In migliaia saranno in piazza l'11 settembre, per il primo sciopero dell'anno scolastico indetto da Anief per chiedere la conferma dell’emendamento LeU salva-precari, già licenziato dal Senato qualche giorno fa: ricorderanno ai parlamentari della Camera che, come ha rilevato in queste ore Tuttoscuola, delle 50 mila maestre diplomate in attesa di un posto fisso meno di una su cinque lavorerà il prossimo anno e solo con un contratto di 10 mesi. Per le altre 40 mila nulla, al massimo ci sarà qualche occasionale supplenza. Per tutti un concorso straordinario (ma si potrebbe definire anche un ‘concorsino’, tenuto conto che è prevista solo una prova orale) in cui non è previsto un punteggio minimo, con tutti vincitori. Solo che per entrare in ruolo ci vorranno fino a 29 anni nella scuola dell’infanzia e fino a 11 anni nella primaria. Per gli esperti, autori di un dossier sul tema, con questo sistema non si garantirà nemmeno la continuità didattica. Inoltre, al concorso per 12 mila posti parteciperanno tra i 70 mila e i 90 mila candidati: poiché non sarà selettivo, la graduatoria non si svuoterà prima del 2047.
La rivista ha anche tracciato i profili più emblematici dei candidati al concorso straordinario, il cui bando uscirà ad inizio autunno: per la scuola dell’infanzia si ipotizza un aspirante maestro che a 18 anni ha ottenuto il diploma magistrale nel 1985 e che al termine del concorso si posizioni in fondo alla graduatoria: oggi ha 51 anni, entrerebbe in ruolo nel 2049 a 82 anni, ma avendo raggiunto l’età pensionabile da un pezzo, non potrà essere assunto. C’è pure un candidato che ha ottenuto la laurea in scienze della formazione primaria nel 2010 a 24 anni e che al termine del concorso si posiziona in fondo alla graduatoria: oggi ha 32 anni, entrerebbe in ruolo nel 2049 a 63 anni, poco prima di andare in pensione. Pure per la scuola primaria gli aspiranti maestri hanno poco da ridere: chi a 18 anni ha ottenuto il diploma magistrale nel 1985 e al termine del concorso si posizioni circa in fondo alla graduatoria, oggi ha 51 anni ed entrerebbe in ruolo nel 2032 a 64 anni.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Vogliamo farci ascoltare da quella politica che aveva promesso di voler sentire tutti e che invece non ha programmato neanche le audizioni parlamentari dei precari coinvolti dal decreto dignità. Mentre un terzo delle assunzioni deliberate quest'anno andranno a vuoto perché abbiamo insegnanti specializzati e abilitati come quelli inseriti nelle GaE, ma ad essi è stato negato l'accesso nonostante siano esaurite. Quindi vivremo ancora un anno scolastico fatto di supplenze casuali, derivanti dalle 15 o 20 scuole scelte, tramite le graduatorie d'istituto, con precari nominati a novembre inoltrato. Per non parlare dei 43 mila maestri supplenti che non saranno più chiamati e in molti casi nemmeno sostituiti da nessun supplente, perché non c'è nessun controinteressato nelle loro graduatorie o delle laureate in Scienze della formazione primaria senza i 24 mesi di servizio, ancorché specializzate su quei posti di sostegno che andranno vacanti. L'unica soluzione rimane, attraverso il Milleproroghe già approvato dall’Aula del Senato, la riapertura delle GaE per salvare le supplenze, coprire i posti vacanti, ripristinare la parità di trattamento tra personale docenti abilitato e i ruoli dello Stato. Questo chiederemo alla politica a settembre.
Sta venendo a galla la verità sulla non soluzione che il Parlamento ha trovato per i diplomati magistrale, con il Decreto Dignità appena trasformato in legge dello Stato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale: attraverso un puntuale dossier prodotto dagli esperti di Tuttoscuola, è emerso che i licenziamenti del prossimo anno e il concorso straordinario da appena 12 mila posti determineranno che meno di un maestro con diploma magistrale su cinque lavorerà nell’a.s. 2018/19. E ci vorranno 29 anni perché tutti arrivino all’immissione in ruolo. “Delle 50 mila maestre diplomate in attesa di un posto fisso – scrive la rivista specializzata - meno di una su cinque lavorerà il prossimo anno, e solo con un contratto di 10 mesi. Per le altre 40 mila nulla, al massimo qualche occasionale supplenza. Per tutti un concorso straordinario (ma si potrebbe definire anche un “concorsino”, tenuto conto che è prevista solo una prova orale) in cui non è previsto un punteggio minimo, con tutti vincitori. Solo che per entrare in ruolo ci vorranno fino a 29 anni nella scuola dell’infanzia e fino a 11 anni nella primaria”.
Dal dossier emergono anche altre incongruenze, ad iniziare dal fatto che “il decreto “dignità” parla di ‘misure finalizzate alla continuità didattica’: in realtà nessuno (o quasi) dei pochi che lavoreranno nel 2018-19 sarà riconfermato nella sede di quest’anno, né nell’anno successivo lavoreranno (se lavoreranno) nella sede del 2018-19”. Sui numeri di potenziali partecipanti, poi, c’è da far tremare i polsi. “Potranno partecipare due categorie di candidati: i laureati in scienze della formazione primaria e i diplomati magistrali entro il 2001-02. Si stimano 90 mila candidati. Potrebbe esserci il diritto a partecipare ad entrambi i concorsi (scuola dell’infanzia infanzia e scuola primaria), ma è probabile che un certo numero di persone opti per un solo concorso, portando il numero dei candidati effettivi a circa 70 mila per ciascun concorso”.
E qui arriva il bello, perché, continua Tuttoscula, “dal momento che nella scuola dell’infanzia si liberano circa 5 mila posti all’anno, e che solo metà dei posti sarà riservato ai vincitori di questo concorso straordinario (l’altra metà è riservata alle GAE), ci potrebbero volere 29 anni per assorbire i vincitori. Ma nel frattempo almeno la metà dei candidati iscritti avrà raggiunto l’età massima per rimanere in servizio e, conseguentemente, in 14-15 anni le graduatorie del concorso si dovrebbero esaurire, dando il via libera ai concorsi ordinari. Per la scuola primaria si possono stimare “solo” 11 anni. Insomma il ‘concorsino’ collocherà in un gigantesco limbo gli aspiranti maestri, da dove potrebbero uscire molti anni dopo”.
Tuttoscuola ha anche tracciato i profili più emblematici dei candidati al concorso straordinario, il cui bando uscirà ad inizio autunno: per la scuola dell’infanzia si ipotizza un candidato che “ha ottenuto a 18 anni il diploma magistrale nel 1990 e che al termine del concorso si posiziona circa a metà della graduatoria: oggi ha 46 anni, entrerà in ruolo nel 2034 a 62 anni, alla vigilia della pensione”. Un altro possibile candidato-tipo è quello che “a 18 anni ha ottenuto il diploma magistrale nel 1985 e che al termine del concorso si posizioni in fondo alla graduatoria: oggi ha 51 anni, entrerebbe in ruolo nel 2049 a 82 anni, ma avendo raggiunto l’età pensionabile da un pezzo, non potrà essere assunto”. C’è pure un “candidato che ha ottenuto la laurea in scienze della formazione primaria nel 2010 a 24 anni e che al termine del concorso si posiziona in fondo alla graduatoria: oggi ha 32 anni, entrerebbe in ruolo nel 2049 a 63 anni, pochi anni prima di andare in pensione, lavorando sempre da precario o cercando altre strade per lavorare”.
Anche per la scuola primaria gli aspiranti maestri hanno poco da ridere: un “candidato che a 18 anni ha ottenuto il diploma magistrale nel 1985 e che al termine del concorso si posizioni circa in fondo alla graduatoria: oggi ha 51 anni, entrerebbe in ruolo nel 2032 a 64 anni, alla vigilia della pensione. A quella data saranno passati 45 anni dal conseguimento del titolo di studio che dà accesso alla professione”. Un altro precario, leggermente più fortunato, è colui “che ha ottenuto la laurea in scienze della formazione primaria nel 2010 a 24 anni e che al termine del concorso si posiziona in fondo alla graduatoria: oggi ha 32 anni, entrerebbe in ruolo nel 2031 a 45 anni”.
La verità è questa, mentre dal governo si continua a dire che il voto riparatorio in Senato nel Decreto Milleproroghe è un errore da sanare: nella sua durezza e crudezza, è fatta di 50 mila maestri che non avranno più un contratto a settembre non certo per colpa dei giudici ma della politica, la quale non prendendosi le sue responsabilità ha abbandonato più dell’80% dei diplomati magistrale già collocati nelle GaE e che attendevano da anni l’immissione in ruolo conquistata a suon di titoli e servizi. Ecco perché l’ultima speranza è approvare nel Milleproroghe l’emendamento LeU salva-precari, già licenziato dal Senato qualche giorno fa, che riapre le graduatorie anche agli Itp e a tutti gli altri abilitati.
E cambiare i numeri non è corretto. Asserire, come ha fatto il vicepremier Luigi Di Maio, “che noi bandiamo un concorso per 12.000 posti, quelle persone sono 7.500, facciamo concorso per servizio, quindi anni di carriera e per titoli, quindi è un concorso che gli consentirà di rientrare nel mondo della scuola”, non corrisponde al vero. Perché in ballo ci sono altri 43mila diplomati magistrale. E ancora più laureati con l’abilitazione già in tasca. Per Di Maio è tutto semplice e certi numeri vengono omessi. “Ci sono anche i laureati in Scienze della Formazione – ha detto il vicepremier - che stanno vivendo la stessa tragedia dei diplomati magistrali, perciò mandiamo 12.000 posti. Quello che mi permetto di dire, si dice che il decreto li licenzia tra un anno, si dice una cosa falsa, perché la sentenza li avrebbe licenziati a settembre, noi rinviamo di un anno per fare un concorso e riassorbirli”.
È sempre più ovvio, quindi, che stabilizzare solo qualche maestro è solo fumo negli occhi. Per queste ragioni, per non soccombere ad un provvedimento-farsa, Anief ha deciso di scioperare e manifestare l’11 settembre prossimo, nel primo giorno di esame della Camera del testo del Milleproroghe approvato già in Senato: “L'obiettivo – spiega il suo presidente nazionale, Marcello Pacifico – è farsi ascoltare da quella politica che aveva promesso di voler sentire tutti e che invece non ha programmato neanche le audizioni parlamentari dei precari coinvolti dal decreto dignità. È arrivato il momento di cambiare politica scolastica. Fa sorridere il dibattito tra M5s e Pd sui concorsi previsti dal decreto dignità quando l'ufficio legislativo e la Lega rivendicano di aver riproposto la stessa scelta della vecchia maggioranza che aveva assegnato il transitorio soltanto alla secondaria dimenticandosi della primaria, quindi del dlgs 59/17, art. 17 applicativo della Legge 107/15”.
“E che i nuovi concorsi riservati abbiano fatto buca prima – dice ancora il sindacalista autonomo - lo dimostra un altro dato inequivocabile: per le superiori hanno partecipato appena la metà degli aventi diritto e pochissimi saranno assunti quest'anno, mentre è certo che alcuni saranno reclutati fra 40 anni. Il tutto accade, mentre un terzo delle assunzioni deliberate quest'anno andranno a vuoto perché abbiamo insegnanti specializzati e abilitati come quelli inseriti nelle GaE, ma ad essi è stato negato l'accesso nonostante siano esaurite. E quindi vivremo ancora un anno scolastico fatto di supplenze casuali, derivanti dalle 15 o 20 scuole scelte, tramite le graduatorie d'istituto, con precari nominati a novembre inoltrato”.
“Se poi si vuole affermare che saranno 12 mila assunzioni nella primaria a risolvere i problemi dei licenziamenti che avverranno fra un anno per le maestre assunte che hanno superato l'anno di prova, allora – continua Pacifico - bisogna chiarire in primis che 7 mila di quelle assunzioni sono già avvenute e riguardano le maestre che saranno licenziate. E poi che di fronte a 100 mila domande, gli stessi neoassunti potrebbero non avere il posto dell’anno prima, se tutte le domande si concentrano nella stessa provincia. Per non parlare dei 43 mila maestri supplenti che non saranno più chiamati e in molti casi nemmeno sostituiti da alcun supplente, perché non c'è nessun controinteressato nelle loro graduatorie o delle laureate in Scienze della formazione primaria senza i 24 mesi di servizio, ancorché specializzate su quei posti di sostegno che andranno vacanti”.
“Credetemi – conclude il sindacalista Anief-Cisal -, l'unica soluzione rimane la riapertura delle GaE, attraverso il Milleproroghe già approvato dall’Aula del Senato: solo così si potranno salvare le supplenze, coprire i posti vacanti, ripristinare la parità di trattamento tra personale docente abilitato e i ruoli dello Stato. Questo chiederemo alla politica a settembre. Ancora una volta rivendicando ascolto e buon senso, sempre per evitare la guerra nei tribunali a discapito dell'utenza”.
PER APPROFONDIMENTI:
Diplomati magistrale, Bussetti: le sentenze vanno rispettate. Anief: senza eccezioni, pure quelle UE