Nulla di fatto, almeno per gli insegnanti e il personale tutto della scuola, per l’inaspettata riforma delle pensioni. L’annunciata riduzione dei requisiti per accedere alla pensione, con l’introduzione di ‘Quota 100’, non ha infatti sinora trovato alcun riscontro: 150 mila docenti e Ata, che potevano andare in quiescenza, sono ancora in attesa. Il Ministro dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca Marco Bussetti ha discusso sulla verifica dei requisiti contributivi dei docenti e ATA che hanno richiesto la cessazione dal lavoro a partire dal 1° settembre 2018.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Non è un buon trattamento quello riservato a insegnanti e Ata italiani. Abbiamo presentato da poco uno studio in cui si evince come in Europa l’età media dei pensionamenti dei docenti risulti oggi attorno ai 63 anni di età anagrafica, mentre in Italia si è già approvata quota 67, sancita dalla Circolare Inps n. 62 del 4 aprile scorso, con il lavoro di chi opera a scuola, in particolare tra gli insegnanti, che continua a non essere associato allo stress correlato al burnout. Senza dimenticare che stiamo già parlando della classe docente più vecchia al mondo, visto che oltre il 60% dei docenti italiani è over50 e l’età media di immissione in ruolo è sopra i 40 anni di età.
Viene rimandata ancora di un anno l’attesa riforma e la situazione non ha ancora una risoluzione: infatti, 150 mila docenti e Ata, che potevano andare in quiescenza con ‘Quota 1001, sono ancora in attesa. Il Ministro dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca Marco Bussetti infatti, come riporta Orizzonte Scuola, ha discusso sul della verifica dei requisiti contributivi dei docenti e Ata che hanno richiesto la cessazione dal lavoro a partire dal 1° settembre 2018.
Il numero dei pensionamenti è infatti importante per poter definire il numero dei posti da assegnare per la mobilità e il calcolo del contingente di precari da assumere per l’a.s. 2018/19: “è la prima operazione che dà avvio all’anno scolastico successivo, fondamentale per determinare gli organici”, ha affermato. Tutte le operazioni dovranno essere concluse entro il 31 agosto, se veramente si vorrà dare un avvio ordinato all’anno scolastico. Dunque, ancora a ora, ci sono docenti e Ata che non sanno se potranno andare in pensione dal 1° settembre 2018.
“Il Ministro ha affermato di essersi subito messo in contatto con i vertici dell’INPS e rispetto al quadro di tre settimane fa il gap si è notevolmente diminuito. Il Ministro si è dimostrato fiducioso sulla possibilità che anche quest’anno non ci saranno intoppi nella procedura, anche se qualcuno potrà conoscere l’esito della propria pratica solo all’ultimo momento”, conclude la rivista specializzata.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, afferma come tale trattamento riservato a insegnanti e Ata italiani, formanti la classe più vecchia del mondo e la categoria tra i dipendenti pubblici a più alto rischio di ammalarsi, non sia dei migliori. “Abbiamo da poco presentato uno studio in cui si evince come in Europa l’età media dei pensionamenti dei docenti risulti oggi attorno ai 63 anni di età anagrafica, mentre in Italia si è già approvata quota 67, sancita dalla Circolare Inps n. 62 del 4 aprile scorso, con il lavoro di chi opera a scuola, in particolare tra gli insegnanti, che continua a non essere associato allo stress correlato al burnout. Senza dimenticare che stiamo già parlando della classe docente più vecchia al mondo, visto che oltre il 60% dei docenti italiani è over50 e l’età media di immissione in ruolo è sopra i 40 anni di età”, conclude il president Pacifico.
Tutti coloro che necessitano di chiarimenti in merito ai pensionamenti hanno facoltà di chiedere una consulenza personalizzata a Cedan, contattando la sede Cedan più vicina. Per maggiori informazioni ci si può collegare anche al sito internet oppure scrivere una e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o contattare il numero 091 7098356.
Per approfondimenti:
Pensioni, dopo le promesse elettorali torna il silenzio assordante