La notizia, apparsa in tutti i quotidiani franchi e internazionali, annunciata dal presidente Emmanuel Macron, è che i bambini dovranno entrare in classe all’età di tre anni e non di sei: si tratterebbe di una ufficializzazione della pratica, poiché quasi tutti i bimbi risultano iscritti alla scuola già a quell’età. Più che altro, sembrerebbe un modo per dare risalto al ruolo della scuola materna: i bambini tra i 3 e i 6 anni incrementerebbero infatti delle capacità comunicative non indifferenti, “basate sul gioco, sull'attività fisica, su musica, arte e sull'aiuto a sviluppare sani livelli di autoconsapevolezza e buone abilità sociali”. Anche Anief da anni auspica una riforma del sistema 0-6 anni: secondo il programma più volte avanzato dal sindacato, sarebbe necessario anticipare almeno di un anno l’inizio della scuola dell’obbligo, introducendo un’annualità ‘ponte’ durante la quale far operare, in compresenza, maestre della scuola dell’infanzia e primaria.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): In Italia l'obiettivo permane al 33% nel sistema misto pubblico e privato, con le classi primavera a regime ma che coprono un bimbo su tre. Il sindacato aveva chiesto in audizione e in Parlamento almeno l’anticipo di un anno per non cancellare un’annualità delle superiori, ma non c'è stato niente da fare. Non possiamo fare a meno di chiederci il perché del fatto di non dar seguito alla nostra proposta, supportata anche dal un punto di vista pedagogico, di anticipare di un anno l’inizio della scuola dell’obbligo: questa soluzione, tra l’altro, sopperirebbe al problema dell’assorbimento dei maestri della scuola dell’infanzia non inglobati nel potenziamento degli organici che ha invece toccato tutti gli altri ordini. È provato che a cinque anni i bambini hanno bisogno di una formazione di tipo essenzialmente ludico e, nello stesso tempo, di avvicinamento all’alfabetizzazione e al far di conto. In Francia l’hanno compreso e attuato, da noi non se ne parla nemmeno. E si continuano a rifilare brutti scherzi al personale, oltre che agli alunni: è notizia di queste ore che i maestri “potenziatori” sono stati ridotti a 800 totali, meno della metà di quanto prestabilito. Così nelle scuole dell’infanzia, che in Italia sono oltre quota 10mila, ma solo 2.700 risultano pubbliche, ne arriverà appena uno ogni tre istituti.
Mentre in Francia prende piede l’introduzione anticipata in aula dei bambini a tre anni, in Italia non sembra poter decollare la proposta di avviare prima le giovani leve nelle classi. La notizia, apparsa in tutti i quotidiani franchi e internazionali, annunciata dal presidente Emmanuel Macron, è che i bambini dovranno entrare in classe all’età di tre anni e non di sei: si tratterebbe di una ufficializzazione della pratica, poiché quasi tutti i bimbi risultano iscritti alla scuola già a quell’età; infatti, “secondo i dati del Ministero dell'Istruzione francese, nel 2014 l'11.8% dei bambini di età compresa tra i 2 e i 3 anni e la quasi totalità di quelli tra i 3 e i 5 anni risultano iscritti alla scuola materna. Un rapporto dell'OCSE ha rilevato nel 2017 che una percentuale vicina al 100% dei bambini di 3 anni è "scolarizzata", mentre la media OCSE si aggira intorno al 70%”.
In Italia, il tasso di iscrizione, riferito all’anno 2014, per i bambini sotto i 3 anni è di poco superiore al 20%. Poi si alza, ma con delle zone, soprattutto al Sud, dove la frequenza è saltuaria se non assente. Eppure, è scientificamente dimostrato che i giovani alunni, in classe sin dalla più tenera età, incrementerebbero le capacità comunicative, “basate sul gioco, sull'attività fisica, su musica, arte e sull'aiuto a sviluppare sani livelli di autoconsapevolezza e buone abilità sociali”.
Per questi motivi Anief da anni auspica una riforma del sistema 0-6 anni, con l’anticipo di almeno un’annualità dell’obbligo formativo, introducendo una prima classe con la compresenza delle maestre della scuola dell’infanzia e primaria. Anche l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer aveva visto bene e ha riconosciuto la centralità e l’importanza della scuola materna e la sua funzione all’interno dello sviluppo delle facoltà psichiche e intellettive dei giovani allievi.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “in Italia invece l'obiettivo permane al 33% nel sistema misto pubblico e privato, con le classi Primavera a regime ma che coprono un bimbo su tre. Il sindacato aveva chiesto in audizione, a Palazzo Madama e a Montecitorio, almeno l’anticipo di un anno per non cancellare un’annualità delle superiori, ma non c'è stato niente da fare. Purtroppo le riforme a cui siamo abituati negli ultimi anni non hanno apportato migliorie al sistema; non appena diventeremo rappresentativi, alle prossime elezioni per il rinnovo Rsu tra qualche settimana, potremo gridare ancora più forte le nostre idee”.
“Non possiamo fare a meno di chiederci – continua Pacifico – il perché del fatto di non dar seguito alla nostra proposta, supportata anche dal un punto di vista pedagogico, di anticipare di un anno l’inizio della scuola dell’obbligo, introducendo un’annualità ‘ponte’. Tale cambiamento avrebbe, tra le altre cose, anche sopperito al problema dell’assorbimento dei maestri della scuola dell’infanzia non inglobati nel potenziamento degli organici che ha invece toccato tutti gli altri ordini. Inoltre, con la scuola primaria anticipata di un anno si renderebbe meno traumatico il delicato passaggio tra la scuola materna e l’ex elementare. È provato che a cinque anni i bambini hanno bisogno di una formazione di tipo essenzialmente ludico e, nello stesso tempo, di avvicinamento all’alfabetizzazione e al far di conto. In Francia l’hanno compreso e attuato, da noi non se ne parla nemmeno”.
“A questo proposito – continua Pacifico – non si comprende perché nella Legge di Stabilità 2018 sia stato previsto solo un incremento di 2mila maestri della fascia alunni 3-6 anni, corrispondenti a 1.700 comuni e 300 di sostegno. Questi posti, addirittura, si sono ora ridotti a 800 totali, meno della metà. Intanto, le scuole dell’infanzia in Italia sono oltre quota 10mila, ma di queste solo 2.700 risultano pubbliche; quindi, i docenti potenziatori in arrivo non saranno nemmeno uno ogni tre istituti. E perché poi si continua a limitare il servizio delle classi ‘Primavera’? Svelare l’arcano è purtroppo semplice: tutto riporta alla mancanza di risorse e di investimenti”, conclude il sindacalista Anief-Cisal.
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