Secondo la sentenza 15367 pilota della Cassazione del 2014, il docente è tutelato per “l'esercizio delle sue funzioni” e tale trattamento “non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi”. La gravità dell’atto accaduto venerdì a Saronno, a seguito della disdicevole reazione della madre di un alunno verso una maestra, a seguito dei suoi continui ritardi nel riprendere il figlio all’uscita di scuola, si riscontra anche dall’articolo 358 del Codice Penale, nel quale è riportato in modo inequivocabile che “sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio”. Secondo Marcello Pacifico (Anief-Cisal) se i fatti accaduti fuori la scuola di Saronno dovessero essere confermati, è chiaro che si dovrà procedere con il massimo del rigore e della pena consentiti. Sarebbe utile trasmettere tale dovere civico, anche attraverso corsi ad hoc rivolti agli alunni e alle loro famiglie: è un passaggio fondamentale se si vuole combattere lo scadimento dell’autorevolezza della figura dell’insegnante.
Le violenze verso gli insegnanti sono oramai all’ordine del giorno. Anche la virulenza con cui vengono messe in atto. L’ultimo fatto, che ha dell’incredibile, è accaduto venerdì scorso a Saronno, nel varesotto, reso pubblico nelle ultime ore: la protagonista è la madre che ha lasciato a scuola il figlio per oltre mezz'ora dopo l'orario d'uscita senza avvisare, non si è resa reperibile e, quando le maestre glielo hanno fanno notare, non essendo nemmeno la prima volta, invece di scusarsi ha pensato bene di insultare e sputare contro una maestra.
Quella madre è stata denunciata. E se la giustizia farà il suo corso, la donna si dovrà difendere in un tribunale penale. Perché è questo il contesto giudiziario di riferimento di chi produce violenza, fisica o verbale, contro un insegnante della scuola. Il quale, è bene ricordarlo, durante l’esercizio della sua funzione equivale a tutti gli effetti ad un pubblico ufficiale (Sez. 3, n. 12419 del 06/02/2008, Zinoni, Rv. 239839).
A confermare lo status di pubblico ufficiale del docente, nel corso dell’esercizio della sua professione, è stata la Corte di Cassazione, sezione V Penale che, con la sentenza pilota n. 15367, del 12 febbraio – 3 aprile 2014, ha stabilito, a proposito dell’insegnante, che “l'esercizio delle sue funzioni non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi (Sez. 6, n. 4033 del 15/12/1993 - dep. 07/04/1994, Tulina, Rv. 197966; Sez. 6, n. 6587 del 05/02/1991, Dilavanzo, Rv. 187437)”.
Anche il codice di procedura penale conferma tale orientamento: all’articolo 357 viene stabilito che la qualifica di pubblico ufficiale va attribuita a tutti quei soggetti che “concorrono a formare la volontà di una pubblica amministrazione; coloro che sono muniti di poteri: decisionali; di certificazione; di attestazione di coazione” (Cass. Pen. n. 148796/81). Il successivo artico, il 358 del c.p., a propria volta, dispone che “sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “è bene che l’opinione pubblica venga informata che chi aggredisce un insegnante compie un oltraggio a pubblico ufficiale: se i fatti accaduti fuori la scuola di Saronno dovessero essere confermati, è chiaro che si dovrà procedere con il massimo del rigore e della pena consentiti. Ed è bene che si sappia che chi si macchia di questo genere di comportamenti va incontro a delle conseguenze penali non indifferenti. Sputare contro un insegnante significa non avere il senso dell’autorità e il rispetto verso chi è incaricato a formare i nostri giovani”.
“Per evitare che certi fatti possano ripetersi, sarebbe bene che nelle scuole, ad iniziare dalla primaria, si trasmettesse il senso civico, anche attraverso corsi ad hoc rivolti agli alunni e alle loro famiglie. È un passaggio fondamentale se si vuole combattere lo scadimento dell’autorevolezza della figura dell’insegnante, anche agli occhi delle famiglie e della pubblica cittadinanza”, conclude Pacifico.
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