Partendo dai dati contenuti nella Circolare n. 16041 sugli organici del personale per l’a.s. 2018/2019, l’Ufficio Studi Anief ha ricavato le risibili medie di docenti che dal prossimo mese di settembre verranno annessi agli istituti con alunni tra 3 e 6 anni, a cui la Legge 107/2015 aveva già negato quelle assunzioni invece attuate in tutti gli altri ordini scolastici.
Al Piemonte verranno assegnati solo 59 maestri “potenziatori” a fronte di 1.092 scuole dell’infanzia, con un solo docente ogni 19 istituti (media analoga all’Abruzzo). Va ancora peggio all’Umbria, dove in tutta la regione arriveranno solo 15 maestri su 311 scuole, pari ad uno ogni 21 istituti; stessa media per il Friuli-Venezia Giulia che si dovrà dividere 14 nuovi maestri su 300 istituti. Ancora più penalizzate sono la Sardegna, dove le 492 scuole d’infanzia si dovranno accontentare di 22 potenziatori, e la Basilicata (10 posti su 217 scuole) che si spartiranno un maestro ogni 22 istituti. Il record negativo spetta però al Molise, dove sono stati conferiti solamente 5 insegnanti su 123 istituti scolastici (ovvero un docente ogni 25 scuole), e alla Calabria, dove le istituzioni scolastiche sono 835 e i maestri in arrivo si fermano a quota 34, cioè uno ogni 25/26 istituti.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Eppure la scuola dell’infanzia, assieme a quella primaria, è quella che annovera ancora un altissimo numero di docenti precari inseriti sia nelle GaE sia nelle graduatorie di merito derivanti dagli ultimi concorsi a cattedra. Mai come in questo caso sarebbe bastato far sposare l’esigenza didattica, considerando la necessità pratica di inserire nuovi maestri nelle scuole dell’infanzia, con la necessità di svuotare quelle graduatorie. Tra l’altro, il dislivello maggiore si registra nelle regioni del Sud, dove invece ci sarebbe stato più bisogno.
La scuola dell’infanzia doveva essere il fiore all’occhiello della riforma Renzi. Alla lunga, si è rivelata un flop ed ora arriva l’ennesima operazione di pura facciata: dopo due anni e mezzo di proteste prodotte dalle maestre, a seguito della loro incomprensibile esclusione dal piano straordinario di assunzioni previsto per tutti gli altri insegnamenti dalla Legge 107/2015, sul finire della legislatura i decisori politici di maggioranza hanno stabilito di concedere qualche migliaia di posti di “potenziamento” scolastico anche al settore formativo 3-6 anni.
Questi posti, già sottodimensionati rispetto al fabbisogno, si sono gradualmente ridotti, sino a diventare appena 800 su scala nazionale. Adesso che vengono pubblicate le cifre di assegnazione dei posti a livello regionale, attraverso la Circolare n. 16041 sugli organici del personale scuola per l’a.s. 2018/2019, indirizzata dal Miur alle scuole e agli Uffici Scolastici Regionali, ci si rende conto dell’entità davvero esigua.
La rivista Orizzonte Scuola spiega che gli 800 posti, tutti su “comuni” e nessuno su “sostegno”, saranno distribuiti dagli Usr “tra le varie regioni proporzionalmente al numero di alunni frequentanti le scuole dell’infanzia statali” e “senza determinare esuberi nell’ambito dei ruoli regionali”. Inoltre, ricorda che quei posti non “sono di nuova istituzione ma frutto di una rimodulazione dei 48.812 posti già assegnati dalla legge 107/2015 alla scuola primaria e secondaria. Ciascun Usr procederà all’assegnazione alla scuola dell’infanzia dei posti di potenziamento disponibili prioritariamente della scuola secondaria di II grado; in via secondaria della scuola primaria; in via subordinata della scuola secondaria di primo grado”. Ciò significa che lo Stato non spenderà un euro in più rispetto a quanto previsto dall’ultima riforma della scuola.
“Eppure – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – la scuola dell’infanzia, assieme a quella primaria, è quella che annovera ancora un altissimo numero di docenti precari inseriti sia nelle GaE sia nelle graduatorie di merito derivanti dagli ultimi concorsi a cattedra. Mai come in questo caso, sarebbe bastato far sposare l’esigenza didattica, considerando la necessità pratica di inserire nuovi maestri nelle scuole dell’infanzia, con la necessità di svuotare quelle graduatorie. Tra l’altro, il dislivello maggiore si registra nelle regioni del Sud, dove invece ci sarebbe stato più bisogno. Si sarebbe così voltato pagina, per poi concentrarsi davvero su una rinnovata fase di reclutamento. Invece, siamo punto e daccapo: è la conferma – conclude –che i decreti attuativi della riforma 0-6 anni hanno a dir poco deluso le aspettative”.
Anief è andata quindi a verificare l’incidenza delle assunzioni degli 800 maestri “potenziatori” all’interno dell’offerta formativa, sulla base dei numeri ufficiali emessi di recente dal Miur relativi alle sedi suddivise a livello regionale nell’anno scolastico in corso. Premesso che verrà assegnato, come media nazionale, appena un maestro dell’infanzia ogni 17 scuole, lo squilibrio tra numero di scuole e maestri a rinforzo è evidente. Alcune regioni, inoltre, saranno ancora di più penalizzate: il Piemonte, ad esempio, al quale verranno assegnati solo 59 maestri “potenziatori” a fronte di 1.092 scuole dell’infanzia, con un solo docente ogni 19 istituti (media analoga all’Abruzzo).
Va ancora peggio all’Umbria, dove in tutta la regione arriveranno solo 15 maestri su 311 scuole, pari ad uno ogni 21 istituti; stessa media per il Friuli-Venezia Giulia che si dovrà dividere 14 nuovi maestri su 300 istituti. Ancora più penalizzate sono la Sardegna, dove le 492 scuole d’infanzia si dovranno accontentare di 22 potenziatori, e la Basilicata (10 posti su 217 scuole) che si spartiranno un maestro ogni 22 istituti. Il record negativo spetta però al Molise, dove sono stati conferiti solamente 5 insegnanti su 123 istituti scolastici (ovvero un docente ogni 25 scuole), e alla Calabria, dove le istituzioni scolastiche sono 835 e i maestri in arrivo si fermano a quota 34, cioè uno ogni 25/26 istituti.
La tabella di ripartizione dei posti di potenziamento assegnati e il numero di istituti.
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