Con le lezioni scolastiche appena terminate, il giovane sindacato tira le somme dell’iniziativa “Sostegno, non un'ora di meno!” che ha prodotto un alto numero di provvedimenti favorevoli da parte del tribunale, a tutela dei diritti degli alunni disabili, ai quali il Ministero continua a negare, per motivi di cassa, il giusto apporto delle ore di sostegno. Il tutto, sempre in spregio alle indicazioni pervenute delle équipe di medici e di professionisti, incaricati di quantificare l’offerta formativa sulla base di necessità di apprendimento oggettive, da cui poi scaturisce il Piano educativo individualizzato. L’alto numero di cause vinte dimostra anche che pure il decreto legislativo 66/2017, attuativo della Legge 107/2015, non ha affrontato il problema con efficacia, limitandosi ad obbligare le famiglie con figli disabili gravi a rifare le certificazioni daccapo, mettendo in dubbio la valenza delle diagnosi in essere e spostando il problema su un piano puramente diagnostico.
L'ultimo provvedimento ottenuto dai legali Anief, è giunto dal Tribunale ordinario di Roma che ha riconosciuto l'illegittimità delle decisioni degli uffici ministeriali di ridurre la portata complessiva delle ore di sostegno ad un alunno disabile, condannando il Miur a circa 5 mila euro di risarcimento danni per aver illegittimamente depotenziato le determinazioni contenute nel Pei: nella sentenza, i giudici hanno ribadito come la pronuncia della Cassazione n. 25011/2014 abbia definitivamente chiarito che “il diritto all’istruzione è parte integrante del riconoscimento e della garanzia dei diritti dei disabili, per il conseguimento di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l’inclusione della persona umana con disabilità”. Nell’occasione, i giudici hanno citato anche l’art. 24 della Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità (resa esecutiva in Italia nel 2009) che pone a carico degli Stati aderenti il compito di predisporre un sistema educativo che preveda l'integrazione scolastica dei disabili a tutti i livelli.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Con le sentenze ottenute dai nostri legali abbiamo dimostrato che l’amministrazione compie degli abusi di potere, negando l’offerta formativa prevista. Certamente, siamo orgogliosi di aver ottenuto il rispetto dei nostri alunni più deboli, ma allo stesso tempo è giunta l’ora di smetterla con le norme taglia-ore e taglia-organici, legate e meri motivi di risparmio. Servono, piuttosto, dei decreti a tutela degli alunni disabili. Non è possibile che il Ministero continui a costringere le famiglie a muoversi da sole per la tutela dei propri figli: lo Stato non può danneggiarli. Pertanto auspichiamo che d’ora in poi si realizzi una vera responsabilità istituzionale che assicuri un organico di sostegno adeguato agli effettivi bisogni dei nostri alunni. Il punto d’inizio è quello di far cadere gli articoli della Legge 128/2013 che impongono un’alta percentuale di posti in deroga, uno ogni due cattedre, da cui scaturiscono oltre 40 mila supplenze l’anno, con l’aggravante che vengono assegnate tutte su posti totalmente liberi. In caso contrario, con il crescere continuo di alunni con certificazione di disabilità, con gli ultimi dati ufficiali nazionali che ci indicano quasi 255 mila casi, il fenomeno del sostegno negato non potrà purtroppo che dilagare.
Oltre cento provvedimenti di accoglimento a favore dei diritti degli alunni con disabilità e delle loro famiglie: sono numeri significativi quelli raggiunti dall’Anief nel corso dell’anno scolastico, con l’iniziativa “Sostegno, non un'ora di meno!”, attraverso la quale si attivano ricorsi gratuiti per opporsi alla riduzione illegittima di ore di docenti specializzati, pur in presenza di alunni con disabilità grave e certificata. In media, attraverso l’agire in giudizio, i legali del giovane sindacato hanno ottenuto tre riconoscimenti a settimana di ore di sostegno negate dall’amministrazione, sempre in spregio alle indicazioni pervenute delle équipe di medici e di professionisti, incaricati di quantificare l’offerta formativa sulla base di necessità di apprendimento oggettive, da cui poi scaturisce il Piano educativo individualizzato di ogni allievo. L’alto numero di cause vinte dimostra anche che pure il decreto legislativo 66/2017, attuativo della Legge 107/2015, non ha affrontato il problema con efficacia, limitandosi ad obbligare le famiglie con figli disabili gravi a rifare le certificazioni daccapo, mettendo in dubbio la valenza delle diagnosi in essere e spostando il problema su un piano puramente diagnostico.
L'ultimo provvedimento, in ordine di tempo, ottenuto dai legali Anief Walter Miceli, Ida Mendicino e Andrea Maresca, è giunto dal Tribunale ordinario di Roma che ha riconosciuto l'illegittimità delle decisioni degli uffici ministeriali di ridurre la portata complessiva delle ore di sostegno ad un alunno disabile, condannando il Miur a circa 5 mila euro di risarcimento danni per aver illegittimamente depotenziato le determinazioni contenute nel Pei: nella sentenza, i giudici hanno ribadito come la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 25011 del 2014 abbia definitivamente chiarito che “il diritto all’istruzione è parte integrante del riconoscimento e della garanzia dei diritti dei disabili, per il conseguimento di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l’inclusione della persona umana con disabilità”, sottolineando che “il diritto all'istruzione dei disabili è oggetto di specifica tutela da parte sia dell'ordinamento internazionale che di quello europeo ed interno”.
Nel ricostruire il tessuto normativo nazionale e sovranazionale su cui tali affermazioni si fondano, il Tribunale ordinario di Roma ha citato anche l’art. 24 della Convenzione di New York del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità (resa esecutiva in Italia con la legge di autorizzazione alla ratifica del 3 marzo 2009, n. 18) che pone a carico degli Stati aderenti il compito di predisporre un sistema educativo che preveda l'integrazione scolastica dei disabili a tutti i livelli “e offra, nel corso dell'intera vita, possibilità di istruzione finalizzate al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell'autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, fino al loro massimo potenziale; a mettere in grado le persone con disabilità di partecipare effettivamente a una società libera. La Convenzione impegna, così, gli Stati aderenti a rimuovere gli ostacoli alla integrazione del disabile e a predisporre misure che vadano incontro alle sue specifiche esigenze, anche individuali”.
La sentenza emessa dal Tribunale romano evidenzia, inoltre, come “in ambito nazionale, vengono in considerazione in primo luogo i principi fondanti della Costituzione Italiana, con il suo disegno volto alla riduzione delle conseguenze delle diseguaglianze al fine di garantire a chiunque la concreta possibilità di godimento dei diritti fondamentali della persona; di tale complesso di principi sono attuazione ed espressione quindi la legge 104/92, che attribuisce fra l’altro al portatore di disabilità il diritto soggettivo all'educazione ed all'istruzione nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie (art. 12), e la più recente legge 1marzo 2006, n. 67 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni). Dunque è indubitabile che il diritto all’istruzione sia da ascrivere tra i diritti fondamentali della persona, e che le persone che presentano disabilità abbiano diritto a che lo Stato attivi misure di integrazione e sostegno atte a rendere possibile ai portatori disabili la frequenza delle scuole, a partire da quella materna”.
Fra queste misure, la Corte di Cassazione annovera senz’altro “la somministrazione delle ore di insegnamento attraverso un docente specializzato” e specifica che “una volta che il piano educativo personalizzato […] abbia prospettato il numero di ore necessarie per il sostegno scolastico dell’alunno che versa in condizioni di handicap particolarmente grave, l’amministrazione scolastica è priva di un potere discrezionale, [...] ma ha il dovere di assicurare l’assegnazione, in favore dell’alunno, del personale docente specializzato, anche ricorrendo […] all’attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni” per rendere possibile proprio “la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto, dell'alunno disabile all'istruzione, all'integrazione sociale e alla crescita in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini”.
“La nostra iniziativa che offre tutela legale gratuita alle famiglie con alunni disabili – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – è una vera e propria 'battaglia di civiltà' e abbiamo ribadito ancora una volta al Ministero dell'Istruzione che la presenza del docente specializzato per l'insegnamento agli alunni disabili non può essere negata o concessa in minima parte e a discrezione dell'Amministrazione. Altrimenti risultano solo belle parole quelle che leggiamo ormai quotidianamente, anche da parte dei vari rappresentanti del Miur, a tutela degli alunni con problemi di apprendimento e più indifesi”.
“Con le sentenze ottenute dai nostri legali – continua Pacifico – abbiamo dimostrato che l’amministrazione compie degli abusi di potere negando l’offerta formativa prevista. Certamente, siamo orgogliosi di aver ottenuto il rispetto dei nostri alunni più deboli, ma allo stesso tempo è giunta l’ora di smetterla con le norme taglia-ore e taglia-organici, legate e meri motivi di risparmio. Servono, piuttosto, dei decreti attuativi a tutela degli alunni disabili. Non è possibile che il Ministero continui a costringere le famiglie a muoversi autonomamente per la tutela dei propri figli: lo Stato non può danneggiarli”.
“Pertanto auspichiamo che d’ora in poi si realizzi una vera responsabilità istituzionale che assicuri a partire dal prossimo anno scolastico un organico di sostegno adeguato agli effettivi bisogni dei nostri alunni. Il punto d’inizio è senza dubbio quello di far cadere gli articoli della Legge 128/2013 che impongono un’alta percentuale di posti in deroga, uno ogni due cattedre, da cui scaturiscono oltre 40 mila supplenze l’anno, con l’aggravante che vengono assegnate tutte su posti totalmente liberi e privi di docente titolare. In caso contrario, con il crescere continuo di alunni con certificazione di disabilità e con gli ultimi dati ufficiali nazionali che ci indicano quasi 255 mila iscritti certificati, il fenomeno del sostegno negato – conclude il sindacalista – non potrà purtroppo che dilagare”.
Anief ricorda che, in caso di inadempienze sul corretto monte ore di sostegno da attribuire agli alunni con disabilità anche per il prossimo anno scolastico, famiglie, docenti e dirigenti scolastici sono invitati a segnalare ogni mancata tutela dei diritti allo studio degli stessi alunni all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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