La nuova misura previdenziale, come già specificato nella nota di aggiornamento al Def, consente di andare in pensione una volta raggiunta una quota (somma di età contribuzione) almeno pari a 100, con un’età minima di 62 anni, purché si sia in possesso almeno di 38 anni di contributi. Quota 100 quindi permetterà di ritirarsi in anticipo rispetto a quanto previsto dalla pensione di vecchiaia; secondo quanto previsto, da febbraio sarà destinata, potenzialmente, a tutti i lavoratori e non ci saranno penalizzazioni sull’assegno. Per informazioni, contatta Cedan.
Non si tratta di una novità assoluta, in quanto era possibile già ottenere la pensione anticipata. Ad oggi sopravvivono alcune tipologie residuali di pensione di anzianità con le quote: si tratta delle pensioni degli addetti ai lavori usuranti, delle pensioni dei beneficiari delle salvaguardie e del cosiddetto salvacondotto.
Per ottenere la quota 100 è necessario che la somma dell’età e degli anni di contributi sia almeno pari a 100. Ottiene la quota 100, ad esempio, chi ha compiuto 62 anni e possiede 38 anni di contributi (62+38=100). Per chi ha 63 anni, dunque, la quota diventa 101, in quanto resta fermo il requisito contributivo dei 38 anni (per chi ne ha 64, 102 e così via). Quando l’età o le annualità di contribuzione non corrispondono a una cifra esatta, per calcolare la quota i mesi devono essere trasformati in decimi (ad esempio, se il lavoratore ha raggiunto 63 anni e 6 mesi di età, ai fini del calcolo della quota dovrà indicare 63,5)
Non si sa, al momento, se la quota 100 sarà raggiungibile o meno attraverso il cumulo dei contributi, cioè sommando la contribuzione presente in gestioni previdenziali differenti, ma, in base alle indiscrezioni trapelate, tale possibilità sembrerebbe esclusa, poiché favorirebbe l’uscita dal lavoro di tutti coloro che hanno avuto una carriera discontinua, con versamenti in casse diverse.
In base a quanto riportato nella nota di aggiornamento al Def, la quota 100 sarà calcolata come qualsiasi altro trattamento pensionistico, senza penalizzazioni e senza il ricalcolo misto o il ricalcolo integralmente contributivo.
La pensione quota 100, rispetto al quadro attuale, potrebbe cambiare ancora, con la previsione di condizioni più severe per ottenerla: in particolare, oltre ai limiti di età e contribuzione, dovrebbe comportare anche il divieto di lavorare. In pratica, si vorrebbe ripristinare il divieto di cumulo tra lavoro e pensione, divieto abolito, per la maggior parte delle pensioni dirette, dal 2008. Non è ancora chiaro, però, se il divieto di cumulo sarà assoluto, come avviene oggi per la pensione anticipata dei lavoratori precoci, oppure relativo, come avviene per l’assegno ordinario d’invalidità e per alcune pensioni d’inabilità. Non si sa, cioè, se i pensionati che lavoreranno si vedranno soltanto ridurre la pensione, oppure se la vedranno revocare. Il divieto dovrebbe durare, comunque, sino al compimento dell’età pensionabile, cioè dell’età per la pensione di vecchiaia.
Oltre alla quota 100, sono state ipotizzate altre tipologie di pensioni agevolate; quelle di cui si parla più spesso sono: la pensione quota 41 e 6 mesi (il termine quota qui è usato impropriamente, in quanto indica solo gli anni di contributi); questa pensione attualmente esiste già, ma è riservata ai soli lavoratori precoci appartenenti a determinate categorie tutelate che la possono raggiungere con 41 anni di contributi e dovrebbe essere estesa in futuro almeno a tutti lavoratori appartenenti alle categorie svantaggiate. La pensione quota 42: si tratta di una riformulazione della quota 41, per la quale sono previsti 42 anni di contributi; dovrebbe partire dal 2020 e coinvolgere tutti i lavoratori. La proroga dell’opzione donna, con la possibilità, per le lavoratrici, di pensionarsi a 57 o 58 anni di età e 35 anni di contributi; la proroga è stata recentemente confermata dal ministro Di Maio. La nona salvaguardia che darebbe la possibilità, ai cosiddetti lavoratori salvaguardati, di pensionarsi con le regole precedenti alla Legge Fornero.
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