Oggi pomeriggio i sindacati rappresentativi andranno all’Aran per giungere alla firma del nuovo contratto collettivo nazionale della Scuola. Altolà dell’Anief, il sindacato che diventerà rappresentativo alle prossime elezioni RSU di aprile: non ha senso firmare un accordo che sottrae soldi ai lavoratori del comparto e dà seguito a delle discutibili norme legislative della PA che a questo punto verranno contestate nei tribunali.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Si sta sottoscrivendo un contratto di basso profilo. Basti pensare che lo sblocco dell'indennità di vacanza contrattuale avrebbe portato degli aumenti superiori a quelli concordati. E poi non ci risulta che in tema di precariato e ricostruzione di carriera ci si adegui alla giurisprudenza comunitaria né che sul potenziamento si sia fatta chiarezza.
È ancora possibile scaricare e inviare il modello di diffida predisposto dall’Anief per recuperare almeno 270 euro di aumento più gli arretrati.
Nel giorno in cui da parte dei sindacati Confederali si annuncia la disponibilità ad una no-stop per giungere alla sottoscrizione del nuovo contratto collettivo nazionale della Scuola, arriva l'alt del sindacato che diventerà rappresentativo alle prossime elezioni RSU di metà aprile: non ha senso firmare un accordo che sottrae soldi ai lavoratori del comparto e dà seguito a delle discutibili norme legislative della pubblica amministrazione che a questo punto verranno contestate nei tribunali. Basta ricordare che ci si appresta ad approvare degli aumenti del 3.48%, a regime, a fronte di 11 punti percentuali di aumenti del costo della vita certificata.
Non convince la mobilità triennale e irrispettosa dell'attribuzione annuale degli incarichi. Sembra invece che le novità su permessi, potenziamento e sanzioni disciplinari, legati a dalle precise norme legislative, non vengano più presi in considerazione e forse rimandati alla prossima contrattazione nazionale. Nel contratto in arrivo, inoltre, risulta presente alcun accenno alla parità di trattamento tra personale precario e di ruolo, su ricostruzione carriera e servizio nelle paritarie, ai fini degli scatti stipendiali, come se la Cassazione non fosse mai entrata nel merito disapplicando l’illegittima discriminazione e assegnando anche cospicui risarcimenti ai danneggiati.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “quello che si sta sottoscrivendo è un contratto di basso profilo. Basti pensare che lo sblocco dell'indennità di vacanza contrattuale avrebbe portato degli aumenti superiori a quelli concordati. E poi non ci risulta che in tema di precariato e ricostruzione di carriera ci si adegui alla giurisprudenza comunitaria né che sul potenziamento si sia fatta chiarezza. Si è riusciti nell’impresa di chiudere un contratto che non rispetta nemmeno per intero le condizioni previste dall’accordo del 30 novembre 2016”.
Gli incrementi stipendiali risultano tre volte sotto l'inflazione: si tratta di soli 40 euro netti medi da assegnare forse ad aprile 2018, con arretrati del biennio 2016/2017 davvero miserevoli: anziché assegnare in media 2.700 euro, a docenti e Ata, a seconda dell’anzianità di servizio e della fascia retributiva, andrannodai 370 euro ai 712 euro. La trasformazione del bonus “merito” pari a circa 200 milioni di euro annui, introdotto dalla Buona scuola (Legge 107/2015), in osservanza anche della riforma Brunetta (d.lgs. 150/09), porterà aumenti solo ai migliori e non ha nulla a che vedere con gli aumenti contrattuali da disporre per legge a tutti, in virtù del decadimento progressivo degli stipendi che risultano clamorosamente tra i più bassi dell’area Ocse.
Tutti coloro che intendono opporsi a questo contratto indegno possono consegnare il modello di diffida predisposto dall’Anief, attraverso cui recuperare almeno 270 euro di aumento, da suddividere in due parti uguali: la prima sulla mancata assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, la seconda di effettivo incremento. Con lo steso ricorso, inoltre, il sindacato intende far recuperare 2.654 euro di arretrati a lavoratore, incrementati dei primi due mesi del 2018 indebitamente sottratti, e a partire da settembre 2015, come ha confermato due anni fa la Consulta.
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