Praticamente, poco più di tre caffè al mese. Perché nel tentativo maldestro, probabilmente mai avviato, di innalzare gli stipendi più bassi dell’area Ocse, dopo la Grecia, con il contratto sottoscritto lo scorso 9 febbraio all’Aran si è deciso di devolvere “a pioggia” una parte del fondo nazionale del merito: 60 milioni per l’anno in corso e ancora meno (40) per il futuro; mentre l’altra metà dei 200 milioni annui verrà assegnata attraverso la contrattazione d’Istituto, in linea con quanto previsto dal decreto legislativo Brunetta 150/2009, dalla Legge Madia 124/2015 e dalla Legge 107 del 2015, con l’intento di introdurre valutazione e premialità anche tra i lavoratori meno pagati del pubblico impiego. Ma anziché evidenziare l’indecenza degli aumenti che vengono applicati, sottolineando che quanto disposto dalla Legge 107/2015 rimane in vigore per i restanti 130 milioni iniziali e 160 milioni a regime, secondo la FLCGIL “il nuovo Contratto, supera quanto indicato dalla legge 107/2015 per quanto riguarda il bonus merito per la valorizzazione del lavoro dei docenti”. Ma di cosa stiamo parlando? Pochi spiccioli subito e qualche euro in più ai docenti più fortunati, individuati annualmente come meritevoli, mentre il personale Ata viene da subito escluso da questo teatrino al ribasso perché reputato in partenza inadatto o inadeguato per vedersi riconoscere il bonus merito.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Ancora una volta stupiscono i toni da campagna elettorale della CGIL sulla disapplicazione della Legge 107 e sui benefici presunti estesi ai precari che ancora attendono di sapere perché nel contratto non si è applicata la giurisprudenza sul precariato della Cassazione. La verità è che la legge non vietava l'attribuzione del merito, ma solo della card di aggiornamento ai precari, mentre continua a vietare ad essi gli scatti stipendiali e la ricostruzione per intero del servizio pre-ruolo: mancate disposizioni contro cui l’Anief non a caso ha presentato formale ricorso. Ad ogni modo, come ha ribadito il Miur, la contrattazione non può derogare alla legge per cui si forniscono interpretazioni che porteranno ad un nuovo inevitabile contenzioso.
Ad un milione e 200 mila dipendenti della scuola non solo stanno per arrivare, con il mese di aprile, una tantum irrisorie di arretrati e aumenti-miseria: ora, devono pure incassare i proventi di un accordo sottoscritto tra Miur e sindacati rappresentativi che porterà la bellezza di 4 euro e mezzo ciascuno. Praticamente, poco più di tre caffè al mese. Perché nel tentativo maldestro, probabilmente mai avviato, di innalzare gli stipendi più bassi dell’area Ocse, dopo la Grecia, con il contratto sottoscritto lo scorso 9 febbraio all’Aran si è deciso di devolvere “a pioggia” una parte del fondo nazionale del merito: 60 milioni per l’anno in corso e ancora meno (40) per il futuro; l’altra metà dei 200 milioni annui, invece, verrà assegnata attraverso la contrattazione d’Istituto, in linea con quanto previsto dal decreto legislativo Brunetta 150/2009, dalla Legge Madia 124/2015 e dalla Legge 107 del 2015, con l’intento di introdurre valutazione e premialità anche tra i lavoratori meno pagati del pubblico impiego.
Ma anziché evidenziare l’indecenza degli aumenti che vengono applicati alle buste paga dei docenti, sottolineando che quanto disposto dalla Legge 107/2015 rimane in vigore per i restanti 130 milioni iniziali e 160 milioni a regime, secondo “la FLCGIL – riporta Orizzonte Scuola - il nuovo Contratto, ipotesi sottoscritta il 9 febbraio 2018, supera quanto indicato dalla legge 107/2015 per quanto riguarda il bonus merito per la valorizzazione del lavoro dei docenti. Certo – scrive la FLCGIL – il comitato di valutazione continuerà a fornire i suoi indirizzi, ma sarà il contratto di istituto a stabilire quali criteri, anche in connessione con le attribuzioni di tutte le altre remunerazioni accessorie (fis, alternanza scuola-lavoro, fondi comunitari, nazionali e quant’altro vada a retribuire la prestazione del personale docente, anche precario) devono presiedere all’attribuzione dei compensi”.
Di diverso parere il Miur che in un comunicato dell’11 febbraio 2018 aveva messo in evidenza che “quelli inseriti nel rinnovo contrattuale sono dei principi di trasparenza che mirano a rafforzare e non a indebolire l’istituto del bonus che, anzi, entra a regime”. Dove sta la verità? Basta andare a leggere per bene cosa dice la Buona Scuola, fino a prova contraria legge dello Stato, per capirlo. Comunque sia, l’unico dato veramente certo è quello sugli aumenti individuali: pochi spiccioli subito e qualche euro in più ai docenti più fortunati, individuati annualmente come meritevoli, mentre il personale Ata viene da subito escluso da questo teatrino al ribasso perché reputato in partenza inadatto o inadeguato per vedersi riconoscere il bonus merito.
“Ancora una volta – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - stupiscono i toni da campagna elettorale della CGIL sulla disapplicazione della Legge 107 e sui benefici presunti estesi ai precari che ancora attendono di sapere perché nel contratto non si è applicata la giurisprudenza sul precariato della Cassazione”.
“La verità è che legge non vietava l'attribuzione del merito, ma solo della card di aggiornamento ai precari, mentre continua a vietare ad essi gli scatti stipendiali e la ricostruzione per intero del servizio pre-ruolo: mancate disposizioni contro cui l’Anief non a caso ha presentato formale ricorso. Ad ogni modo, come ha ribadito il Miur, la contrattazione non può derogare alla legge per cui si forniscono interpretazioni che porteranno ad un nuovo inevitabile contenzioso”, conclude il sindacalista Anief-Cisal.
PER APPROFONDIMENTI:
SCUOLA – Rinnovo del contratto, non si possono aumentare gli stipendi con le ‘partite di giro’
SCUOLA – Firmato da Cgil, Cisl e Uil il contratto della vergogna
Contratto, gli aumenti reali netti sono ridicoli: tra i 37 e i 52 euro