Dal 1° settembre 2018 a lasciare il servizio saranno nei prossimi mesi tra i 40mila e i 50mila dipendenti. Si vanno ad aggiungere a quelli già oggi disponibili su disciplina, alle 40mila cattedre di sostegno in deroga, ad altre 20mila spostate con l’ultima Legge di Stabilità dall’organico di fatto a quello diritto: la prossima estate ci ritroveremo con una quantità enorme di posti vacanti. Si tratta di cattedre che andrebbero assegnate come prevede la legge, ai precari e ai vincitori di concorso attraverso contratti a tempo indeterminato. A meno che non si voglia incentivare la “supplentite”. Ma ci sono candidati utili per coprirli? La risposta è negativa, almeno con le regole vigenti. Perché in attesa del nuovo reclutamento che porterà in cattedra in modo definitivo i primi docenti vincitori dei nuovi concorsi riservati non prima del 2021 (gli attuali abilitati di seconda fascia d’istituto) e con i nuovi che si metteranno in lista di attesa per diventare docente e che dovranno attendere almeno sei-sette anni, tra concorso pubblico e formazione triennale.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Al Miur fanno finta di dimenticare che ci sono decine di migliaia di docenti già selezionati e formati, i quali non aspettano altro per subentrare sui tanti posti privi di titolare. Sono tutti gli abilitati degli ultimi otto anni, vittime della ingiustificata chiusura delle GaE, le stesse che l’Anief ha fatto riaprire dai giudici nel 2008 e nel 2012. Nella prima occasione perché si stavano esaurendo le Ssis, mentre nel secondo caso perché non erano ancora partiti i Tfa. Adesso c’è un motivo altrettanto valido. Per questo, continuiamo a chiedere al Governo di approvare con urgenza un decreto ad hoc, del quale possano beneficiare innanzitutto quei docenti che la Buona Scuola ha ignorato. A partire, certo, dai diplomati nella scuola magistrale, a cui il Consiglio di Stato con l’adunanza plenaria ha stoppato il passaggio nelle graduatorie ad esaurimento ma che lo stesso organo di giustizia continua ad avallare con sentenze a parte. La loro riapertura riguarderebbe anche gli abilitati con Tfa, Pas e Scienze della formazione primaria, pure loro ad oggi senza alcuna prospettiva, se non quella di vedersi negare le supplenze lunghe al compimento del trentaseiesimo mese di precariato. Il Governo faccia incontrare quella che gli economisti chiamano ‘domanda e offerta’. In caso contrario, attueremo mobilitazioni, scioperi e una guerra legale senza precedenti. Con il coinvolgimento della giustizia europea, della Cassazione e dei singoli tribunali, dove sicontinua a risarcire i precari per via dei mesi estivi, degli scatti di anzianità e altri diritti illegittimamente negati.
Trova conferme la notizia delle oltre 35mila domande volontarie presentate per lasciare la scuola dal 1° settembre 2018: i dati sono parziali, ma sufficienti per tracciare un primo quadro sull’alto numero di posti che si andranno a liberare e che occorrerà coprire. Anche se manca ancora “il numero di coloro che verranno collocati a riposo d’ufficio o a seguito della domanda di accesso all’Ape sociale”, risultano comunque “sicuramente già altamente significativi”, scrive Orizzonte Scuola. Perché considerando anche coloro che verranno collocati a riposo d’ufficio o a seguito della domanda di accesso, complessivamente, tra docenti e Ata, a lasciare il servizio saranno nei prossimi mesi tra i 40mila e i 50mila dipendenti. Se si sommano questi posti destinati a diventare vuoti a quelli già oggi disponibili su disciplina, alle 40mila cattedre di sostegno in deroga, ad altre 20mila spostate con l’ultima Legge di Stabilità dall’organico di fatto a quello diritto, la prossima estate ci ritroveremo con una quantità enorme di posti vacanti, non molto distante delle 150mila unità.
Si tratta di cattedre che andrebbero assegnate come prevede la legge, ai precari e ai vincitori di concorso attraverso contratti a tempo indeterminato. A meno che non si voglia incentivare la “supplentite”. Ma ci sono candidati utili per coprirli? La risposta è negativa, almeno con le regole vigenti. Perché in attesa del nuovo reclutamento che porterà in cattedra in modo definitivo i primi docenti vincitori dei nuovi concorsi riservati non prima del 2021 (gli attuali abilitati di seconda fascia d’istituto) e con i nuovi che si metteranno in lista di attesa per diventare docente e che dovranno attendere almeno sei-sette anni, tra concorso pubblico e formazione triennale.
“Le nuove selezioni – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – previste dalla Legge 107/2015 e dalla delega sulla formazione iniziale sul nuovo reclutamento entreranno a regime solo nel 2024. Nel frattempo bisognerà svuotare GaE e le graduatorie di merito. Molte di queste liste di attesa, tuttavia, sappiamo bene che per certe classi di concorso sono già senza più candidati. Ci sono delle discipline, come la Matematica e Scienze alle medie ma anche tante materie tecniche alle superiori, nelle quali si ‘pesca’ ormai da tempo solo da graduatoria d’istituto. Al Miur però fanno finta di dimenticare che ci sono decine di migliaia di docenti già selezionati e formati, i quali non aspettano altro per subentrare sui tanti posti privi di titolare: sono tutti gli abilitati degli ultimi otto anni, vittime loro malgrado della ingiustificata chiusura delle GaE, le stesse che l’Anief ha fatto riaprire dai giudici nel 2008 e nel 2012”.
“Nella prima occasione – continua Pacifico – perché si stavano esaurendo le Ssis, mentre nel secondo caso perché non erano ancora partiti i Tfa. Adesso c’è un motivo altrettanto valido. Per questo, continuiamo a chiedere al Governo di approvare con urgenza un decreto ad hoc, proprio di riapertura delle GaE, del quale possano beneficiare innanzitutto quei docenti che la Buona Scuola ha ignorato. A partire, certo, dai diplomati nella scuola magistrale, a cui il Consiglio di Stato con l’adunanza plenaria ha stoppato il passaggio nelle graduatorie ad esaurimento ma che lo stesso organo di giustizia continua ad avallare con sentenze a parte. La riapertura delle GaE riguarderebbe anche gli abilitati con Tfa, Pas e Scienze della formazione primaria, pure loro ad oggi senza alcuna prospettiva, se non quella di vedersi negare le supplenze lunghe al compimento del trentaseiesimo mese di precariato anche non continuativo”.
“È un concetto che sosteniamo da tempo, ma che ora appare l’unico per salvare la situazione che si è venuta a creare. Per il bene della scuola, degli studenti e del personale. Il Governo permetta una volta per tutte di stabilizzare chi è stato formato e ha dimostrato di sapere fare questo mestiere, facendo incontrare quella che gli economisti chiamano ‘domanda e offerta’. In caso contrario, abbiamo promesso mobilitazioni, scioperi e una guerra legale senza precedenti. Con il coinvolgimento della giustizia europea, della Cassazione e pure di singoli tribunali, dove sicontinua a risarcire i precari per via dei mesi estivi, degli scatti di anzianità e altri diritti illegittimamente negati”.
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