Per chi la pensione già la riceve torna la rivalutazione, dopo anni di blocco e inflazione negativa: i pensionati potranno ottenere da gennaio 2018 un incremento dell’1,3% sull’importo attuale, ma analizziamo i dettagli.
Gli anni 2012 e 2013 hanno caratterizzato il blocco dell’aumento delle pensioni; successivamente, gli anni 2016 e 2017 sono stati caratterizzati dall’inflazione negativa. Finalmente, a partire da gennaio 2018 i pensionati potranno ottenere un incremento dell’1,3% sull’importo attualmente in pagamento.
Va precisato che l’adeguamento pieno dell’inflazione viene riconosciuto esclusivamente per gli assegni pensionistici di importo fino a tre volte il trattamento minimo INPS (quest’anno pari a 502 euro mensili). In base al meccanismo introdotto con effetto dal 2014 (legge n. 147/2013) e prorogato fino al 2018, per gli importi superiori a 3 volte il minimo e fino a 4 viene riconosciuto il 95% dell’inflazione, oltre 4 e fino a 5 il 75%, oltre 5 e fino a 6 il 50%, oltre 6 il 45% (v. Tabella A).
Per far chiarezza sul fronte dell’adeguamento delle pensioni è corretto ripercorrere l’evoluzione normativa che ha portato i pensionati italiani a vedersi bloccato l’adeguamento della pensione negli ultimi anni; è giusto ricordare che dal 2019 si ritornerà al vecchio meccanismo di adeguamento, certamente più favorevole per coloro che ricevono assegni di importo superiore a 3 volte il minimo.
Anief ricorda che la norma di riferimento che rapporta l’adeguamento della pensione all’inflazione è l’articolo 34, della legge 448/1998: tale articolo non è mai stato abrogato. La sua applicazione è stata disposta dall’articolo 69 della legge 388/2000, in base alla quale la fascia di importo fino a 3 volte il trattamento minimo veniva rivalutata in misura pari al 100% dell’inflazione; per la fascia tra 3 e 5 volte si applicava il 90%; per la fascia superiore si riconosceva il 75% dell’inflazione (v. Tabella A).
Il blocco della rivalutazione
La rivalutazione delle pensioni negli ultimi anni è stato pane quotidiano: la notizia è rimbalzata in tutte le maggiori testate giornalistiche nazionali. Nella fattispecie ha avuto inizio con la riforma Monti-Fornero (legge 214/2011) che ha bloccato la rivalutazione dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo, fino alla sentenza della Corte Costituzionale (n. 70 del 2015) che ha dichiarato l’illegittimità della norma stessa, costringendo il Governo a correre ai ripari portandolo all’approvazione di un decreto (n. 65/2015 convertito nella legge n. 109/2015) per fronteggiare e sanare tale questione. Nell’estate del 2015, relativamente agli anni 2012 e 2013, c’è stata una restituzione parziale del danno cagionato a migliaia di pensionati italiani, solo parzialmente sanato mediamente la restituzione di meno del 12% del totale della mancata indicizzazione della perequazione (v. Tabella B).
Nel grafico 1 viene rilevato l’arretrato riconosciuto rispetto alla rivalutazione persa e sono state sommate sia le perdite che le restituzioni su tutto il periodo compreso tra il 2012 e il 2016. Per un importo pari a quattro volte il minimo Inps (1.873 euro mensili lorde e 1.491 nette) la perdita netta è di circa quattromila euro, la restituzione ammonta a 853 euro, pari al 21% della perdita.
Le corrispondenti percentuali per importi pari a cinque e sei volte sono rispettivamente dell’11% e del 5%.
L’Anief ha da sempre ritenuto che il decreto n. 65 non abbia posto in essere le condizioni di ripristino dell’equità tra migliaia di pensionati coinvolti e che quanto è stato restituito rimane lontano dalle aspettative attese per riparare al danno perpetrato negli anni a spese di ex lavoratori che per lungo tempo hanno versato, nelle casse dello Stato, contributi in misura fissa e non soggetti a nessuna “rivalutazione” di sorta.
Attualmente il problema che Anief rileva, e rimasto irrisolto, è quello rappresentato dal reddito dei pensionati ai quali sono stati negati diritti acquisiti negli anni e per i quali ci si auspica una riduzione del carico fiscale che è più pesante rispetto ai lavoratori.
Il giovane sindacato Anief ha siglato una convenzione con il Centro servizi Cedan, società autorizzata a erogare, per mezzo della confederazione Cisal, servizi di Caf e patronato; presso gli sportelli Anief è possibile, tramite i referenti Cedan, conoscere le ultime novità sul panorama fiscale e previdenziale.
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