A pochi mesi dal suo insediamento, il governo gialloverde stravolge il reclutamento degli insegnanti, tornando ai concorsi a cattedra biennali abilitanti e riducendo ai minimi termini il Fit introdotto appena tre anni fa dalla Buona Scuola di Renzi. Nella mania riformatrice, però, il Miur dimentica di lasciare aperta la porta ai precari con tre anni di servizio, per i quali il decreto legislativo 59/2917, applicativo della Legge 107/2015, aveva previsto un concorso a parte, come del resto indicato chiaramente dall’Unione Europea per tutti i cittadini comunitari non di ruolo che hanno superato i 36 mesi di servizio. Marcello Pacifico (Anief-Cisal) ricorda che questi docenti non cambieranno di certo la loro professione e continueranno ad insegnare. Ingolfando le liste di attesa, continuando a tenere alta la percentuale di supplentite, oltre che l’età media di chi siede dietro la cattedra. Inoltre, molti di loro non staranno di certo a guardare e faranno causa allo Stato italiano, per l’abuso dei contratti a termine, con una storia giudiziaria senza fine
Cambia il percorso per diventare insegnante nella scuola pubblica italiana. E cambia il destino di oltre 100 mila docenti precari storici. La decisione è scritta, nero su bianco, nella relazione tecnica alla manovra finanziaria 2019, ora all’esame delle Camere dopo la “bollinatura” della Ragioneria dello Stato, nella quale si presentano i risparmi derivanti dalle nuove norme proposte: “si prevede il venir meno della procedura concorsuale riservata al personale con almeno tre anni di anzianità di servizio. Il predetto personale potrà comunque partecipare al concorso ordinario, dunque non si prevedono effetti finanziari”.
“Il nuovo progetto di riforma del reclutamento targato Bussetti presentato nella bozza di Legge di Bilancio – scrive Orizzonte Scuola - presenta un nuovo concorso per laureati e di fatto abolisce il concorso previsto per i precari che potessero vantare tre anni di servizio negli ultimi otto. Per i precari storici dunque nessuna agevolazione, se non la riserva del 10% dei posti messi a bando nel concorso ordinario, aperto a tutti i laureati, indipendentemente dal servizio svolto. Una tutela considerata irrisoria dai precari interessati, che al Ministro Bussetti avevano proposto un corso di abilitazione (ex PAS) e la partecipazione ad un concorso non selettivo”.
Più volte il Ministro dell’Istruzione ha detto di voler per ringiovanire la platea degli insegnanti, considerando che l’età media è alle soglie dei 60 anni. Solo che per realizzare l’obiettivo non ha fatto nulla per mandare in pensione il personale più stressato e a rischio burnout tra i lavoratori italiani, ma ha pensato bene di tagliare fuori i precari. Riservando loro una percentuale irrisoria nell’unico concorso rimasto in vita e condannando al precariato perenne decine e decine di migliaia di docenti della scuola secondaria. Sulla falsa riga, del resto, di quanto già accaduto con il primo ciclo, per il quale si vorrebbe risolvere la pratica dell’espulsione della GaE di oltre 50 mila maestri storici con diploma magistrale, di cui un quinto già immessi in ruolo, con un concorso da appena 12 mila posti che non farà altro che riaprire l’ennesima battaglia legale.
“Anche in questo caso – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – il governo non ha compreso che stabilizzare il personale titolato e con esperienza avrebbe portato solo vantaggi allo Stato. Pensare di procrastinare il problema, prevedendo l’immissione in ruolo solo di una parte infinitesimale, permettendo così che la stragrande maggioranza invecchi continuando ad insegnare da precario, è un errore fatale. Perché questi docenti non cambieranno di certo la loro professione e continueranno ad insegnare. Ingolfando le liste di attesa, continuando a tenere alta la percentuale di supplentite, oltre che l’età media di chi siede dietro la cattedra”.
“Inoltre, molti di loro non staranno di certo a guardare e faranno causa allo Stato italiano, per l’abuso dei contratti a termine, con una storia giudiziaria senza fine. Se si vuole scongiurare tutto questo – conclude il sindacalista autonomo – è bene che nelle prossime settimane il Parlamento provveda a cambiare questo nuovo reclutamento, frutto dell’ennesima politica miope di chi impone le proprie idee innovatrici ledendo i diritti”.
PER APPROFONDIMENTI:
Legge di Stabilità 2019, sul reclutamento degli insegnanti l’Italia si allontana dall’Europa