuori regione è 523 Km, con Roma, Firenze e Milano come destinazioni preferite. Nell’87% dei casi a muoversi sono le donne.
Per il sindacato, considerando che i dati si fermano al 2015, le prossime rilevazioni conterranno certamente percentuali di spostamenti ancora maggiori. Basti pensare ai 9mila assunti con la Fase B della Buona Scuola, i quali, sebbene avessero lustri di precariato alle spalle, sono stati “sbattuti” fuori provincia e regione, pur in presenza di posti liberi vicino casa.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Con l’ultima riforma, la Legge 107/2015, i nostri candidati docenti sono diventati delle ‘pedine’ in mano all’amministrazione: perché pur essendoci dei posti vacanti, continuando ad essere collocati nell’organico di fatto, le vacanze maggiori, utili alle supplenze al 31 agosto e anche alle immissioni in ruolo, risultano concentrate in alcune regione. C’è anche chi ha detto no a questo ricatto. Ma lo ha pagato a caro prezzo, rimanendo quasi sempre precario e collocato in province avare di disponibilità di cattedre. È ora di finirla: sarebbe bene che uno dei primi provvedimenti normativi del nuovo prossimo Governo sia proprio quello di cancellare le assunzioni coatte fuori provincia. Oltre a far confluire sull’organico di diritto circa 80mila posti, di cui la metà di sostegno oggi congelati su quello di fatto, proprio per evitare che vadano alla mobilità e alle assunzioni a tempo indeterminato.
Fare l’insegnante in Italia è una scelta nobile, ma che può portare molto lontano da casa: lo sanno bene i 20.000 docenti precari che in occasione dell’ultima apertura delle Graduatorie ad Esaurimento si sono spostati dal Sud al Centro-Nord; ma anche gli 8mila di ruolo che nel 2015 hanno ottenuto il trasferimento dal Centro-Nord al Sud per avvicinarsi alla terra d’origine. I dati, diffusi oggi, sono contenuti nel ‘Rapporto 2017 sulle migrazioni interne in Italia’, un volume dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche che verrà presentato il 7 novembre a Roma presso la sede centrale del Cnr.
La ricerca, i cui dati sono scaricabili dal sito internet https://migrazioninterne.it/indici/rapporto-2017/, ha evidenziato come le migrazioni e il pendolarismo del personale docente nelle scuole italiane rappresentino “un fenomeno sociale importante e radicato nel tempo”. Dopo aver verificato che “nell’anno scolastico 2016-17 gli insegnanti” erano “855.829, l’11,8% in più rispetto a cinque anni prima”, lo studio si è focalizzato sugli spostamenti: per “i docenti non di ruolo le zone di maggiore emigrazione sono risultate Basilicata, Sicilia e Campania, mentre le regioni più attrattive sono Toscana, Piemonte e Lazio: il flusso più consistente va dalla provincia di Napoli a quella di Roma, e dalla Sicilia verso le zone di Milano e Torino. Le province dove l’impatto degli insegnanti migranti è risultato più forte sono state Bergamo, Bologna, Reggio Emilia, Asti e Alessandria: rimane poi in vita il pendolarismo quotidiano con partenza notturna degli insegnanti che si muovono dalle province di Napoli e Caserta per andare a Roma, dove si recano per una supplenza anche solo giornaliera”.
I ricercatori hanno poi constatato che “al contrario, tra i docenti di ruolo prevale la tendenza a chiedere il trasferimento dal Centro-Nord al Sud: in questo caso – ha spiegato Michele Colucci, uno dei curatori del libro - il flusso più consistente è quello Roma-Napoli, in direzione opposta a quella dei precari”. Concludendo che la mobilità degli insegnanti in Italia coinvolge “sia i docenti con contratto a termine sia tra quelli di ruolo: il 10,5% degli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento nel 2014 ha scelto una regione diversa rispetto al 2011: circa 20.000 docenti si sono spostati dal Sud al Centro-nord. Tra gli insegnanti di ruolo, invece, nel 2015 il 5,9% si è trasferito in una regione diversa da quella in cui insegnava nel 2012: circa 8.000 di loro si sono cioè spostati dal Centro-nord al Sud, tornando evidentemente nei luoghi di origine dopo una esperienza al nord”, ha detto Stefano Gallo, l’altro ricercatore autore dello studio.
“Si tratta in genere di spostamenti di lunga distanza e coloro che si spostano tra le diverse aree del paese sono più di quelli che si spostano all’interno delle stesse aree. La distanza media percorsa ad esempio dai docenti precari di Palermo e Catania interessati a insegnare fuori regione è rispettivamente di 788 e 854 Km, con Milano e Torino come destinazioni preferite. La distanza media dei docenti precari della provincia di Napoli che si iscrivono alle graduatorie fuori regione è 523 Km, con Roma, Firenze e Milano come destinazioni preferite. La prevalenza di genere degli insegnanti migranti rispecchia quella generale del corpo docente: a muoversi sono soprattutto le donne. L’87% delle iscrizioni in graduatoria in altra provincia nel 2014 è attribuibile alle docenti precarie”. “I cambiamenti delle logiche di selezione e di accesso incentivano i movimenti migratori”, ha detto ancora Colucci. “La scuola è un gigantesco mercato del lavoro gestito dallo Stato, ma dobbiamo ripensare l’immagine dell’insegnante obbediente e docile: proprio il tema della mobilità rivela la rilevanza delle lotte e delle resistenze opposte alle scelte operate ‘dall’alto’, molto evidente nella storia, soprattutto nel periodo fascista”, ha concluso Gallo.
Il sindacato Anief non prova alcuna meraviglia per le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori del Cnr. Si tratta, infatti, del risultato inevitabile delle scelte scellerate fatte con la Buona Scuola. Proprio per questo, considerando che i dati si fermano al 2015, le prossime rilevazioni conterranno certamente percentuali di spostamenti ancora maggiori. Basti pensare ai 9mila assunti con la Fase B della Buona Scuola, i quali, sebbene avessero lustri di precariato alle spalle, sono stati “sbattuti” fuori provincia e regione, pur in presenza di posti liberi vicino casa, per colpa del famigerato algoritmo impazzito creato dagli informatici del Miur. Presto, questi insegnanti, giustamente, tenteranno di avvicinarsi.
“La ricerca del Cnr – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – ci conferma quello di cui già avevamo contezza: oggi più che mai, un aspirante insegnante ha buone possibilità di doversi spostare. Sia per fare le supplenze, sia in caso di assunzione. Con l’ultima riforma, la Legge 107/2015, i nostri candidati docenti sono diventati delle ‘pedine’ in mano all’amministrazione: perché pur essendoci dei posti vacanti, continuando ad essere collocati nell’organico di fatto, le vacanze maggiori, utili alle supplenze al 31 agosto e anche alle immissioni in ruolo, risultano concentrate in alcune regione”.
“Certamente – continua il sindacalista Anief-Cisal – c’è anche chi ha detto no a questo ricatto. Ma lo ha pagato a caro prezzo, rimanendo quasi sempre precario e collocato in province avare di disponibilità di cattedre. È ora di finirla con questo modo di procedere: sarebbe bene che uno dei primi provvedimenti normativi del nuovo prossimo Governo sia proprio quello di cancellare le assunzioni coatte fuori provincia. Oltre a far confluire sull’organico di diritto circa 80mila posti, di cui la metà di sostegno oggi congelati su quello di fatto, proprio per evitare che vadano alla mobilità e alle assunzioni a tempo indeterminato”.
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