L’emendamento al Decreto Dignità non garantisce la permanenza in servizio di decine di migliaia di maestri, nemmeno dei 6 mila già immessi in ruolo. È emblematico, a questo proposito, quanto raccontato oggi dalle pagine di Orizzonte Scuola, da una docente siciliana 42enne, con 15 anni di supplenze svolte: lo scorso anno aveva finalmente sottoscritto il contratto a tempo indeterminato in Toscana e si trovava in prima posizione nelle GaE, mentre ora, con il concorso straordinario che vuole bandire l’esecutivo M5S-Lega, rischia non solo di perdere il ruolo ma anche di non ritrovarlo mai. “A Grosseto non si registra la stessa abbondanza di cattedre della Lombardia o nelle regioni vicine” del Nord e le cattedre libere “non si sa se verranno assegnate con le immissioni in ruolo”. Ed essere messa in coda a una graduatoria di merito regionale significa non vedere mai la luce. Sono graduatorie che non verranno mai smaltite”.
In questa situazione, come si fa a continuare a dire che i 120 giorni di proroga di attuazione dell’adunanza plenaria, voluti dal Consiglio dei Ministri, servivano a confermare dal 1° settembre prossimo sugli stessi posti i maestri dell’anno scolastico 2017/18? E non finisce qui. Perché, scrive oggi La Repubblica, a settembre “la scuola rischia di ripartire con la solita carenza di docenti. Soprattutto sul sostegno”. Ciò perché, paradossalmente, non è detto che gli uffici scolastici regionali e gli ex provveditorati agli studi (ora Ambiti territoriali provinciali) riusciranno ad assegnare tutti i posti. Perché le liste dei precari e le graduatorie dei concorsi in parecchi casi sono già vuote o con pochi aspiranti.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Siamo giunti al paradosso che la soluzione trovata dall’attuale governo con l’emendamento al Decreto Dignità è per molti maestri peggiorativa. Trasformare tutti i contratti a tempo determinato, con scadenza 30 giugno 2019, non dà alcuna garanzia, se poi assisteremo al solito balletto di docenti d’inizio anno. Anzi, aggravato dal fatto che man mano che le singole sentenze si trasformeranno in giudicato, assisteremo anche a cambi di maestri in corso d’anno. Per non parlare della cervellotica decisione di creare un nuovo concorso straordinario con dei requisiti di servizio per accedervi che lasciano fuori troppe categorie di docenti, a partire da quelli di scuole paritarie che, guarda caso, proprio nella scuola dell’infanzia e primaria lavorano in modo massiccio e continuativo. Il governo doveva trovare il coraggio di indicare al Parlamento l’unica soluzione possibile per uscire da questo ginepraio: la riapertura immediata delle GaE, quelle stesse graduatorie da dove ogni anno viene nominata la maggior parte dei 100 mila supplenti annuali o fino al termine delle attività didattiche, indispensabili per la formazione dei nostri alunni. Non averlo fatto è stato un errore che verrà pagato a carissimo prezzo, sia a livello politico che per le casse dello Stato, il quale dovrà anche stavolta spiegare in Tribunale perché continua a prendersela con i suoi lavoratori precari.
Stanno pian piano emergendo tutti i limiti dell’emendamento al Decreto Dignità, approvato dalle commissioni di competenza della Camera, con cui si vorrebbe risolvere la questione dei 60 mila diplomati magistrale interessati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato di fine 2017. Tra loro ci sono quasi 6 mila maestri con anni, anche decenni, di precariato alle spalle che, dopo avere raggiunto l’immissione in ruolo, svolto l’anno di prova e forti di ben otto sentenze favorevoli dello stesso Consiglio di Stato, avevano costruito la loro carriera e vita personale nelle province dove sono stati assunti. Ora, però, a seguito di quello che sta venendosi a determinare con l’emendamento al Decreto Dignità, dovranno ricominciare tutto daccapo. E siccome stiamo parlando di docenti ultra quarantenni, con impegni familiari ed economici da assolvere, per molti si tratta di un vero dramma. Peraltro, cagionato da quello che doveva essere il governo del cambiamento e delle soluzioni loro favorevoli.
È emblematico, a questo proposito, quanto raccontato oggi dalle pagine di Orizzonte Scuola, da una docente siciliana 42enne, con 15 anni di supplenze svolte: lo scorso anno aveva finalmente sottoscritto il contratto a tempo indeterminato in Toscana e si trovava in prima posizione nelle GaE, mentre ora, con il concorso straordinario che vuole bandire l’esecutivo M5S-Lega, rischia non solo di perdere il ruolo ma anche di non ritrovarlo mai. “A Grosseto – spiega la maestra siciliana - non si registra la stessa abbondanza di cattedre della Lombardia o nelle regioni vicine” del Nord e le cattedre libere “non si sa se verranno assegnate con le immissioni in ruolo”. E anche in questo caso, ci sarebbe poco da ridere.
Perché, dice ancora la docente, “essere messa in coda a una graduatoria di merito regionale, per noi della scuola primaria, significa non vedere mai la luce. Sono graduatorie che non verranno mai smaltite. L’idea del transitorio, mi va pure bene, ma se si considera il numero infinito di docenti in questa graduatoria, io il ruolo non lo otterrò mai! In Gae sono la prima, ma se finisco nelle graduatorie di merito che posto andrò a occupare? In Toscana nelle graduatorie di merito ci sono più di 600 persone e noi diplomati magistrale finiremo in coda”. Il problema è che graduatorie di merito “ci sono moltissimi docenti. Se poi danno la possibilità di scegliere la regione, chissà quanti docenti dal Sud arriveranno!”.
Quindi, in questo marasma di cattedre da coprire, con i docenti attuali che vanno non si sa dove e i nuovi che non si sa ancora da dove arrivino, oltre al danno inaudito che si sta arrecando a questi insegnanti, come si fa a sostenere che verrà salvaguardata la continuità didattica? Come si fa a continuare a dire che i 120 giorni di proroga di attuazione dell’adunanza plenaria, voluti dal Consiglio dei Ministri, servivano a confermare dal 1° settembre prossimo sugli stessi posti i maestri dell’anno scolastico 2017/18?
E non finisce qui. Perché, lo scrive oggi La Repubblica, a settembre “la scuola rischia di ripartire con la solita carenza di docenti. Soprattutto sul sostegno”. Questo perché “paradossalmente, non è detto che gli uffici scolastici regionali e gli ex provveditorati agli studi (ora Ambiti territoriali provinciali) riusciranno ad assegnare tutti i posti. Perché le liste dei precari e le graduatorie dei concorsi in parecchi casi sono già vuote o con pochi aspiranti. E su 364 percorsi Fit da attivare ne sono partiti soltanto 310. Entro il 31 agosto prossimo, data limite per fare scattare le assunzioni, solo 9 regioni su 15 hanno comunicato che completeranno i concorsi in questione. E’ quindi probabile che dei 57 mila posti in palio ne verranno assegnati parecchi di meno”. A questo si aggiunga che è “prevista per il 2018-2019 una ulteriore crescita degli alunni disabili e dei posti in deroga (quelli in più rispetto all’organico stabile)”: l’anno scorso “furono 55 mila, quest’anno si potrebbero superare le 60 mila unità”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “siamo giunti al paradosso che la soluzione trovata da questo governo con l’emendamento al Decreto Dignità è per molti maestri peggiorativa dell’attuale situazione. Trasformare tutti i contratti a tempo determinato, con scadenza 30 giugno 2019, non dà alcuna garanzia se poi assisteremo al solito balletto di docenti d’inizio anno. Anzi, aggravato dal fatto che man mano che le singole sentenze si trasformeranno in giudicato, assisteremo anche a cambi di maestri in corso d’anno”.
“Per non parlare della cervellotica decisione di creare un nuovo concorso straordinario con dei requisiti di servizio per accedervi che lasciano fuori troppe categorie di docenti, a partire da quelli di scuole paritarie che, guarda caso, proprio nella scuola dell’infanzia e primaria lavorano in modo massiccio e continuativo. Il governo doveva trovare il coraggio di indicare al Parlamento l’unica soluzione possibile per uscire da questo ginepraio: la riapertura immediata delle GaE, quelle stesse graduatorie da dove ogni anno viene nominata la maggior parte dei 100 mila supplenti annuali o fino al termine delle attività didattiche, indispensabili per la formazione dei nostri alunni. Non averlo fatto - conclude il sindacalista autonomo – è stato un errore che verrà pagato a carissimo prezzo, sia a livello politico che per le casse dello Stato, il quale dovrà anche stavolta spiegare in Tribunale perché continua a prendersela con i suoi lavoratori precari”.
PER APPROFONDIMENTI:
Diplomati magistrale, Bussetti: le sentenze vanno rispettate. Anief: senza eccezioni, pure quelle UE