Il calcolo è stato fatto dall’Ufficio Studi dell’Anief che ha incrociato i dati anagrafici dei potenziali pensionandi, a seguito della riduzione delle soglie di acceso che il Governo vorrebbe introdurre con la manovra di fine 2018, con le simulazioni elaborate da Tabula, in base alle quali l'ipotesi potrebbe avere circa 350mila beneficiari nel primo anno e altri 250 mila nel successivo. Secondo il leader del giovane sindacato, Marcello Pacifico, è questa la strada giusta da percorrere, a patto che non vi siano disincentivi o, peggio ancora, riduzioni di assegni, oppure formule “magiche”, come i fondi di solidarietà e di esubero prestate dai servizi di credito o assicurativi. Perché la Legge Fornero ha creato un sistema previdenziale assurdo, senza eguali nell’area Ocse. A partire dalla Scuola, visto che nessun Paese ha osato mandare i propri docenti, ad alto rischio burnout, in pensione alle soglie dei 70 anni. E anche in Europa si lascia la cattedra a 63 anni, con Francia e Germania dove bastano tra i 25 e i 27 anni di insegnamento per lasciare il servizio.
Appartengono alla scuola almeno 200 mila lavoratori dei 660 mila beneficiari della possibile introduzione di «quota 100» con 62 anni di età, abbinata all'uscita a 41,5 anni di contributi a prescindere dall'età: la stima è dell’Ufficio Studi del sindacato Anief che ha esaminato i dati anagrafici dei potenziali pensionandi, a seguito della logica riduzione delle soglie d’accesso che il Governo vorrebbe introdurre con la manovra di fine anno per dare la possibilità di uscire delle norme-trappola approvate con la Legge Fornero.
Il calcolo realizzato dal sindacato autonomo tiene conto delle simulazioni elaborate da Tabula, guidata da Stefano Patriarca, riprese oggi dal Sole 24 Ore, in base alle quali “l'ipotesi «quota 100» con 62 anni di età potrebbe avere circa 350 mila beneficiari il primo anno con una spesa di 8,5 miliardi e circa 11 miliardi a regime. «Quota 100» con 62 anni di età sommata alle uscite a 41,5 anni costerebbe secondo Tabula 13 miliardi nel 2019. Cifra che salirebbe a regime a 20 miliardi. A beneficiare della nuova misura sarebbero soprattutto uomini del Nord entrati precocemente nel mondo del lavoro, che hanno lavorato in modo stabile e continuativo”.
Anief ritiene che il Governo M5S-Lega si sia troppo esposto pubblicamente su tale evenienza, anche attraverso precise esternazioni del vicepremier Matteo Salvini, e giunti a questo punto non ha altre possibilità che confermare la quota 100 con riduzione minima a 62 anni: a decidere non può essere l’Inps, attraverso il suo presidente, che continua a parlare di costi eccessivi per le case dell’ente previdenziale e di sicuro danno procurato indirettamente agli attuali giovani. Ai quali, tra l’altro, si chiederanno sempre più contributi per accedere a loro volta alla pensione: ma se non gli si concede spazio, stabilizzandoli solo dopo i 40 anni, come possono realizzare questo obiettivo?
“Secondo noi – dichiara Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – i benefici che deriverebbero dal turn over si tradurrebbero subito sul servizio e sull’efficienza, considerando l’energia positiva che produce un giovane che subentra ad un ultra-sessantenne. Nel caso degli insegnanti, poi, vi sono anche delle necessità pratiche, legate allo stress accumulato dietro alla cattedra e alle patologie da burnout che ne conseguono. Inoltre, è bene che per i docenti e Ata della scuola, l’Inps richieda quei contributi figurativi mai versati e che risulterebbero utili al personale al momento della domanda di pensionamento”.
“Il messaggio che non accettiamo – prosegue Pacifico – è che l’introduzione di quota 100 senza particolari paletti venga fatto passare come una concessione. Non è così. Con la Legge Fornero, infatti, l’Italia ha creato un sistema previdenziale assurdo, senza eguali nell’area Ocse, perché nessun Paese ha osato mandare i propri docenti in pensione alle soglie dei 70 anni. E anche in Europa si lascia la cattedra a 63 anni, con Francia e Germania dove bastano tra i 25 e i 27 anni di insegnamento per lasciare il servizio”.
“Ma si badi bene – conclude il sindacalista Anief-Cisal – a non prendere per il naso i nostri lavoratori: la quota 100 a 62 anni di età e i 41 anni di contributi versati devono permettere l’accesso alla pensione senza penalizzazioni economiche. Pensare di far passere la norma e poi introdurre disincentivi o, peggio ancora, riduzioni di assegni, oppure con formule “magiche”, come i fondi di solidarietà e di esubero prestate dai servizi di credito o assicurativi, rappresenterebbe l’ennesima manovra previdenziale da fumo negli occhi. Un’operazione-vetrina che i nostri pensionandi non sopporterebbero proprio, ad iniziare da quelli che operano nella scuola e che hanno sostenuto nell’urna quei partiti che ora si apprestano a varare le legge di bilancio”, conclude Pacifico.
I lavoratori che necessitano di chiarimenti in merito ai pensionamenti hanno sempre facoltà di chiedere una consulenza personalizzata a Cedan, contattando la sede Cedan più vicina. Per maggiori informazioni ci si può collegare anche al sito internet oppure scrivere una e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o contattare il numero 091 7098356.
Per approfondimenti:
Pensioni, dopo le promesse elettorali torna il silenzio assordante
Pensioni, saltano quota 100 e 41? Anief chiede di potere uscire a 63 anni, in linea con la media UE