Sull’ammontare effettivo dei fondi pubblici destinati a premiare i docenti migliori e sulle regole per distribuirli all’interno di ogni istituto, l’amministrazione bacchetta Flc-Cgil, Cisl e Uil: rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo 165/01 e modificato dalla riforma Brunetta 150/09, confluito nella Legge 107/2015, nulla cambia con il rinnovo contrattuale firmato il 9 febbraio. Il nuovo contratto “prevede che le scuole contrattino i criteri generali per la determinazione dei compensi previsti dal cosiddetto bonus dei docenti. Quindi non i criteri valutativi, ma i criteri per la determinazione del suo ammontare”. E a regime, le somme complessive e individuali sottratte al monte annuale del merito per essere spostate sugli stipendi saranno ridotte.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Niente cambia per l'amministrazione, la quale ricorda come la gran parte del fondo istituito dalla Legge 107/2015 a regime sia sempre attribuito dal dirigente scolastico, secondo i criteri già sperimentati. In contrattazione andrà solo il quantum da attribuire. La spiegazione del Miur serve anche a confermare come tutta l’operazione porti degli aumenti individuali imbarazzanti. Perché quest’anno il fondo del merito professionale dei docenti, sempre a detta del Miur, sarà decurtato di 60 milioni di euro, quindi meno dei 100 inizialmente indicati, poi ridotti a 80. Se già si trattava di somme esigue, figuriamoci ora: una volta che saranno distribuiti a pioggia tra 1 milione e 200 mila lavoratori, nelle tasche dei dipendenti della scuola andranno alla fine meno di 4 euro netti a testa al mese. Ma di cosa stiamo parlando? Il merito lavorativo, introdotto da decreti e leggi dello Stato, non può di certo essere scalfito da un accordo contrattuale; allo stesso modo, cercare di convincere l’opinione pubblica che la scuola ha ottenuto uno aumento di stipendio addirittura più alto degli altri comparti è pura demagogia.
Il Ministero dell’Istruzione smorza sul nascere gli entusiasmi dei sindacati Confederali per l’avvenuta sottoscrizione del contratto del comparto della Conoscenza, sottoscritto all’Aran il 9 febbraio scorso: dopo aver speso parole di soddisfazione per aver messo in crisi la Legge 107/2015, l’Amministrazione chiarisce che non c’è alcun dimezzamento della valorizzazione del merito: “L’importo disponibile per il bonus - scrive il Miur - passa da 200 milioni annui a 160 milioni a regime (140 milioni solo nel 2018), pari all’80% di quanto riconosciuto sino ad oggi. Ma potrà crescere, anche superando il valore di 200 milioni, con le contrattazioni future”.
Questo perché, in linea con quanto previsto dal decreto legislativo 165/01 e modificato dalla riforma Brunetta 150/09, il rinnovo contrattuale firmato lo scorso 9 febbraio “prevede che le scuole contrattino i criteri generali per la determinazione dei compensi previsti dal cosiddetto bonus dei docenti. Quindi non i criteri valutativi, ma i criteri per la determinazione del suo ammontare”.
“Resta ferma, poi, la procedura prevista dalla legge 107 del 2015 per la determinazione dei criteri per la valutazione (è previsto un apposito comitato per la valutazione) che non sono soggetti a contrattazione, nonché la competenza del dirigente per l’individuazione dei docenti meritevoli”. Alla fine, il bonus del merito continuerà sempre a essere attribuito dai dirigenti scolastici in base ai criteri approvati. Pertanto, ribadisce oggi Orizzonte Scuola, “non sono, dunque, i criteri di valutazione ad essere oggetto di contrattazione, bensì quelli per determinare l’ammontare dei compensi. Così, ad esempio, in sede di negoziato, il dirigente scolastico e i sindacati, potranno concordare un valore economico minimo o massimo per il premio individuale”.
“Di fatto – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - niente cambia per l'amministrazione scolastica nazionale, la quale ricorda come la gran parte del fondo istituito dalla Legge 107/2015 a regime sia sempre attribuito dal dirigente scolastico, secondo i criteri già sperimentati. In contrattazione andrà solo il quantum da attribuire. La spiegazione del Ministero dell’Istruzione serve anche a confermare come tutta l’operazione di incremento stipendiale attuata, con il consenso dell’Aran, porterà a docenti e personale Ata degli aumenti imbarazzanti”.
“Perché quest’anno il fondo del merito professionale dei docenti, sempre a detta del Miur, sarà decurtato di 60 milioni di euro, quindi meno dei 100 inizialmente indicati, poi ridotti a 80. Se già si trattava di somme esigue, figuriamoci ora: una volta che saranno distribuiti a pioggia tra 1 milione e 200 mila lavoratori, nelle tasche dei dipendenti della scuola andranno alla fine meno di 4 euro netti a testa al mese. Ma di cosa stiamo parlando? Il merito lavorativo, introdotto da decreti e leggi dello Stato, non può di certo essere scalfito da un accordo contrattuale; allo stesso modo – conclude Pacifico - cercare di convincere l’opinione pubblica che la scuola ha avuto uno aumento di stipendio addirittura più alto degli altri comparti è pura demagogia”.
PER APPROFONDIMENTI:
SCUOLA – Rinnovo del contratto, non si possono aumentare gli stipendi con le ‘partite di giro’
SCUOLA – Firmato da Cgil, Cisl e Uil il contratto della vergogna
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