L’Aran si dice disposta a trasformare in aumenti i fondi del merito professionale, pari a 200 milioni di euro annui, solo se questi saranno comunque gestiti dai presidi. Pertanto, non ci sarà alcuna distribuzione a pioggia per aumentare gli stipendi. Non è applicabile, inoltre, la proposta di introdurre nella parte tabellare dello stipendio i fondi stanziati, con la Legge 107/2015, per l’aggiornamento professionale. Questo andamento della trattativa fa ancora più rabbia quando si legge che i sindacati rappresentativi delle Forze armate, di sicurezza e di polizia hanno sottoscritto con l’Aran un rinnovo contrattuale che porterà tra i 125 e i 132 euro medi a lavoratore. Per non parlare del tentativo della parte pubblica di inserire delle norme peggiorative con sanzioni disciplinari e i “campi di divieto” che andrebbero incrementati.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Quando abbiamo parlato di proposta irricevibile dell’Aran avevamo i nostri motivi. Perché uno stipendio inadeguato va aumentato con risorse adeguate. E pensare di coprire i vuoti con delle ‘partite di giro’ è un’operazione di difficile realizzazione. Ancora di più se queste si possono rivelare delle ‘polpette avvelenate’. Perché in cambio di pochi spiccioli, l’amministrazione arriva a chiedere più mansioni e pure di applicare sanzioni pesanti nei casi di eventuali inadempienze. Quella presa, lo ripetiamo, è una piega che non ci piace. È per questo motivo che abbiamo organizzato una serie di scioperi e manifestazioni che si concluderanno con l’inizio della nuova legislatura: il 23 marzo a Roma, davanti al Parlamento, nel giorno dell’insediamento delle nuove Camere. Una data importante, su cui stanno confluendo anche altre associazioni e sindacati.
Quello della scuola doveva essere il rinnovo contrattuale della svolta: la Ministra Valeria Fedeli aveva promesso finalmente una valorizzazione adeguata del personale scolastico e in particolare dei docenti; i sindacati avevano brindato per l’accordo del 30 novembre 2016 che doveva assicurare garanzie contrattuali ed incrementi adeguati. Alla resa dei conti, hanno avuto torto entrambi: prima di tutto perché per il contratto della scuola gli ultimi due governi hanno stanziato davvero pochi soldi, insufficienti per coprire gli 85 euro medi per tutti, e quindi non c’era alcun motivo per utilizzare quei toni entusiastici. Inoltre, tutti i tentativi per incrementare gli aumenti sono miseramente falliti.
Negli ultimi giorni è infatti naufragata la proposta di introdurre nella parte tabellare dello stipendio i fondi stanziati, con la Legge 107/2015, per l’aggiornamento professionale. Lo stesso sta avvenendo per i finanziamenti che la riforma Renzi-Giannini ha dedicato al cosiddetto “merito” e che nei due anni di applicazione avevano portato una montagna di polemiche e solo qualche centinaio di euro annui ad un docente, in media, ogni tre.
“Pare ormai assodato – scrive Orizzonte Scuola - che da parte del Governo ci sia intenzione di accogliere la proposta dei sindacati di far entrare nella contrattazione i 200 milioni stanziati per il merito dei docenti. Ricordiamo che questi fondi vengono assegnati alle scuole e da essere gestite sulla base di criteri elaborati dal comitato di valutazione interno cui fa parte anche il dirigente. Quest’ultimo ha anche il compito di assegnare i fondi ai docenti meritevoli. I sindacati hanno chiesto che tali fondi diventino oggetto di contrattazione” e “ci sarebbe apertura da parte Governativa”, tuttavia “con la precisazione che questi fondi resteranno da utilizzare per il merito e saranno distribuiti dai presidi. Quindi nessuna distribuzione a pioggia per aumentare gli stipendi di tutti i docenti”.
Pertanto, l’obiettivo di incrementare gli aumenti risibili, 72 euro lordi, ovvero appena 40 euro netti medi non prima di marzo 2018, che per gli stipendi più bassi non arrivano a 30 euro, con arretrati infinitamente più piccoli di quelli spettanti per il biennio 2016-2017, si può tranquillamente mettere da parte. Da quelle cifre, infatti, non ci si discosta. E questo andamento deludente della trattativa fa ancora più rabbia quando si legge che i sindacati rappresentativi delle Forze armate, di sicurezza e di polizia hanno sottoscritto con l’Aran un rinnovo contrattuale che porterà tra i 125 e i 132 euro medi a lavoratore. Per non parlare del tentativo della parte pubblica di inserire delle norme peggiorative con sanzioni disciplinari e i “campi di divieto” che andrebbero incrementati.
“Quando abbiamo parlato di proposta irricevibile dell’Aran – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - avevamo i nostri motivi. Perché uno stipendio inadeguato va aumentato con risorse adeguate. E pensare di coprire i vuoti con delle ‘partite di giro’ è un’operazione di difficile realizzazione. Ancora di più se queste si possono rivelare delle ‘polpette avvelenate’. Perché in cambio di pochi spiccioli, l’amministrazione arriva a chiedere più mansioni e pure di applicare sanzioni pesanti nei casi di eventuali inadempienze. Quella presa, lo ripetiamo, è una piega che non ci piace. È per questo motivo che abbiamo organizzato una serie di scioperi e manifestazioni che si concluderanno con l’inizio della nuova legislatura: il 23 marzo a Roma, davanti al Parlamento, nel giorno dell’insediamento delle nuove Camere. Una data importante, su cui stanno confluendo anche altre associazioni e sindacati”.
Si ricorda che è ancora possibile recuperare 2.654 euro di arretrati, incrementati dei primi due mesi del 2018 indebitamente sottratti, e a partire da settembre 2015, come ha confermato due anni fa la Corte Costituzionale: basta consegnare il modello di diffida predisposto dall’Anief, attraverso cui recuperare almeno 270 euro di aumento, da suddividere in due parti uguali: la prima sulla mancata assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, la seconda di effettivo incremento. Ancora per pochi giorni, infine, è possibile candidarsi come Rsu dell’Anief, compilando on line la scheda sul portale Anief.
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