A distanza di due anni dall’approvazione della Legge 107/15, le disposizioni normative sulle immissioni in ruolo dalla Sicilia alla Val d’Aosta rischiano di cadere per mano di un Governo “amico”, quello attuale che fa capo al premier Paolo Gentiloni. A farlo intendere, parlando dell’eccessivo pendolarismo degli insegnanti italiani costretti a spostarsi al nord, loro malgrado, è stata la Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli.
Nel disegno organizzativo che sta realizzando la Ministra per il futuro prossimo ci sono dei docenti precari che “sceglieranno a monte per quale regione concorrere e dunque saranno consapevoli fin dall’inizio che la vita professionale potrebbe svolgersi a chilometri di distanza dalla propria famiglia e dai propri affetti”. Non come accaduto con il piano straordinario di immissioni in ruolo e un conseguente algoritmo “pazzo”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Quello che forse sconvolge il sistema è l’assoluta nonchalance con la quale la Ministra Fedeli ‘bolla’ quella parte di riforma prodotta dal suo stesso partito, con cui, attraverso un meccanismo matematico segretato si è disposto della vita di decine di migliaia di persone, prima che di docenti. A distanza di 26 mesi, la Fedeli, cassando quella norma, ammette che è stata una scelta errata imporla contro il volere di tutti. Trovando una soluzione che non convince: perché, anziché tornare alle graduatorie per province, si introduce la scelta dell’ambito regionale. Come se tra Mantova e Varese, situate nella stessa Regione, non vi siano oltre 230 chilometri di distanza e tre ore di viaggio. Per questo, abbiamo chiesto da tempo di cancellare le assunzioni coatte fuori provincia. Oltre a far confluire sull’organico di diritto, circa 80mila posti, di cui la metà su sostegno, oggi ancora congelati su quello di fatto. È ora di finirla con i Ministri dell’Istruzione che prima di terminare il mandato fanno di tutto, anche ribaltare le riforme prodotte dal proprio partito, pur di far approvare delle leggi, nel tentativo esclusivo di non farsi dimenticare.
Le assunzioni coatte fuori regione, pure a mille chilometri da casa, hanno rappresentato uno dei tasselli centrali della riforma Buona Scuola, la Legge 107 del 2015 voluta a tutti costi dall’accoppiata Renzi-Giannini: ora, a distanza di due anni, quelle disposizioni normative rischiano di cadere per mano di un Governo “amico”, quello attuale che fa capo al premier Paolo Gentiloni. A farlo intendere, parlando dell’eccessivo pendolarismo degli insegnanti italiani costretti a spostarsi al nord, loro malgrado, per essere immessi in ruolo, è stata la Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli.
Nel disegno organizzativo che sta realizzando la Ministra per il futuro prossimo ci sono dei docenti precari che “sceglieranno a monte per quale regione concorrere e dunque saranno consapevoli fin dall’inizio che la vita professionale potrebbe svolgersi a chilometri di distanza dalla propria famiglia e dai propri affetti. Non come accaduto con il piano straordinario di immissioni in ruolo e un conseguente algoritmo “pazzo”, che ha destinato docenti in giro per l’Italia senza un meccanismo trasparente”, sottolinea giustamente Orizzonte Scuola.
Dalle pagine del Corriere della Sera ed. Milano, la stessa Ministra dell’Istruzione sostiene che in futuro la situazione migliorerà, perché “con il nuovo concorso a cattedra che verrà lanciato nel 2018, i docenti potranno scegliere in quale regione candidarsi (e quindi a quale regione essere destinati)”.
Il sindacato, visti i precedenti, nutre fortissimi dubbi sul fatto che il nuovo reclutamento possa convogliare verso una gestione più sana dei precari da assumere a tempo indeterminato. Prima di tutto perché si è prodotto un meccanismo normativo, senza prima estirpare il precariato storico: si vogliono infatti introdurre delle nuove graduatorie regionali, tipo le cosiddette Grame, come se non bastavano le attuali GaE e d’Istituto. Ma, soprattutto, si vuole allestire un meccanismo di reclutamento che, in un modo o nell’altro, andrà comunque ad assorbire il medesimo personale in procinto di essere assunto o comunque con una certa esperienza, su almeno il 50 per cento dei posti vacanti e disponibili.
“Tanto valeva, allora, assumerli subito, anziché sottoporli all’ennesimo colloquio e percorso formativo”, commenta con amarezza Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal. “Ma quello che più forse sconvolge il sistema è l’assoluta nonchalance con la quale la Ministra Fedeli ‘bolla’ quella parte di riforma prodotta dal suo stesso partito, con cui, attraverso un meccanismo matematico segretato si è disposto della vita di decine di migliaia di persone, prima che di docenti. Di questi, ricordiamo, oltre 9mila sono quei precari di vecchia data inseriti nelle GaE e immessi in ruolo con la fase B del piano di assunzioni del 2015”.
“Molti di questi insegnanti – continua Pacifico - hanno dovuto rivolgersi al giudice per ottenere giustizia, mentre dal Miur si continuava a sostenere la linea del ‘tutto bene tutto a posto’. Oggi, a distanza di 26 mesi, la Fedeli, cassando quella norma, ammette indirettamente che è stata una scelta errata imporla contro il volere di tutti. Trovando una soluzione, tra l’altro, che non convince: perché, anziché tornare alle graduatorie suddivise per province, si introduce la scelta dell’ambito regionale. Come se tra Mantova e Varese, situate nella stessa Regione, non vi siano oltre 230 chilometri di distanza e tre ore di viaggio da coprire all’andata, più altrettante al ritorno”.
“Il nostro sindacato – dice ancora il sindacalista autonomo – solo qualche settimana fa, in occasione della presentazione del ‘Rapporto 2017 sulle migrazioni interne in Italia’ dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Cnr, aveva chiesto di cancellare le assunzioni coatte fuori provincia. Oltre a far confluire sull’organico di diritto, circa 80mila posti, di cui la metà su sostegno, oggi ancora congelati su quello di fatto: proprio per evitare che vadano alla mobilità e alle immissioni in ruolo. È ora di finirla con i Ministri dell’Istruzione che prima di terminare il mandato fanno di tutto, anche ribaltare le riforme prodotte dal proprio partito, pur di far approvare delle leggi, nel tentativo esclusivo di non farsi dimenticare: il bene degli alunni - conclude Pacifico – vale di più dell’egocentrismo o delle carriere politiche da salvaguardare”.
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