Aveva ragione Anief: una delle motivazioni che avevano portato CGIL, CISL, UIL alla firma del contratto secondo quanto auspicato dall'atto di indirizzo era il recupero della centralità della contrattazione ma non della supremazia del contratto sulla legge che se in contrasto con essa va disapplicato come prevede il decreto legislativo 150/09. La legge 107/15, pertanto, con tutte le sue storture su mobilità, soprannumerari, potenziamento, organizzazione dell'orario di lavoro rimane in vigore, nonostante il Ccnl 2016/18. E per spazzarla via occorre necessariamente una legge abrogativa, almeno delle sue parti peggiori.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Forse i sindacati Confederali hanno la memoria corta, visto che il Consiglio di Stato ha espresso un parere diametralmente opposto: sollecitato sullo schema di decreto legislativo di riforma del testo unico del Pubblico impiego, ha infatti spiegato che non contiene alcuno squilibrio a favore della legge e a sfavore dei contratti di categoria. Il decreto additato ha il merito di precisare gli ambiti di competenza spettanti alla legge e quelli spettanti alla contrattazione. E comunque, ammesso anche che si riesca ad aggirare le legge-madre, vale la pena ricordare che gli accordi contrattuali hanno una durata limitata. Ad esempio, quelli prodotti nella scuola sulla mobilità si rinnovano ogni anno e nessuno può garantire che per il successivo si confermeranno le stesse disposizioni e i medesimi accordi. Anche perché, nel frattempo, chi governa l’amministrazione potrebbe non volere più scendere a patti.
“Non si comprende il motivo per cui i sindacati Confederali continuano ad asserire che il contratto è prevalente sulla legge. Forse hanno la memoria corta, visto che il Consiglio di Stato ha espresso un parere diametralmente opposto: sollecitato sullo schema di decreto legislativo di riforma del testo unico del Pubblico impiego, ha infatti spiegato che non contiene alcuno squilibrio a favore della legge e a sfavore dei contratti di categoria”. A dirlo è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, in risposta alle continue sollecitazioni dei sindacati rappresentativi sulla prevalenza delle norme contrattuali per via dell’accordo con la Funzione Pubblica del 30 novembre 2016.
Successivamente a quell’accordo, le posizioni delle organizzazioni sindacali Confederali, ascoltate in merito dalla XI commissione del Senato (lavoro Pubblico e Privato), propendono sul fatto che vi sarebbe uno squilibrio tra contrattazione e legge a favore di quest’ultima. Ma la tesi sostenuta dai sindacati non è stata considerata dal Consiglio di Stato (che ha espresso parere positivo sullo schema di decreto) e che al riguardo ha scritto, ricorda Orizzonte Scuola, che il decreto “non immuta il rapporto sostanziale tra le fonti del pubblico impiego, ma ne chiarisce e approfondisce aspetti di dettaglio per un miglior coordinamento formale e contenutistico delle disposizioni vigenti. In effetti, l’intervento operato sul sistema delle fonti, chiarendo ambiti e modalità di atteggiarsi del rapporto tra legge e contratto (art. 1) risulta rispettoso del principio della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, quale cristallizzato dalla legislazione vigente”.
Aveva quindi pienamente ragione l’Anief quando sosteneva questa tesi: del resto, una delle motivazioni che avevano portato CGIL, CISL, UIL alla firma del contratto secondo quanto auspicato dall'atto di indirizzo era il recupero della centralità della contrattazione ma non della supremazia del contratto sulla legge che se in contrasto con essa va disapplicato come prevede il decreto legislativo 150/09. La Legge 107/15, pertanto, con tutte le sue storture su mobilità, soprannumerari, potenziamento, organizzazione dell'orario di lavoro rimane in vigore, nonostante il Ccnl 2016/18. E per spazzarla via occorre necessariamente una legge abrogativa, almeno delle sue parti peggiori.
“Il decreto additato – continua Marcello Pacifico - ha il merito di precisare gli ambiti di competenza spettanti alla legge e quelli spettanti alla contrattazione. E comunque, ammesso anche che si riesca ad aggirare le legge-madre, vale la pena ricordare che gli accordi contrattuali hanno una durata limitata. Ad esempio, quelli prodotti nella scuola sulla mobilità si rinnovano ogni anno e nessuno può garantire che per il successivo si confermeranno le stesse disposizioni e i medesimi accordi. Anche perché, nel frattempo, chi governa l’amministrazione potrebbe non volere più scendere a patti. Mentre, l’unica certezza è che la legge, ad iniziare dalla riforma della Scuola, rimane lì, fino a quando non si approverà un atto contrario politico-governativo: quello che – conclude il sindacalista autonomo – stiamo aspettando con ansia a seguito della formazione del nuovo Esecutivo post elezioni”.
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