La recente sentenza della Corte di Giustizia (C. Giust. UE causa C-442/16 del 20.12.2017) apre importanti scenari in ordine al riconoscimento dell’indennità di disoccupazione a tutti i cittadini dell’Unione Europea lavoratori autonomi. Tale nuovo orientamento è stato disposto da un’importante sentenza della Corte di Giustizia Europea: il dispositivo della stessa riporta che se l’autonomo è costretto ad interrompere la propria attività lavorativa, magari a causa della crisi economica, ha diritto all’ammortizzatore sociale previsto dalla normativa statale nel quale si trova in quel momento.
All’interno della sentenza viene illustrato che il concetto di «disoccupazione involontaria» non è riferito ai soli casi di lavoro subordinato, ma viene relazionato anche allo stato di cessazione di un’attività professionale autonoma nel caso in cui fosse causato da «ragioni indipendenti dalla volontà della persona interessata, come può essere una situazione di recessione economica».
Nella fattispecie, nella sentenza si fa riferimento alla domanda di indennità di disoccupazione avanzata da un cittadino rumeno che, per cinque anni, aveva avviato un’attività edilizia, ma che con il passare del tempo era stato costretto a chiudere per assenza di commesse. L’uomo trasferitosi in Irlanda aveva chiesto l’indennità di disoccupazione per autonomi, prevista da una legge del 2005, ma lì gli era stata negata. Questo è accaduto perché la direttiva comunitaria del 2004 (Art. 6, par. 2, direttiva Ue n. 2204/38) dispone il diritto dei lavoratori di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri per periodi superiori a tre mesi a condizione di lavorare (onde non essere un eccessivo peso per lo Stato ospitante).
Secondo il disposto della sentenza della Corte di Giustizia europea, alla pari di un lavoratore subordinato che può involontariamente perdere il suo lavoro dipendente a seguito, in particolare, di un licenziamento, una persona che ha esercitato un’attività di lavoro autonomo può trovarsi costretto a cessare tale attività.
Da ciò risulta che una persona che ha cessato di essere un lavoratore autonomo a causa della mancanza di lavoro dovuta a ragioni indipendenti dalla sua volontà, dopo aver esercitato una simile attività per oltre un anno, può, analogamente a una persona che abbia involontariamente perso il suo impiego dipendente dopo averlo occupato per un ugual periodo, beneficiare della tutela offerta dalla direttiva comunitaria riguardante il diritto di soggiorno ( L’art. 7, paragrafo 3, lettera a) della direttiva 2004/38; deve essere interpretato nel senso che mantiene lo status di lavoratore autonomo ai sensi dell’articolo 7 (paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva un cittadino di uno Stato membro che, dopo aver soggiornato regolarmente e aver esercitato un’attività in qualità di lavoratore autonomo in un altro Stato membro per circa quattro anni, abbia cessato l’attività lavorativa per mancanza di lavoro debitamente comprovata causata da ragioni indipendenti dalla sua volontà e si sia registrato presso l’ufficio di collocamento competente di tale Stato membro come persona in cerca di occupazione. Lo Stato ospitante quindi dovrà riconoscere all’ospitato tutti i diritti riconosciuti ai propri lavoratori. Ivi compreso – come in Irlanda – il diritto all’indennità di disoccupazione prevista per i lavoratori dipendenti. La cessazione di tale attività deve essere debitamente comprovata.
In virtù di tale sentenza è quindi rilevabile che se un cittadino italiano, lavoratore autonomo, si ritrova costretto a chiudere la propria attività per crisi economica e si trasferisce in Irlanda, potrà essere indennizzato dallo Stato e ottenere lì l’indennità di disoccupazione che la legge italiana invece non gli attribuisce.
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