La sentenza riguarderà tutti i dipendenti pubblici assunti dopo l’anno 2000. Anief pronta, in caso di esito positivo, a depositare migliaia di ricorsi per docenti e Ata di ruolo e precari, al fine di recuperare quanto illegittimamente sottratto nel quinquennio precedente e a dispetto di quanto afferma ARAN: per fare ciò, sarà fondamentale che ogni dipendente danneggiato invii apposita diffida predisposta dal sindacato. Considerando l’intera vita lavorativa, il personale della PA per legge dovrebbe ricevere dalla propria liquidazione 22 mila euro in più rispetto ai lavoratori privati, il cui istituto è regolato dallo stesso articolo 2120 del Codice civile. Per pre-aderire al ricorso, vai al seguente link.
In settimana potrebbe arrivare una svolta positiva per tutti i dipendenti pubblici assunti dopo il 2000 e destinati ad una liquidazione finale fortemente e inferiore rispetto a chi opera nel settore privato: mercoledì prossimo, 10 ottobre, infatti, la Consulta si esprimerà sulla causa promossa dal tribunale di Perugia con ordinanza del 25 aprile 2017 sulla questione della legittimità costituzionale dell'art. 26, c. 19 della legge 448/98, relativa all'accordo collettivo nazionale quadro firmato dai sindacati confederali del 29 luglio 1999 e del conseguente art. 1, c. 3 del DPCM 20 dicembre 1999 che giustifica tale trattenuta a titolo di rivalsa con una evidente discriminazione rispetto a quanto prescrive l'art. 2120 del Codice civile per il settore privato.
In questo periodo l’Aran si è limitato a pubblicare le sentenze negative sul tema, in modo da scoraggiare i lavoratori del pubblico impiego assunti dopo il 2000 a chiedere l'interruzione della trattenuta del TFR a seguito della diffida messa a disposizione dal 2012 dal nostro sindacato. Sorvolando sulle tante sentenze di tenore opposto. Ma la cosa più sorprendente è che l'Aran non proferisce verbo sulla pendenza in Corte costituzionale della legittimità della trattenuta a titolo di rivalsa per garantire la parità retributiva del 2,5% sul TFR. Come si è guardato bene dall’invitare i lavoratori a non incorrere nella prescrizione quinquennale in caso di esito favorevole del credito illegittimamente sottratto.
Anief ha spiegato più volte come stanno realmente le cose, con i tribunali del lavoro che cominciano ad occuparsi della questione con sentenze alterne nonostante l’ARAN ne ricordi solo 12 negative e non avverta che la questione è pendente in Cassazione. E pure il giudice di legittimità ha sospeso il processo, in attesa di una terza e nuova sentenza della Corte Costituzionale che su Ordinanza n. 125 del 21 aprile 2017 del tribunale di Perugia dovrà pronunciarsi proprio sulla legittimità della trattenuta del 2,5% a titolo di rivalsa o comunque per garantire la parità retributiva in regime di TFR, ovvero sulla presunta violazione dell'art. 26, comma 19 della legge 448/98, quindi dell'art. 1, comma 3 del DPCM emanato ai sensi dell'AQN firmato dai sindacati: l’importante sentenza che avremo mercoledì prossimo.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, ricorda che “se la Consulta ci darà ragione, chi ricorrerà in tribunale otterrà la quota a partire dai cinque anni precedenti la diffida. Intanto, continuiamo ad invitare tutti i dipendenti pubblici assunti dopo il 2000 ad inviare una diffida per interrompere il termine di prescrizione, proprio in attesa della decisione della Consulta, che ci sembra abbia le idee chiare sul tema. I vantaggi sono evidenti: su uno stipendio medio di 1.500 euro, la trattenuta per tutta la vita lavorativa del 2,5% è fino a 22 mila euro”.
È bene però sapere che tutti i dipendenti che sono in regime di TFS, qualora non inviino una diffida entro novembre 2018, non potranno recuperare il differenziale del 2,69% mensile per il biennio 2011/2 non versato dallo Stato, per la prescrizione intervenuta a seguito del quinquennio trascorso da quando il Governo avrebbe dovuto disciplinare e finanziare l'ex TFS “tieffirizzato”. Resta inteso che se già pensionati, allora dovrebbero da subito, anche con decreto ingiuntivo, ricorrere in tribunale sempre al fine di recuperare il credito indebitamente sottratto.
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